Fondi green e crowdfunding: cresce la finanza sostenibile
Pochi giorni fa la Commissione Bilancio della Camera ha approvato l’atteso parere sul “Collegato ambientale“, formulato sulla base della relazione della Ragioneria dello Stato. Non è passata l’istituzione del Fondo Italiano di Investimento Green Communities, un fondo da un miliardo di euro partecipato da Cassa Depositi e Prestiti. Le motivazioni ravvisate dalla Ragioneria: vaghezza delle coperture e, come già scritto dalla Commissione Finanze, rischio che il patrimonio del Fondo sia computato nel debito del settore pubblico allargato e incida dunque negativamente sugli equilibri di finanza pubblica ai fini dei parametri europei.
Il Fondo, previsto in un emendamento dei relatori approvato in Commissione Ambiente, avrebbe dovuto dare sostegno finanziario a piccole e medie imprese, enti locali e società da loro controllate o partecipate per fare investimenti nel campo della green economy. Forse ne risentiremo parlare, resta il fatto però che negli ultimi anni, in controtendenza con l’andamento generale della congiuntura economica, i settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica hanno realizzato i maggiori investimenti in Italia. Oggi, 23 ottobre, ricorre in tutto il giorno la Giornata della Finanza Etica, indetta dalla Global Alliance for Banking on Values.
Come conferma l’ultima indagine condotta dall’Osservatorio “Banche e Green Economy” – coordinato da ABI e ABI Lab – il periodo 2007-2013 ha visto impegni di finanziamento presi dalle principali banche per circa 27 miliardi di euro (1,7 miliardi in più rispetto al 2012). E non mancano fondi specificatamente dedicati ad investimenti green che, ad esempio, investono su società di medie dimensioni, non quotate, ad alto potenziale di crescita operanti nel settore della green economy o finanziano la produzione di energia elettrica e termica prodotta con l’utilizzo esclusivo di biomasse reperibili da terreni boschivi ed agricoli situati in aree prossime agli impianti, il cui approvvigionamento è gestito in collaborazione con cooperative sociali. L’aspetto sociale, poi, merita più di una sottolineatura.
I Fondi Green, infatti, sono un sottoinsieme della più grande famiglia dei cosiddetti Investimenti Sostenibili e Responsabili. Questi, per usare le parole di Stefano Zamagni, riuniscono in sé due dimensioni distinte, seppure non rivali, dell’attività di investimento: quella economica dell’investitore che desidera accrescere il valore del proprio risparmio e quella socio-ambientale, sempre dell’ investitore, che vuole assegnare alla propria attività fini meta-individualistici volti a generare esternalità positive a vantaggio dell’intera comunità cui appartiene. L’investitore socialmente responsabile dunque affianca agli obiettivi tipici della gestione finanziaria, quali l’ottimizzazione del rapporto tra rischio e rendimento in un dato orizzonte temporale, considerazioni di natura ambientale, sociale o di governo societario, la triade ESG (Environmental, Social, Governance).
Anche gli Investimenti Sostenibili e Responsabili (SRI), nell’ultimo biennio, hanno registrato in Europa tassi di crescita a doppia cifra, con un progresso più marcato rispetto al resto del mercato europeo degli investimenti. Questi, infatti, tra il 2011 e il 2013, sono cresciuti del 21,7% contro il 22,6% degli ISR tematici (energie rinnovabili, tecnologie pulite, etc) e il fantasmagorico +132% degli impact investing: gli investimenti ad alto impatto sociale, come microcredito o social housing, che pur essendo molto meno rilevanti in termini di asset hanno già raggiunto i 20 miliardi di euro.
Per quanto riguarda l’Italia continua a crescere l’engagement, vale a dire l’insieme di pratiche di dialogo e di azionariato attivo, posto in essere dagli investitori istituzionali al fine di influenzare in senso etico il comportamento delle imprese in cui essi investono. I dati, recentissimi, sono del Forum Europeo per gli ISR e verranno presentati a novembre. Al successo del settore, che ormai ha specifici indici borsistici di riferimento, ha indubbiamente contribuito la crisi di fiducia dovuta agli scandali finanziari degli ultimi anni, peraltro non estranei alla grande crisi. Il peso degli indicatori extra-finanziari, le cui prime applicazioni risalgono al XVII secolo da parte dei Quaccheri (che si rifiutarono di trarre profitto con i loro risparmi dalla guerra e dalla vendita di schiavi perché pratiche incompatibili con la dottrina cristiana), è andato progressivamente crescendo, trovando nuova linfa nei principi dello sviluppo sostenibile e, quindi, nella green economy. La creazione del primo fondo orientato esplicitamente in senso etico, del resto, è il Pioneer Fund, del 1928.
Oggi, con il successo, ci si potrebbe chiedere quanto sia cresciuta la patina, per cosi dire, comunicativa. La domanda è senz’altro legittima, tuttavia non bisogna trascurare che nella finanza ormai, per fortuna, pubblicità fa sempre più il palio con trasparenza.
Per chiudere questa breve analisi sulla finanza green, e per rimanere in tema di pubblicità e trasparenza, più di un cenno merita dunque il crowdfunding (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento). Una forma innovativa di finanziamento che permette ad un progetto, una causa o un’iniziativa imprenditoriale che abbia bisogno di fondi di proporsi tramite internet ad un’ampia platea indeterminata per raccogliere risorse finanziarie. La raccolta viene realizzata tramite delle piattaforme web che consentono di rendere pubbliche e condividere informazioni sul progetto e di raccogliere, a costi molto bassi, quote di finanziamento da un ampio numero di soggetti interessati. In quanto tali le piattaforme di crowdfuding offrono la possibilità ai cittadini di donare o investire (equity crowfunding) in un progetto anche con un importo minimo, garantendo d’altro canto estrema trasparenza e informazione sui progetti stessi, che devono ‘sapersi raccontare’ in modo chiaro online per poter convincere l’investitore.
Il crowdfunding è emerso nel corso della crisi finanziaria del 2008 come risposta alla difficoltà crescente di progetti e imprese di ricevere credito attraverso canali di finanziamento tradizionali. Da allora il fenomeno è in forte crescita, si stima che nel 2012 si sia raccolto tramite crowdfunding un totale di 2,7 miliardi di dollari di cui il 95% solo negli Stati Uniti ed Europa. L’equity crowdfunding, in particolare (regolamentato in Italia dalla Consob e che si differenzia dalle piu’ comuni forme di ‘reward’ o ‘donation’ based crowdfunding, in quanto con l’investimento il sottoscrittore finanzia e acquisisce quote del capitale di rischio di una impresa nascente) è uno strumento estremamente interessante nel settore green e sociale, in quanto rappresenta un’ulteriore risposta alla domanda di forme di azionariato attivo e public engagement. Un progetto di impresa green o sociale presentato su una piattaforma di equity crowdfunding può essere finanziato online da un insieme di singoli cittadini che diventerebbero quindi diretti azionisti, beneficiando non solo dei ritorni economici, ma anche della possibilità di partecipare attivamente agli obiettivi e alle strategie dell’impresa stressa. Le ricadute socio-economiche di investimenti e imprese green e sociali sul territorio vengono quindi massimizzate e valorizzate tramite il diretto coinvolgimento di singoli cittadini e di comunità.
Chiara Candelise* e Antonio Sileo**
*Fondatrice di Ecomill e Research Fellow IEFE-Bocconi
** Research Fellow IEFE-Bocconi @ilFrancotirator