Efficienza energetica: una missione possibile
A volte è necessario mettersi a tavolino, fermarsi e riflettere; altre volte si va ancora oltre e ci si riunisce per discutere proposte reali, fatti concreti.
Ieri mattina presso il Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, si è svolto un seminario riservato alle imprese, “Efficienza energetica: tutela dell’ambiente, opportunità di crescita”, che ha voluto presentare i risultati di uno studio durato un anno e le proposte che studiosi ed esperti hanno potuto costruire sulla base di quanto analizzato.
“Confindustria è impegnata da sempre per tenere vivo un dialogo costante e costruttivo con la Regione Piemonte“, ha spiegato Mariella Enac, Presidente di Confindustria Piemonte. “Adesso siamo pronti perché il piano d’azione diventi operativo. Lo stesso spirito e l’impegno pratico ha mosso l’organizzazione di questa giornata, che dopo un quadro più generale e teorico lascierà spazio ai worshop tecnici su Industria, Edifici, Trasporti e infrastrutture”.
L’Italia è paradossalmente uno dei paesi occidentali dove si consuma meno energia e si emette meno CO2 per unità-prodotto, ma si può fare ancora molto, considerato la portata di sviluppo del sistema manifatturiero nostrano. E la proposta arriva, in questo caso, dall’industria, attraverso un “documento che identifica gli ambiti rilevanti nei quali appare più efficace incentivare e valuta gli effetti delle misure sull’intero sistema economico, verificando i vantaggi per la collettività e le ripercussioni sul bilancio dello Stato”.
L’Unione Europea, del resto, ha assunto la leadership globale nella lotta al cambiamento climatico, attraverso la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto e la cosiddetta Strategia 20-20-20, in cui l’Europa si è dichiarata disposta a tagliare le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai valori del 1990 e ad incrementare l’utilizzo di energie rinnovabili del 20% sul consumo finale lordo di energia.
L’efficienza energetica è periò una delle risposte a questa esigenza, che può garantire competitività al nostro sistema industriale, sicurezza degli approviggionamenti e sostenibilità ambientale, oltre che facilitare il raggiungimento degli obiettivi fissati a livello mondiale (nonostante che, secondo le proiezioni al 2030, i risultati ottenuti dall’Europa saranno completamente annullati dai danni provocati dallo sviluppo incondizionato di Cina e India…).
“L’efficienza energetica è volano di competitività – dichiara Massimo Beccarello, Vice Direttore Politiche per lo Sviluppo, Energia e Ambiente Confindustria – da raggiungere continuando a produrre: l’obiettivo deve essere quello di fare le stesse cose consumando meno e meglio”.
Da questo concetto nasce lo studio che ha coinvolto sei regioni italiane, circa 1.400 persone, fra imprenditori industriali, rappresentanti della pubblica amministrazione, studenti universitari e cittadini. Con l’obiettivo di trasmettere ad aziende ed istituzioni il concetto che l’investimento in efficienza energetica, se effettuato secondo logiche corrette, produce ritorni economici anche nel breve termine e può favorire situazioni di vantaggio competitivo, si sono analizzati i canali in cui in Italia il consumo è maggiore e, di contro, le eccellenze del nostro Paese. Ne è nata una mappatura della situazione attuale, da cui sono state costruite e messe a confronto due ipotesi futuristiche: quella determinata dalla tendenza “naturale” della domanda alle condizioni di oggi e quella generata dal mercato ipotetico di beni migliorati da tecnologie efficaci (sostenuto da strumenti di policy forti e da una incentivazione stabile nel medio-lungo periodo, che garantisca agli investitori il successo reale dell’operazione).
“Questa strategia di politica industriale potrebbe avere un impatto socio-economico sul totale dell’economia pari a circa 238 miliardi di Euro di incremento del valore della produzione totale, con una relativa crescita occupazionale di circa 1,6 milioni di unità di lavoro standard, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2020. Il costo netto per gli incentivi in termini di esborso per lo Stato sarebbe di circa 15,4 miliardi di Euro in dieci anni, che sono di lieve entità se si considera l’impatto socio-economico e il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità del pacchetto clima-energia” precisa Beccarello.
Dall’ottimistico quadro macro si passa poi al micro. “L’investitore che abbiamo voluto analizzare – dice Massimo Gallanti, Direttore Dipartimento Sviluppo Sistema Elettrico RSE, partner scientifico dello studio - appartiene a tre diverse tipologie: l’industria; il terziario e la pubblica amministrazione; il piccolo consumatore. Le opportunità di investimento evidentemente variano a seconda di chi compra cosa e perché”.
La ricerca ha comunque stilato diverse ipotesi, il cui parametro di valutazione è sempre il livello di profittabilità, che può motivare o meno l’investimento. “La valutazione di un investimento – continua Gallanti – è compromessa da troppe variabili; noi abbiamo voluto analizzare casi studio mediani, specifici per le tre categorie di utenze, dall’acquisto di elettrodomestici di classe A per la casa, alla sostituzione di infissi nuovi nell’edilizia; dall’illuminazione in strutture industriali alla scelta di auto a basso consumo”.
Se la domanda che sempre, quotidianamente, in ogni scelta, attanaglia il consumatore è “ma l’investimento green si ripaga?”, a leggere i risultati di questa ricerca la risposta sembra chiara: “pur nella cautela dell’analisi – dichiara Gallanti - prendendo in considerazione il costo, il rendimento energetico, la vita tecnica, le ore di utilizzo e il tasso di sconto della tecnologia, senza considerare incentivi statali, possiamo dire che l’investimento si ripaga eccome”.
All’interno della ricerca, scaricabile dal sito di Confindustria è possibile consultare le schede di ciascun investimento analizzato, con la portata e il tempo del ritorno economico previsto.
Alfonsa Sabatino