Più manutenzione e meno consumo di suolo: Clini presenta il Piano anti-dissesto
La promessa è stata mantenuta, ma adesso bisogna trovare i soldi. Come si era impegnato a fare due settimane fa, mentre una forte ondata di maltempo colpiva l’Italia centrale, il ministro Clini ha presentato ieri al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) la bozza del “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio”. Una serie di linee strategiche per interventi concreti che mettano il nostro territorio al riparo dai continui rischi di dissesto idrogeologico. Ma se il documento c’è, adesso arriva la sfida più complicata: reperire le risorse per attuare i diversi interventi previsti. In tutto, si stima che servano 40 miliardi in quindici anni, circa 2,6 miliardi l’anno. Il piano, fanno sapere dal Ministero, “sarà discusso dal Cipe in una delle prossime sedute, d’intesa con i Ministri delle Politiche agricole, delle Infrastrutture e dell’Economia”.
Tra i punti principali del piano, ci sono il divieto di abitare e lavorare nelle zone ad altissimo rischio di alluvione, lavori di manutenzione dei corsi d’acqua e di difesa dei centri abitati, recupero dei terreni abbandonati, difesa dei boschi, protezione delle coste e delle lagune esposte all’innalzamento del mare, assicurazione obbligatoria per le costruzioni nelle zone a rischio di inondazione, riattivazione dei bacini idrografici.
Nel dettaglio, il documento prevede che ogni anno il Piano venga aggiornato indicando gli interventi di difesa del territorio in programma nei 12 mesi successivi. Ogni quattro anni dovrà anche essere rivisto il Rapporto scientifico sui rischi dei cambiamenti climatici, mentre i Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) delle Autorità Distrettuali Idrografiche dovranno essere aggiornati al 2013. La logica, spiega Clini, è che “a fronte di una situazione climatica cambiata, la protezione del territorio deve essere aggiornata. Ci sono misure per fronteggiare la quantità di piogge che avviene in un periodo concentrato: bisogna mettere delle difese idrauliche molto diverse da quelle esistenti”.
Tra le priorità ci sono proprio quelle misure che possono avere un impatto più immediato nel fermare lo” sgretolamento” del territorio, e che associano la protezione del paesaggio allo sviluppo sostenibile: limiti alle costruzioni nelle zone a rischio, contenimento nell’uso del suolo, manutenzione dei corsi d’acqua, recupero dei terreni abbandonati o degradati puntando sulle colture tradizionali e di qualità. Interventi precisi sono previsti per le foreste: “Pulizia dei boschi usando il legname raccolto anche come biomassa per produrre energia pulita”, prevede il ministero, considerando anche che “il diradamento servirà a ridurre gli effetti degli incendi che, distruggendo le piante, minacciano anche la stabilità geologica”. Nel caso delle foreste demaniali, inoltre, il documento presentato da Clini propone di fermare i rimboschimenti fatti con pini e abeti d’importazione e di piantare invece alberi tradizionali della zona.
Un altro punto fondamentale riguarda la difesa delle coste dall’innalzamento del livello del mare: “Le previsioni dei climatologi sono molto preoccupanti e risultano molto esposte al rischio di alluvione tutte le zone costiere dell’alto Adriatico, da Ravenna a Monfalcone, dove molti territori si trovano a quote inferiori al livello del mare. Oggi quei terreni sono difesi e tenuti asciutti da un sistema di canali di scolo e di idrovore concepito fra l’800 e il ’900, quando le piogge erano diverse e il mare non minacciava di diventare più alto”, continua il ministro.
In programma c’è anche un disegno di legge che introduca un’assicurazione obbligatoria contro i rischi degli eventi climatici estremi: una misura necessaria “per consentire a chiunque viva o lavori nelle aree a rischio idrogeologico di avere la certezza del risarcimento in caso di danni, per ridurre i costi dei premi assicurativi e per non gravare sulle tasche di tutti gli italiani attraverso i risarcimenti con fondi pubblici”.
Il Piano sarà finanziato usando il 40% dei proventi delle aste per i permessi di emissione di anidride carbonica, che già la legge attuale destina per almeno la metà ad azioni contro i cambiamenti del clima. Un’altra quota delle risorse potrà venire dai prelievi sui carburanti: nessuna nuova accisa, promette il ministro; piuttosto, una rimodulazione degli oneri “a parità di peso fiscale”.
L’obiettivo è fare presto, perché, sottolinea Clini, “più tempo si aspetta, più alti sono i costi”. Secondo i calcoli di Legambiente, “per i danni del maltempo si spendono un milione di euro al giorno. Cifre molto elevate che coprono però solo una parte degli ingenti danni censiti in conseguenza di frane e alluvioni. In Sicilia, Veneto, Toscana e Liguria, le regioni colpite dagli eventi più gravi in questi ultimi tre anni, è andato l’80% delle risorse stanziate, ma i danni ammontano a 2,2 miliardi di euro circa, quasi il triplo delle risorse messe a disposizione dei comuni colpiti”. Il presidente dell’associazione Vittorio Cogliati Dezza propone di “recuperare subito almeno 10 miliardi da investire sulla prevenzione dalle opere inutili, che hanno costi elevati e impatti ambientali enormi”.
Veronica Ulivieri