Il mercante che racconta i prodotti. Intervista a Oscar Farinetti
“Chilometri zero? Sono contrario, così come al federalismo a tutti i costi. O, almeno, al concetto di chilometri zero così come è andato definendosi negli ultimi tempi. Nato da un’idea di Coldiretti, legata a concetti e giuste rivendicazioni del mondo dei produttori agricoli, trovo che il concetto di chilometri zero sia stato forzato e snaturato.”
“Perché mai dovrei privarmi delle eccellenze, ad esempio della Toscana, se vivo in Piemonte, o viceversa ? Ci sono, al contrario, delle eccellenze che devono circolare anche a chilometri di distanza ed essere universalmente riconosciute ed apprezzate. Bisogna far circolare ciò che di meglio abbiamo, le nostre competenze. Ciò non esclude che si debbano usare il più possibile i prodotti locali e, soprattutto, che si debbano consumare i prodotti di stagione, più buoni e disponibili a costo minore” .
Queste le prime risposte tranchant di Oscar Farinetti, intervenuto nel giorno di inaugurazione del Salone del Gusto, alla Scuola Holden di Alessandro Baricco. Prima di raggiungere il Lingotto il “patron” di Eataly ha incontrato gli studenti della scuola: aspiranti scrittori, sceneggiatori, giornalisti; in una parola: narratori. E a loro Farinetti ha raccontato la sua storia e, soprattutto, quella di Eataly e dell’analisi progettuale che ne è alla base, fondata su idee ben precise, come la concezione dei “contrasti apparenti”, leit –motiv dell’agire di Farinetti.
“In America, ad esempio”- ha proseguito Farinetti-“abbiamo aperto il 1° settembre, a New York, un nuovo negozio. Usiamo prodotti locali (ortaggi, farina, latte etc.) di qualità, ma abbiamo importato le nostre eccellenze, il nostro sapere, con il nostro sostrato culturale e le nostre suggestioni. Nel Montana abbiamo ricreato un ambiente ideale per l’allevamento della razza piemontese, riproducendo le condizioni e gli accordi che pratichiamo con i produttori nostrani. Ma abbiamo anche importato in loco la razza piemontese grazie all’inseminazione artificiale, visto che in America è vietato importare carne dall’estero. La razza piemontese, però, è la migliore per essere mangiata cruda, perché, dunque, privarsene per forza ?”.
Ecco un esempio concreto di cosa intende per “contrasto apparente“. L’accostamento di due pregi, che di solito non stanno insieme perché incompatibili, antitetici, o sentiti come tali dalla maggior parte delle persone che, forse per questo – fa intuire Farinetti – raramente producono idee nuove, non solo nell’imprenditoria. Come descrivere Eataly, del resto, se non facendo ricorso ai contrasti apparenti?
Non si tratta, infatti, né di un negozio di alimentari di vicinato, né di un supermercato della grande distribuzione, ma di un luogo che cerca di conciliare le positività di entrambi, facendo convivere informalità e ricchezza dell’offerta. Dei supermercati Eataly cerca di evitare lo spiacevole effetto di non luogo, dove la regola padrona è unicamente il miglior posizionamento sugli scaffali, senza poesia. Farinetti non è però un poeta, ma si ritiene prima di tutto un mercante. Pensa però che i veri mercanti non debbano vivere solo di luce riflessa e di posizionamento della merce, ma debbano, invece, raccontarne “la storia” e le suggestioni. In altre parole contribuire a creare quell’autorevolezza che nasce dalla qualità (anche percepita).
Invece, lamenta Farinetti, ”la maggior parte delle persone conosce le caratteristiche di diversi modelli di cellulare, che ci vengono sempre descritte con dovizia di particolari dalla pubblicità, ma non sa dire quali sono i prodotti di stagione. Troviamo semplicemente la descrizione generica, ad esempio Pere, con accanto il prezzo. Questo è profondamente sbagliato, sono i prodotti che mangiamo, che ci mettiamo dentro, quelli più importanti. E i prodotti vanno raccontati: che tipo di pere sono, dove sono state prodotte, da chi e da quanto tempo. Noto però, purtroppo, che ci sono leggi che non favoriscono questo tipo di approccio, perché troppo complicate. Ad esempio per l’etichettatura dei vini ci sono ben 11 diversi enti che hanno competenze in materia. Bisognerebbe semplificare le regole sulla tracciabilità e sull’etichettatura, sul Made In o sulla tipicità, sia a livello nazionale che internazionale. Ci vorrebbe un testo unico, oppure un unico grande codice, per dare maggiori certezze, ma anche maggiori tutele, sia ai produttori che ai consumatori.” Ipse dixit.
Andrea Marchetti