Bologna: l’agricoltura va in città
Promuovere la cultura della ruralità e salvaguardare i suoli agricoli: questo il comune denominatore delle esperienze presentate a Bologna con “L’ agricoltura va in città. Tra orti, mercati e parchi-campagna“, una mostra itinerante e due incontri su parchi, agricoltura e fruizione degli spazi.
“L’inurbamento ha comportato una rottura violenta del rapporto tra città e campagna. Ormai, con le seconde e terze generazioni di cittadini, si è perso il patrimonio di conoscenze e connessioni tra ambiente urbano e ambiente rurale”. Per Maria Luisa Bargossi, del servizio Territorio rurale dell’ Assessorato Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, recuperare la relazione con la campagna significa “rileggere il problema del tempo e del rapporto tra spazio costruito e aree coltivate: sottrarre la banalizzazione del paesaggio rurale all’espansione a macchia d’olio dell’urbanizzato, oggi non più così “urbano”, accogliente”. La figura dell’agricoltore, fa notare Bargossi, è oggi destinataria di funzioni nuove: veicolo di nuovi ragionamenti in grado di orientare ai consumi, elemento capace di tramandare valori antichi con la capacità critica moderna.
Fattorie didattiche per le scuole, iniziative come “Cantine aperte“, i mercati contadini di vendita diretta, il recupero di fabbricati rurali come agriturismi sono alcune tra le numerose realtà emiliane che cercano di ripristinare la relazione tra civiltà contadina e urbana, recuperando così anche un quadro di relazioni sociali. “La nostra esperienza di orto condiviso e periurbano, raggiungibile in autobus, ha creato anche una “piazza” per i frequentatori del parco, un luogo dove incontrarsi” racconta Silvano Cristiani, che con la Cooperativa Biodiversi gestisce dal 2007, a seguito di un bando del comune di Casalecchio di Reno, il Parco della Chiusa (ex parco Talon). “Con il Progetto OrTalon abbiamo reintrodotto l’agricoltura nel parco, scegliendo la biodinamica a basso impatto per l’ettaro a nostra disposizione. E’ nato come un hobby per una ventina di persone, ma è diventato un’occasione professionalizzante” spiega Cristiani, che con la cooperativa ha coinvolto in tre anni centoventi persone, tra corsi di agricoltura biodinamica e lavori nei campi. “La cooperativa ha assicurato continuità, perchè è tutto autogestito, ma siamo aperti all’apporto di volontari, organizzati in turni settimanali o più frequenti. I nostri agricoltori volontari hanno poi uno sconto sulla spesa al momento della raccolta dei prodotti dell’orto”.
Sul connubio tra turismo naturalistico e cultura cinematografica punta invece il Parco del Delta del Po , area protetta a cavallo di Emilia e Veneto, in cui la sola parte emiliana si estende per 54mila ettari a ridosso della costa. Gestito da un consorzio di enti locali (le province di Ravenna e Ferrara e dieci comuni) il parco si dipana tra mare, lagune, canali e due saline, tra cui quella di Cervia ancora produttiva. Un’area che nei secoli è stata fortemente antropizzata, ma che offre scorci e fauna molto suggestivi, non sfuggiti all’industria del cinema.
”Il Parco ottiene milioni di finanziamento dai programmi europei, ma sono risorse assorbite dalla conservazione e cura del parco stesso”, spiega Raffaella Tommasi. “Invece con il bird watching, la fotografia naturalistica e la ricerca di location cinematografiche abbiamo incrementato la conoscenza del parco e la sua fruizione”. Il Centro Documentazione Cinematografica di Comacchio, all’interno del Parco, si prepara a diventare un originale attrattore di turismo e, in prospettiva, luogo di summer school e percorsi di cineturismo: “Abbiamo catalogato sceneggiature, abiti di scena, musiche e manifesti dei numerosi film, video e documentari girati nel territorio del parco” continua Tommasi. Tra i più noti, spiccano celebri capolavori del cinema italiano del Dopoguerra, da “La donna del fiume” di Mario Soldati, trampolino di lancio di una giovane Sofia Loren raccoglitrice di anguille, a “Paisà” di Roberto Rossellini. Girato nell’area industriale di Ravenna, invece, “Il grido” di Michelangelo Antonioni (1957); in “Un ettaro di cielo” di Casadio recitava nel 1958 Marcello Mastroianni.
I paesaggi del Delta del Po, tutelati come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, sono una realtà animata anche da itinerari enogastronomici che valorizzano le vocazioni del territorio: sagre, vendita diretta dai coltivatori ed eventi stagionali hanno per protagonisti i prodotti del parco, come asparagi, radicchio, zucche, insalate, vigneti e la risorsa ittica tipica della zona, l’anguilla.
La mostra “Il territorio come valore. Recuperare l’architettura rurale” promossa dallla Regione Emilia-Romagna con APT Servizi, è visitabile all’Urban Center di Salaborsa, a Bologna, fino al 2 luglio.
Cristina Gentile