Leroy Merlin: in cammino verso la sostenibilità, da Al Gore ai pioppeti PEFC
Mentre si fa un gran parlare di chilometro zero, economia delle relazioni e dei piccoli produttori, e il consumo diventa pian piano più critico, la grande distribuzione ha capito, da qualche anno, che per tornare a crescere deve cambiare pelle. Dimostrarsi, nei fatti – e non solo più nel marketing – più sensibile all’impatto ambientale, sociale, etico delle proprie attività. Essere un punto di riferimento per le iniziative sul territorio, trasformare il punto vendita in un piccolo hub di relazioni, assecondare le tendenze del consumo “ecocompatibile”. Una lenta trasformazione che, negli ultimi anni, sta coinvolgendo numerose catene italiane e straniere, da Coop a Leroy Merlin.
Per il marchio francese di bricolage e oggetti per la casa e il giardino, che in questi giorni ha presentato il suo Bilancio di Sostenibilità 2012, tutto è iniziato nel 2007, quando, durante una convention internazionale, dal gruppo-madre Adeo è arrivato il cambio di passo. L’anno successivo, i dipendenti italiani di Leroy Merlin si sono visti recapitare il DVD del film “Una scomoda verità” di Al Gore, insieme a una lettera che li informava della nuova strategia.
In cinque anni sono stati avviati diversi progetti e, mentre il gruppo cresceva, si è cercato di ridurne l’impronta ambientale. Oggi il 75% dell’energia utilizzata nei punti vendita è rinnovabile, proveniente da centrali idroelettriche. Nella logistica, si cerca progressivamente di sostituire la gomma con la rotaia: “Da Genova a Rivalta (dove ha sede il deposito centrale della società, NdR) il 35% dei container è trasportato in questo modo e il 100% della merce in arrivo dal deposito di Anversa è consegnata per via intermodale (treno + camion). “ Il 51% dei trasporti logistici verso i negozi di Lazio, Campania e Puglia avviene secondo questa modalità. Grazie a tutte queste azioni siamo riusciti a ridurre la CO2 per pallet consegnato da 9 a 6,6 chili, per un risparmio totale stimato del 9%, pari a 1.350 tonnellate di anidride carbonica”, spiega il responsabile Sostenibilità Luca Pereno.
Anche dall’“eco-gestione dei rifiuti” sono arrivati risultati positivi: “In alcuni negozi, come Rimini e Rozzano, siamo arrivati al 100% di raccolta differenziata. A maggio 2013, i costi relativi alla gestione dei rifiuti sono stati il 48% in meno rispetto al 2012. In questo ambito, stiamo anche presentando all’Unione Europea, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, un progetto Life per la raccolta dei rifiuti pericolosi: i cittadini potrebbero conferirli a noi”. A fine anno partirà poi l’analisi della carbon footprint dei primi prodotti: “Su questo non possiamo obbligare i fornitori. Inizieremo dalle linee principali”.
E il cambio di strategia coinvolgerà sempre più da vicino anche i punti vendita: “In ognuno c’è già un green group che organizza iniziative a carattere ambientali, ospitando associazioni e stringendo legami sul territorio. Il nostro obiettivo è che, tra il 2014 e il 2017 ogni negozio arrivi ad avere un proprio progetto annuale di sostenibilità ambientale”.
Inoltre, entro la fine del 2015 tutto il legno venduto dovrà essere proveniente da foreste gestite in modo sostenibile e certificato. Un primo passo in questa direzione è l‘accordo tra Leroy Merlin e alcune associazioni di pioppicoltori della provincia di Alessandria certificati PEFC. “Da tempo cercavamo un progetto per compensare le emissioni derivanti dalla logistica. Ci avevano proposto piantagioni nei Paesi del Sud del mondo, ma questo andava contro la nostra strategia di base, che vuole azioni di sostenibilità fatti sui territori in cui ci troviamo con i punti vendita”, continua Pereno. Quest’anno, dalle piantagioni di pioppi piemontesi arriveranno circa 2.800 alberi, pari a 1.000 metri cubi di laminato. E sono in corso contatti con la Regione Lombardia per un progetto simile su un’area sulle sponde del Ticino coltivata a robinie: “Potrebbero fornire legno per gli arredi da giardino. I tempi in questo caso sarebbero lunghi, perché per adesso non c’è nessuna certificazione”. Le prossime sfide, iniziate ma ancora in corso, saranno un coinvolgimento più profondo dei dipendenti, e soprattutto dei quasi 900 fornitori: convincerli a investire sulla sostenibilità, in tempi simili, non sarà semplice. Ma se non ci prova la grande distribuzione chi altro ha la forza per farlo?
Veronica Ulivieri