Amianto: continua la strage silenziosa, ma i governi stanno a guardare
Un milione di persone all’anno, più o meno una ogni cinque minuti. Oggi ricorre la Giornata Mondiale delle Vittime dell’Amianto, e mentre la strage silenziosa va avanti, l’Italia sta a guardare. Da noi asbesto vuol dire più di 4.000 decessi annui, oltre 34.000 siti ancora da bonificare, 32 milioni di tonnellate di amianto disseminate su tutto il territorio nazionale e un miliardo circa di metri quadrati di coperture sui tetti. A 22 anni dall’entrata in vigore della legge che ha proibito l’estrazione, la lavorazione e la commercializzazione dell’amianto nel nostro Paese, sono ancora molto diffuse tubature, serbatoi, pannelli ondulati in amianto, tutt’altro che inoffensivi. Alle 700 vittime causate ogni anno dal mesotelioma pleurico, il tumore-simbolo dell’esposizione all’asbesto, si aggiungono migliaia di malati e altre centinaia di decessi provocati da diverse patologie dovute sempre alla fibra killer, che colpiscono “sia tessuti e organi localizzati nel torace, sia tessuti situati in altri distretti diversi dall’apparato respiratorio. Questi possono essere: il cervello, la prostata, l’ovaio, e diversi tessuti emolinfopoietici (leucemie, linfomi)”, spiega Giancarlo Ugazio, già professore di Patologia generale all’Università di Torino, e una vita dedicata allo studio dell’incidenza dell’inquinamento sulla salute.
All’inizio del 2013 il governo Monti lanciò un Piano Nazionale Amianto, oggi sospeso per mancanza di copertura finanziaria. Una mancanza di attenzione che, dice Romana Blasotti, presidente dell’Associazione nazionale familiari delle vittime dell’amianto (AFEVA), da più di 30 anni in prima linea nella lotta alla strage e ai suoi colpevoli, “fa un grande dispiacere, perché mentre il Piano è fermo ci sono ancora tantissime vittime e malati. E di amianto ce n’è ancora moltissimo”. Mentre da una parte continua lo stillicidio, dall’altra tutto è in stand by: “Dalla conferenza nazionale sull’amianto promossa del governo a novembre 2012, dalla quale è scaturita la redazione del piano nazionale, che prende in considerazione i piani sanitario, ambientale e previdenziale, non si è più affrontato il problema in termini concreti. E purtroppo ancora nulla è stato fatto sul fronte del risanamento ambientale e dello smaltimento dei materiali contenenti amianto, dell’avvio di un’efficace sorveglianza sanitaria ed epidemiologica per gli esposti e della garanzia di risarcimento per le vittime”, denuncia Legambiente.
Per l’associazione ambientalista è necessario avviare le bonifiche immediatamente, sia nei grandi siti industriali che in edifici pubblici e privati, rilanciando anche gli incentivi per la sostituzione delle coperture in cemento amianto con i pannelli fotovoltaici. Bisogna attrezzarsi con infrastrutture per lo smaltimento delle fibre. E allo stesso tempo occorre completare il censimento dei siti in cui intervenire, che procede a macchia di leopardo. Dal punto di vista della bonifica, Casale Monferrato, pur tra diverse criticità, è considerato un punto di riferimento in Europa. Lo stabilimento Eternit era il più grande del continente, qui la bonifica è iniziata prima che in altre zone d’Italia, sostenuta in passato da finanziamenti regionali e statali. Eppure, spiega Romana Blasotti, “ad oggi la bonifica non è ancora finita e non sappiamo quando finirà. Ogni volta che si fa un nuovo monitoraggio, si scopre sempre più amianto, senza considerare che molti continuano a non segnalarlo. Le scuole e gli ospedali sono stati bonificati, ma rimangono capannoni, edifici e tettoie private. In Piemonte si fa quello che si può, ma non è abbastanza. C’è chi vorrebbe fare di più e non può, e chi potrebbe e non vuole”. Trenta anni fa, “nel territorio di Casale morivano circa 32 persone all’anno, oggi una cinquantina. Casale ha 2.000 morti sulle spalle. Lavoriamo molto con le scuole, perché i ragazzi che porteranno avanti queste battaglie siano più bravi e più forti di quanto siamo stati noi”.
Accanto al bisogno urgente di interventi e finanziamenti pubblici per la bonifica, per l’AFEVA c’è però anche la necessità, non meno importante, che sia fatta giustizia. “Aspettiamo il pronunciamento della Cassazione, perché Stephan Schmidheiny sia condannato in via definitiva e possa fare il suo dovere verso i familiari delle vittime. Non è una questione di soldi, ma di giustizia”. Il recente pronunciamento della Suprema corte sul caso Thyssen invece preoccupa; la speranza è che non costituisca una specie di precedente: “Non mi aspettavo una sentenza a favore dei colpevoli. Chi ha causato la morte di queste persone, alla Thyssen così come all’Eternit, deve pagare”.
Di questi temi e del complesso rapporto salute-ambiente si parlerà a Torino, il 22 e 23 maggio 2014 nel 4° Workshop Nazionale IMAGE - Incontri sul Management della Green Economy, dedicato al tema “Medicina ambientale e salute: verso la smart health”. #workshopimage2014.
Veronica Ulivieri