Re Rebaudengo su Brexit: “Non vedo problemi per rinnovabili, ma il Regno Unito sarà più povero”
Mentre il primo ministro David Cameron annunciava pubblicamente le sue dimissioni Greenews.info ha raggiunto telefonicamente, a Londra, Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili e Asja, per avere le prime impressioni sull’impatto potenziale della Brexit sul mercato delle energie rinnovabili e della green economy italiana. Ecco l’intervista del direttore editoriale Andrea Gandiglio.
D) Dott. Re Rebaudengo, che aria si respira oggi a Londra?
R) Di grande stupore. Fino a ieri sera la maggioranza delle persone era ancora convinta che avrebbe vinto il Remain, la volontà di restare nell’Unione Europea. Le impressioni che ho potuto raccogliere stamattina sono sostanzialmente di stupore che si possa aver votato in questa direzione. Era vista come più probabile la separazione dalla Scozia che non la Brexit…
D) Sulle Borse mondiali è stato uno “tsunami” e anche il prezzo del petrolio è ulteriormente calato. Di solito questo non porta bene agli investimenti nelle rinnovabili, cosa prevede?
R) Se guardiamo al 2015, quando il petrolio ha raggiunto il prezzo più basso degli ultimi 7 anni, in realtà, il 90% degli investimenti in nuova generazione è stato fatto nelle rinnovabili. Direi quindi che chi investe oggi in progetti di generazione – che hanno un orizzonte temporale di una ventina d’anni – non crede che il prezzo del petrolio possa rimanere così basso. E in ogni caso pensa comunque che la riduzione delle’impronta di C02 sia un processo ineludibile e che sia meglio investire in energie rinnovabili. In questo stato della situazione non vedo quindi incidenze determinanti.
D) Ha già avuto la possibilità di parlare e confrontarsi con altri operatori italiani del settore presenti sul mercato britannico? Penso ad esempio a Falck Renewables, che ha una forte presenza…
R) Per il momento non ho ancora avuto occasione di parlare con nessuno di loro, ma non credo – in assoluto – che da questo punto di vista ci possano essere dei problemi. A parte la perdita di valore della sterlina, che però, al di là del momento emotivo, dipenderà in futuro da cosa saprà fare il Regno Unito in termini di competitività. Quindi, escluso il problema del cambio, credo che la Gran Bretagna, che ha già da tempo introdotto la carbon tax, non tornerà indietro sulle scelte riguardanti l’energia pulita. E penso anche che abbiano già avuto il tempo per pentirsi dell’investimento nella centrale nucleare di Bridgwater, nel Somerset, dove il costo di generazione del chilowattora si è dimostrato doppio rispetto alle rinnovabili…
D) Quindi più che problemi “tecnici” del mercato, dobbiamo aspettarci, come fa notare Moody’s, un periodo di forte incertezza?
R) Pare che ci siano ora due anni di tempo per l’iter di uscita dall’UE. Ho fiducia nel pragmatismo degli inglesi, che sapranno gestire bene la transizione. Anche se, a mio parere, loro ci rimetteranno – e ci rimetterà un po’ anche l’Europa. Sarebbe stato meglio averli “a bordo”, anche se con una partecipazione limitata. Il mio augurio è che questo spinga l’UE ad accelerare il processo di integrazione e rivedere la governance verso una maggiore efficienza, perché oggi è troppo macchinosa (e per certi versi anche troppo costosa).
D) Se volessimo vedere il bicchiere mezzo pieno si potrebbe dunque pensare alla Brexit come ad una lezione all’UE perché si possa riformare e migliorare in fretta, giusto?
R) Esatto, anche se, per certi versi, a questo processo mancherà un bilanciamento nei confronti della Germania… Ma, come dicevo, il mio augurio è che questo spinga ad una maggiore integrazione interna.
D) Come imprenditore in questo momento investirebbe nel Regno Unito o starebbe a vedere gli sviluppi?
R) Penso che UK continui a rimanere una nazione interessante per gli investitori, al di là dell’incertezza che potrebbe pesare maggiormente su alcuni settori, come quello bancario e finanziario. Credo anche che rimarrà un paese stabile, con una visione sul futuro… Certo è che la maggioranza che ha votato per l’uscita non otterrà quello per cui ha votato: l’Inghilterra di domani temo che sarà più povera e non certo più ricca…
D) Ieri, in un’intervista a Radio 24, il presidente della CBI (la Confindustria britanicca), ha detto che più dell’80% degli industriali era schierato a favore del remain. C’è stata dunque una contrapposizione tra la classe dirigente e produttiva e le classi sociali più povere, stremate dai problemi dell’0ccupazione,dell’immigrazione ecc.?
R) E’una lettura corretta. Il punto è che, paradossalmente, proprio le classi più deboli patiranno e perderanno di più! Non è così che si risolvono i problemi dell’occupazione, ma facendo ricerca e innovazione, non bloccando le frontiere, in un paese, per altro, che attrae, da sempre, un’immigrazione di alto livello, con cervelli di grande intelligenza e preparazione. Credo quindi che questa scelta danneggerà più le persone “deboli” di quelle “forti”… Se l’economia crescerà di meno, le prime aziende ad avere meno mercato saranno quelle che lavorano solo a livello nazionale. Non escludo che ci siano imprenditori che hanno votato per la Brexit, ma temo in maniera un po’miope. Vediamo ogni giorno che i Paesi che crescono sono quelli aperti, che accolgono la gente, in cui c’è la maggior libertà possibile di movimento: delle persone, dei capitali, delle idee e delle merci. Tutto quello che tende a “chiudere” è, secondo me, una scelta sbagliata…
D) Voi come Asja avete attività anche nel Regno Unito?
R) Sì, vendiamo i micro-cogeneratori Totem ed è un mercato anche importante. Da questo punto di vista dovremo vedere cosa succederà alle dogane…
D) Prevede che il deprezzamento della sterlina incida sull’attività commerciale?
R) Per loro costerà più caro comprare le nostre macchine. Il cambio rispecchia comunque abbastanza i “fondamentali”, per cui se UK riuscirà a tenere l’economia, fare esportazioni, attrarre investimenti e capitali, la sterlina tornerà dov’era. Se questo non avverrà proseguirà la svalutazione e il paese diventerà inevitabilmente più povero. Fare concorrenza con la svalutazione della moneta è infatti una finzione di breve periodo…
D) Lei vede la possibilità di un effetto domino su altri paesi UE? Poco fa la Le Pen ha invocato la Frexit in Francia…
R) In Italia direi di no. La Spagna in questo momento ha enormi problemi di governance è andrà al voto nei prossimi giorni, ma non credo che l’irrazionalità arriverà a tanto. Abbiamo però sfiorato l’uscita della Grecia nei mesi scorsi. Tutto però potrebbe succedere, speriamo…
Andrea Gandiglio