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Tertium datur. Le ragioni di un impegno politico

Ora che la Cassazione ha confermato le ragioni di Green Italia – Verdi Europei per la legittima partecipazione alle elezioni europee del 25 maggio, posso raccontare ai nostri lettori le mie ragioni, che avrei voluto scrivere già il 18 aprile. Anzi credo di doverlo fare, per trasparenza, ma anche senza falsi pudori. Non amo girare troppo intorno alle cose: ho deciso di sacrificare la mia “verginità politica” e accettare la candidatura di Green Italia per la circoscrizione Nord Ovest, ed è giusto che i lettori di Greenews.info possano valutare se saprò mantenere, come editore e direttore editoriale, l’indipendenza di giudizio che contraddistingue, da sempre, la nostra testata. Indipendenza non vuol dire però equidistanza da tutti o asetticità. Greenews.info non è mai stato un web magazine “asettico” e neutrale nel raccontare le vicende della green economy, perché, personalmente, rivendico la libertà di selezionare, commentare e anche incoraggiare le iniziative più virtuose e meritevoli e penso (fin dai tempi dell’università) che i fatti necessitino di interpretazioni. E se si vuole che le interpretazioni servano a qualcosa è bene, ogni tanto, far seguire delle azioni.

Il passo è stato dunque breve. Credo profondamente nella green economy e nella possibilità di uscire dalla crisi proprio conciliando le esigenze imprenditoriali e di sviluppo economico con la tutela dell’ambiente e della salute. E non mi soddisfa come lo si sta facendo e come se ne sta parlando oggi in Italia e in Europa. Servono idee e azioni realmente innovative, nuovi modelli di business. Per cambiare le cose e trasformare il sistema produttivo con la radicalità che oggi è necessaria, non basta dimostrare “dinamismo” e illudere le persone che “si sa fare”. Dov’è, concretamente, l’innovazione in Renzi? E quali sono, in Italia, le proposte alternative al suo “modello” di cieca fiducia nell’uomo della provvidenza? Dov’è finita, in Europa, la visione che guidava l’integrazione comunitaria e dove l’ambizione di essere i primi per tecnologie pulite, sviluppo sostenibile e produzioni “di qualità”? Chi si è lasciato convincere dall’aut aut tutto italiano “o Renzi o il nulla“, oppure resta fermo all’anacronistico “o centrodestra o centrosinistra” – che l’Italicum vorrebbe prepotentemente imporre e rafforzare – o, ancora, chi si lascia incastrare nella falsa dicotomia “più Europa/meno Europa“, a mio avviso, prende un abbaglio mostruoso e si consegna a una realtà bidimensionale di una tristezza (e inutilità) infinita.

Eppure tertium datur, una terza opzione esiste – e deve continuare ad esistere. E’ la via, appunto, di chi crede sinceramente (e al di là degli slogan di circostanza) nelle potenzialità intrinseche dell’Italia – bellezza, cultura, biodiversità, enogastronomia, artigianalità, agricoltura biologica, turismo responsabile – e dell’Europa – economia verde, rinnovabili, innovazione sostenibile, smart cities, mobilità intelligente – come strumento per uscire dalla crisi e rilanciare il Paese e l’Unione Europea. Un’enorme opportunità e non un costo aggiuntivo!

Il mio avvicinamento a Green Italia – iniziato come curiosità giornalistica meno di un anno fa – non è stato privo di dubbi e perplessità. Non amo alcuni riti che arrivano dal passato dei Verdi Italiani, così come alcuni miti traghettati dagli esuli della sinistra. Trovo dannosa, a essere sincero, anche l’ostinata tutela (oggi molto di moda) della “rappresentanza di genere” per garantire le quote rosa. Gli unici valori da tutelare, in politica, dovrebbero essere il merito, l’intelligenza e la competenza (fatta salva l’onestà, che do per scontata), quale che sia l’età o l’identità sessuale di chi ne è portatore. Ma pur con le fisiologiche riserve che si possono avere nei confronti di un movimento nuovo, da conoscere, forse ancora acerbo e in fase di strutturazione, un elemento mi ha convinto a supportarne la causa: non bastano più partiti e movimenti che includano un capitolo (a volte un solo paragrafo) “green” nei propri programmi, una pennellata di verde che fa fine e non impegna, secondo la peggiore tradizione del greenwashing. Serve qualcuno che faccia della concretizzazione della green economy e dei suoi benefici, in ogni ambito, la propria missione. Ecco cos’è il green new deal a cui ambisce Green Italia. E che richiede, a mio parere, la rivoluzione copernicana della fiscalità ecologica, quel ribaltamento di prospettiva per cui più inquini e più paghi, perché sei un costo per la collettività. La fiscalità ecologica, al contrario, non è un costo aggiuntivo, come qualcuno vorrebbe far credere, ma uno spostamento della tassazione dal lavoro all’inquinamento, che tenga conto di quelle “esternalità“, dal nome oscuro ma dagli effetti tragicamente concreti, per la salute e per l’ambiente. Ha senso che un prodotto biologico costi più di uno “convenzionale”? Certamente no, visto che il primo – grazie agli investimenti del produttore – riduce o azzera il proprio impatto ambientale, mentre il secondo genera costi occulti a danno di tutti.

Sono concetti difficili da diffondere – certo non lo si può fare presentandosi con un giubbotto di pelle da Maria De Filippi. E sarà difficilissimo farlo in un mese, da oggi al 25 maggio delle elezioni europee. Ma è ora che un messaggio un po’ più sofisticato del generico “viva il green!” venga diffuso, con tutte le forze, da chi ci crede. Per questo non credo più che la “verginità politica” sia un valore in sé, se preservata anche nel momento dell’azione. Una delle poche cose che ho imparato nella vita è che a restare sempre comodamente seduti in seconda fila si cambia ben poco di quello che si vorrebbe cambiare e si consegna ad altri – non sempre meritevoli – la facoltà di decidere.

E poi c’è il fattore tempo. Come ha ricordato recentemente anche Barbara Spinelli, “non ci è dato di affrontare prima la recessione, e dopo il clima“. Non c’è più tempo per un prima e un dopo, vanno affrontati entrambi subito e insieme, grazie a una visione più ampia e lungimirante. E non si tratta solo di clima ed energia, ma di inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra, elettromagnetico, da rifiuti ecc. Si deve agire adesso, per questo le proiezioni e gli obiettivi delle istituzioni europee al 2020 e 2030 non devono diventare un alibi per posticipare le scelte vincolanti verso un futuro remoto e accomodante, godendo da subito dei benefici dell’annuncio. Il futuro su cui lavorare è quello prossimo, che parte tra pochi secondi. Per questo, a differenza di molti, che amano evocare retoricamente scenari futuri da preservare, “per i propri figli e nipoti”, io, nel giorno del compleanno di mio figlio, mi sento di rassicurarlo: “tranquillo Tommy, papà è sufficientemente egoista da voler cambiare le cose subito, senza aspettare i tuoi 18 anni!

Andrea Gandiglio

 

 

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