“Green site”: come disinquinare i fondali con acqua e anidride carbonica
Pulire i fanghi inquinati del petrolchimico di Porto Marghera, una delle più grandi aree industriali d’Europa ormai in declino, con acqua e anidride carbonica. Semplificando è questo il concetto che sta alla base di “Green site”, progetto finanziato per il 50% con i contributi europei del programma Life+ e portato avanti da una filiera di sette partner istituzionali e privati, tra cui Alles Spa, il Parco Scientifico-Tecnologico VEGA di Venezia, l’Autorità Portuale, eAmbiente, il Consorzio Venezia Ricerche. Nei mesi scorsi l’avvio del progetto di ricerca, che ha dato vita a un prototipo d’impianto presentato venerdì scorso a Marghera.
Si tratta di un reattore di cinque metri per tre che permette, attraverso un fluido supercritico a base di H2O e CO2 (due sostanze di per sé “verdi”), l’estrazione prima e l’ossidazione poi di idrocarburi (IPA), composti organici inquinanti (Pcp, pesticidi, antiparassitari) e metalli pesanti presenti nei sedimenti e nei fanghi di dragaggio dei fondali del porto e del petrolchimico e di renderli inerti. In altre parole di disinquinarli con acqua e anidride carbonica, senza l’uso di solventi ad alto impatto ambientale, in maniera veloce (circa 30-60 minuti, molto meno rispetto ai tradizionali metodi di soil washing e bioremediation). I due cicli di idratazione provocano la fiamma idrotermale, una specie di “combustione in acqua” con precipitazione di sali inerti, non più dannosi per la salute umana e gli ecosistemi.
In funzione da maggio con le cosiddette “prove in bianco”, ossia a vuoto per settare il funzionamento dei pezzi, l’impianto assemblato in un capannone del capofila del progetto, la Alles Spa, da questa settimana entrerà a pieno regime trattando i sedimenti. «Il progetto di ricerca è a buon punto, dovremo ora passare alla fase di LCA dell’impianto, lo studio del ciclo di vita del prototipo in cui si monitorano i parametri di funzionamento e la sua carbon footprint», ha spiegato Federico Balzan di eAmbiente introducendo la visita al cantiere. In pratica si metterà a confronto il risanamento ambientale del modello “Green site” con le usuali tecniche di decontaminazione.
I primi risultati dovrebbero essere disponibili da ottobre, in tempo per la chiusura del progetto pilota a fine anno. Le applicazioni della nuova tecnologica, qualora la ricerca desse risultati positivi, potrebbero essere in futuro l’abbinamento del dragaggio di manutenzione dei canali, fondamentale per l’ottimale scorrimento delle imbarcazioni di città sull’acqua come Venezia o Rotterdam, al trattamento dei sedimenti inquinati con impianti compatti, facilmente trasportabili nei siti inquinati e molto più veloci nel trattamento. I fanghi ripuliti potrebbero essere riutilizzati per la modellazione morfologica, ad esempio ricostituendo barene.
Dalla fase sperimentale al vero e proprio trasferimento tecnologico per l’industrializzazione il passo non è sempre facile, ma c’è già chi si dimostra interessato, come la Alles Spa, non a caso a capo del progetto di ricerca, che dal 1998 opera nella Laguna di Venezia nel settore del trattamento di quei rifiuti quali terre e fanghi che necessitano di smaltimento. «Il nostro interesse per la conversione industriale di questa tecnologia green è indubbio – commenta Katiuscia Checchin, coordinatore di “Green site” per Alles – Sulla base dei risultati attesi, speriamo di poter improntare un business plan per un progetto su larga scala. Il partneriato stesso è pensato come “ciclo completo”». Fuor di metafora, ogni partner, un obiettivo e un ambito d’azione. L’autorità portuale ad esempio si occupa degli scavi dei canali, il VEGA ha progettato il prototipo, la STA (Servizi Tecnologici Ambientali) lo ha assemblato, il Consorzio Venezia Ricerche delle valutazione tecnologica e dell’efficacia del trattamento. «Per noi, che ci occupiamo da anni di bonifiche ambientali, è il primo progetto sostenibile sotto il profilo ambientale – prosegue la coordinatrice – Il punto focale è però capire anche il consumo di energia dell’impianto e i costi reali, ossia capire la sostenibilità di un impianto simile anche dal punto di vista economico, visto che i costi dell’energia in Italia sono molto alti».
La diffusione di tecnologie di green chemistry e la bonifica ambientale di Porto Marghera è la mission del VEGA Park. «Riqualificare quest’area è nel nostro Statuto – ricorda Graziano Tassinato, referente ricerca e sviluppo del VEGA – Abbiamo messo a punto negli anni una serie di attività progettuali mirate per lo sviluppo di tecnologie avanzate per il disinquinamento di acque e terreni. In questo caso abbiamo sviluppato l’impianto ecosostenibile di “Green site” e coordinato il team di progettazione. Essendo un progetto di ricerca bisognerà vedere i risultati finali. Se saranno positivi, potremo avere un ruolo per il trasferimento tecnologico all’indotto, ruolo istituzionale che peraltro è nostro. Non nascondo che il momento è critico per chi si occupa di progettazione, aspettiamo Horizon 2020 (il nuovo programma dell’Unione per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione, Ndr). Per fare innovazione e riconversione, per collegare mondo dell’università e dell’impresa, servono tecnologie nuove e ricerca».
Alessandra Sgarbossa