Bike sharing, tra stazioni fisse e free floating. Evoluzione di un fenomeno
Negli ultimi due anni abbiamo assistito, nelle principali città italiane, alla crescita esponenziale delle “bici facili”, quelle libere dagli stalli, abbandonate un po’ovunque al termine della corsa. Un’onda apparentemente potente e inizialmente ben accolta dalla amministrazioni locali, a cui però è seguita presto un’altrettanto forte risacca, che ha visto sparire nel nulla diverse società di bike sharing free floating: dopo il glorioso assalto iniziale solo più telai, gomme e sellini abbandonati sulle strade. Uno dei pochi operatori del free floating che resiste è Mobike. A Torino è l’unico sopravvissuto delle cinque tigri a due ruote che volevano modificare la mobilità cittadina. Un’era si chiude o forse si stabilizza. Vandalismi a parte, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, potremmo dire che è stata una stagione utile per porre il tema della mobilità a due ruote al centro del dibattito pubblico e definire meglio i possibili modelli di business.
Del fenomeno bike sharing – nella modalità “stanziale” vs. free floating – ne abbiamo parlato con tre testimoni dallo sguardo prospettico diverso: Gianluca Pin direttore commerciale di TOBike (che festeggia oggi 9 anni di vita), Davide Lazzari responsabile Relazioni Istituzionali di Mobike e Simone Conte, attivista di Bike Pride Fiab Torino.
Pin non ha dubbi: “Il free floating non sempre è un business model innovativo, c’è chi ha fallito, chi è tornato in Cina, il fenomeno si è fermato in poche città – rispetto alla nostra presenza, sempre più capillare, anche nelle città medie”. Non è naturalmente tutto sbagliato: “il fenomeno ha permesso l’offerta di nuovi servizi e allo stesso tempo ha suscitato interesse sui servizi tradizionali. Ha acceso i riflettori sull’offerta esistente. Gli ultimi 24 mesi sono stati molto interessanti da studiare”. “Ma il free floating in Europea non può funzionare – conclude Pin - va bene nelle megalopoli che superano i 10 milioni di abitanti. In un metro quadro di suolo cinese c’è un tale densità demografica…”.
Eppure Mobike è tuttora ben presente in diverse realtà italiane. Se le altre quattro società hanno fallito quest’operatore presenta numeri significativi: “A Torino siamo presenti da un anno e in questi 12 mesi abbiamo assicurato circa 1 milione di noleggi”. I torinesi pedalano quasi quanto nel Nord Europa, come confermano i circa 4.200 noleggi giornalieri con il bel tempo, un numero che cala a circa 2.000/2.500 con il brutto tempo. Il manager di Mobike è soddisfatto. Alla domanda sul perché gli altri hanno fallito risponde senza esitazioni: “Noi abbiamo un prodotto di qualità. La nostra bicicletta non ha i raggi, non si può estrarre la sella, ovvero è stata pensata per non essere vandalizzata. Stiamo andando bene, anche se vogliamo anche noi – come tutti gli altri operatori – avere un sostegno da parte delle amministrazioni, visto il contributo che diamo in termini ecologici con la riduzione delle emissioni. A Torino abbiamo ottimi rapporti istituzionali”.
Il direttore di TOBike ammette che il free floating, con tutte quelle società, “ha soddisfatto un’esigenza, quella degli spostamenti occasionali e imprevedibili che noi non potevamo soddisfare. La nostra filosofia è invece di cercare l’integrazione con il sistema del trasporto locale. I luoghi prescelti per le stazioni sono quelli ad alta frequenza”.
Simone Conte di Bike Pride (che domenica 9 giugno porterà nuovamente per strada migliaia di ciclisti) spezza una lancia a favore del modello “classico” del bike sharing: “Resto scettico sul free floating , non aiuta la mobilità sostenibile della città. Le bici restano sparpagliate e non sono molto efficienti, hanno una pedalata molto lenta. Una serie di elementi che non depongono a favore di questo sistema, che secondo me necessita di regole”. Ma anche il modello a stazione fissa ha qualche problema, dal punto di vista degli utenti più esigenti: “Serve una maggiore redistribuzione nella distribuzione, ovvero la mattina tutti si spostano dalla periferia al centro e la periferia resta poi sguarnita di mezzi per una parte della giornata. Io proporrei una redistribuzione delle bici in periferia per colmare questa mancanza del servizio negli orari di punta”.
C’è distanza, in definitiva, tra i due modelli, “ma si sperimenta una buona convivenza”, fanno capire gli intervistati. Il cittadino, alla fine, può scegliere tra due servizi di bike sharing. “Noi pensiamo - incalza Pin - di essere più convenienti. A chi si abbona offriamo i primi 30 minuti gratuiti, 2 ore nel week end e pensiamo, in alcune città, di arrivare alla prima ora gratis”.
Oggi Tobike spegne le prime 9 candeline di attività nel capoluogo sabaudo: “festeggiamo con l’immissione di ulteriori biciclette, che presto circoleranno in città e che andranno a rafforzare la flotta attualmente disponibile, e le 26 nuove stazioni che saranno attivate entro l’estate”. E poi la lodevole iniziativa [TO]HANDBIKE dove “per la prima volta in una città italiana è attivo un servizio di bike sharing pensato per persone con disabilità”. La festa proseguirà fino al 9 giugno, con iniziative e promozioni come una forte scontistica sugli abbonamenti per continuare il percorso iniziato del 2010, che “ha permesso di registrare oltre 38.000.000 km percorsi a pedali con un numero di prelievi stimato intorno ai nove milioni, un bel contributo alla riduzione delle emissioni inquinanti!”.
La vera sfida, comunque, non è tra bike sharing fisso o mobile, ma nell’integrazione con il sistema di trasporto pubblico: “Stiamo sperimentando un progetto che mette insieme bici e autobus”. Il primo passo di un processo che vedrà non più diversi abbonamenti, ma uno unico per la mobilità – sostiene il manager di TObike. “Un paniere dove dentro ci possono stare bici, autobus, taxi, treno, auto…”. Stesso discorso per Lazzari di Mobike. Insomma invece di acquistare auto, moto, scooter, bici, monopattino…con un abbonamento e una App abbiamo già oggi una soluzione in tasca ogni volta che ci dobbiamo spostare.
Gian Basilio Nieddu