Efficienza energetica, il calo dei consumi non può sostituire la strategia
Non manca la dichiarazione d’intenti delle imprese italiane, quello che è assente è la strategia. Il trend dei consumi energetici è decrescente dal 2010, ma è più sintomo di minor produzione che non di efficientamento energetico. Insomma l’Italia è altamente vulnerabile: il 70% dei consumi energetici è di gas naturale e energia elettrica. Ancora forte il peso di petrolio e carbone, risorse da importare. Il nostro Paese non coglie dunque il vantaggio competitivo dell’efficientamento e perde posizioni rispetto alla media europea. Questi, in sintesi, i risultati della ricerca sul panorama attuale e le prospettive dell’industria italiana rispetto al tema, divenuto centrale, dell’efficientamento energetico, presentati nel corso del convegno di mercoledì 19, organizzato dal Centro di Ricerche su Sostenibilità e Valore (CReSV) dell’Università Bocconi in collaborazione con Accenture. Un evento che mirava a suggerire proposte e modelli d’azione, a istituzioni governative e realtà imprenditoriali, rispetto all’improrogabilità di politiche per la riduzione del consumo energetico, così come all’utilizzo efficiente dell’energia.
Il tema è stato dibattuto alla presenza di Paolo Barilla (vicepresidente Gruppo Barilla), Paolo Gallo (direttore generale Acea), Simone Mori (direttore Regolamentazione, Ambiente e Innovazione di Enel), Marcella Pavan (responsabile Unità Efficienza Energetica, Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas), Pietro Palella (presidente a AD STMicroelectronics), Maurizio Dallocchio (Nomura Chair of Corporate Finance, Bocconi), Mauro Marchiaro (managing director Resources Italy-Greece-Central&Eastern Europe-Russia-Middle East di Accenture), Francesco Perrini (direttore Cresv e Sif chair of Social Entrepreneurship, Bocconi). I relatori hanno illustrato una situazione incoraggiante, anche se con forti limiti. Il campione di aziende preso in considerazione è attento al tema dell’efficienza energetica e del possibile risparmio dei costi. Secondo lo studio si dovrebbe tuttavia incrementare la consapevolezza dell’importanza dell’efficienza e del risparmio dei consumi energetici non solo a livello di top management, ma anche in impiegati ed operai.
Dal rapporto emerge, in realtà, una propensione delle aziende ad un’efficientamento energetico volto essenzialmente alla riduzione dei costi. Se esistesse invece una maggiore consapevolezza, le aziende potrebbero godere anche di maggiori benefici in termini di reputazione, che potrebbero comportare un forte vantaggio competitivo. Per raggiungere questo obiettivo sarebbero necessarie politiche integrate, finalizzate al raggiungimento, in parallelo, dell’efficienza energetica e di un più ampio ricorso a fonti rinnovabili. Lo Stato non dovrebbe sussidiare indiscriminatamente il cambiamento, ma solamente laddove si identifichino dinamiche tecnologiche o di sistema tali da dover essere accelerate. Dovrebbero poi essere detassate le imprese che implementano direttamente o indirettamente progetti di efficienza energetica.
Lo schema degli incentivi per l’efficienza energetica, in sintesi, dovrebbe essere premiante non tanto o solo sulle riduzioni assolute dei consumi energetici, quanto sulle riduzioni di consumi a parità di fatturato. E a tal fine è necessario stabilire precise regole, come già avviene in Cina e India. Ma soprattutto, suggeriscono i relatori, è necessario fissare obiettivi “reali” per il Paese dal 2013 al 2020 e individuare, di conseguenza, i meccanismi che possano condurre a centrarli.
Francesca Fradelloni