Rinnovabili, appello alle Regioni per frenare le lobby del fossile
Adesso la vera sfida è rimanere uniti. Le aziende del settore rinnovabili ci provano, costantemente divise tra la tentazione di andare per la propria strada e i richiami all’unità. All’indomani della protesta – ieri la manifestazione a Roma, in piazza Montecitorio, e gli Stati Generali delle Rinnovabili, cui hanno partecipato tutte le associazioni di categoria – ci si rimette al lavoro, cercando di fare pressione sui presidenti regionali, che giocheranno un ruolo fondamentale in questa partita.
Saranno infatti i governatori, in sede di Conferenza Stato-Regioni, ad esprimersi sul Quinto Conto Energia fotovoltaico e sul provvedimento che stabilisce gli incentivi per le altre rinnovabili elettriche (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse e biogas). L’ultima chance di apportare delle modifiche a due decreti che, così come sono, «ucciderebbero l’unico settore capace, in questo periodo di crisi, di creare occupazione e produrre reddito».
La piazza di fronte alla Camera dei Deputati è piena di lavoratori e imprenditori impauriti e arrabbiati: operai già in cassa integrazione, titolari di aziende che temono l’ennesimo stop and go imposto da leggi in continua evoluzione. L’ingegner Enzo Guglielmi è un ex dirigente pubblico di Frosinone e ha fondato la Bio Solare quattro anni fa, dopo essere andato in pensione. «I nostri impianti fotovoltaici hanno resistito anche sotto due metri di neve, ci teniamo a fare le cose per bene – racconta orgoglioso – Ma ogni volta che si parla di cambiamenti legislativi, il mercato si ferma, e succede sempre nel momento migliore. Sono costretto a licenziare alcuni operai e oggi sono venuto qui per loro». Filippo Meucci e Lorenzo Isa sono due dei cento soci della Cooperativa Cellini di Prato, che si occupa di progettare e installare impianti per la produzione di energia rinnovabile. «Ci stiamo attrezzando per andare all’estero, siamo costretti. Al di là dell’importo degli incentivi, quello che ci danneggia è l’incertezza: non possiamo programmare gli investimenti per il prossimo anno», spiegano.
Le cose che non vanno, negli attuali provvedimenti, sarebbero tante a detta degli operatori. A partire dal fatto che, spiegano le diverse sigle del comparto e gli ambientalisti, «il governo non ha intavolato nessun confronto con i diretti interessati»: «Un approccio unilaterale e meramente contabile. Quello che si è deciso non è stato minimamente concertato, l’unico scopo era far quadrare i conti», sottolinea Andrea Boraschi, responsabile Energia e clima di Greenpeace. Andando poi a vedere i contenuti dei due provvedimenti, salta subito all’occhio, spiega Legambiente, il «rinvio retroattivo dei pagamenti per i Certificati Verdi», cioè i rimborsi alle imprese per produzioni elettriche effettivamente già immesse in rete negli anni passati. «Vogliamo dire al governo di fare attenzione: cambiando la normativa, rischia di far chiudere molte aziende, che a giugno si aspettavano il pagamento degli incentivi», sottolinea Simone Togni di Anev (Associazione Nazionale Energia del Vento).
C’è poi un taglio consistente agli incentivi: «La riduzione media dal 1° luglio 2012 è pari al 35% e penalizza maggiormente gli impianti piccoli sui tetti, perché in proporzione questi hanno un prezzo meno legato alla riduzione dei costi delle tecnologie. Una diminuzione che accelera, però, ogni semestre, tanto che dal 2014 il valore potrebbe essere inferiore a quello di vendita dell’energia nel mercato elettrico», mette in luce Legambiente. A cui si aggiungono una «penalizzazione della bonifica dei tetti in amianto» e «un’eccessiva burocrazia»: «I testi – spiega il vice presidente Edoardo Zanchini – sono pieni di impedimenti burocratici e di barriere agli investimenti che avrebbero l’effetto di fermare i successi realizzati in questi anni in termini di produzione di energia pulita e di nuova occupazione».
Nel pomeriggio, agli Stati Generali delle Rinnovabili arriva il capo del Dipartimento Energia del Ministero dello Sviluppo Economico Leonardo Senni, che promette l’avvio di “tavoli tecnici”. Ma per fare cosa? Chi l’ha incontrato dice che non ha specificato. Ma che si avvii adesso il confronto sui provvedimenti già varati sembra improbabile. La speranza delle associazioni è che questo avvenga sui decreti sull’efficienza energetica e le rinnovabili termiche, su cui il Ministero sta ancora lavorando.
Al di là del rischio divisioni, uno dei maggiori nemici della causa delle rinnovabili continua a essere la lobby del carbone. Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, non ha dubbi: «Sta cambiando il mondo e temo che il contrasto non venga più dal tavolo della domanda di Confindustria, ma dai grandi produttori di energia elettrica». Il settore, gli fa eco Aper (Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili) «è oggi in grave pericolo per i “colpi di coda” dei grandi produttori di energia da fonti fossili, che si oppongono non solo alle rinnovabili, ma anche al nuovo modello di produzione energetica basato sulla generazione distribuita». E il pericolo è che l’Italia non riesca a raggiungere gli obiettivi europei al 2020: «L’Ue, al contrario di quanto succede in Italia, non fa condoni. Rischiamo di pagare salato il conto», spiega Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente.
Veronica Ulivieri