Parchi naturali: la persecuzione continua
Sembra grottesco, ma proprio nell’Anno Internazionale della Biodiversità, direttori e presidenti dei parchi italiani, invece di potersi concentrare sui progetti di tutela e valorizzazione dell’ambiente naturale, devono indossare i panni del contabile e dell’avvocato per parare i colpi “istituzionali” che arrivano da ogni parte.
Abbiamo parlato venerdì, con il direttore del Gran Paradiso, del taglio dei trasferimenti ministeriali ai parchi nazionali, previsto dalla finanziaria. Ma anche i parchi regionali sembrano avere i loro bei problemi.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 193 del 4 giugno 2010, ha infatti accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio contro la legge regionale 19/2009 della Regione Piemonte, il Testo Unico sulla Tutela delle Aree Naturali e della Biodiversità, che istituiva e disciplinava le Zone di Salvaguardia, ovvero quelle aree di connessione, tra le aree protette, necessarie a garantire continuità territoriale ai progetti avviati dagli enti di gestione.
Il Parco del Po Torinese, ci spiega il direttore Ippolito Ostellino, ha ora presentato all’assessorato competente della Regione Piemonte, una proposta per il mantenimento di queste aree – per scongiurare il mero adeguamento alla sentenza di incostituzionalità attraverso un nuovo status giuridico, compatibile con la normativa nazionale, ma che consenta di conservarne inalterate le funzioni fondamentali.
Potrebbe sembrare una questione di lana caprina, inaccessibile e priva di ricadute pratiche per il cittadino, ma non è così.
A differenza di tutti gli altri casi regionali, fa infatti notare il Presidente dell’Ente Parco, Piergiorgio Bevione, nella mozione inviata all’Assessore William Casoni, il progetto di tutela e valorizzazione della fascia fluviale del Po si basa sulla costruzione di un sistema integrato, omogeneo e continuo di territori che ricomprende tutta l’area piemontese del fiume, pur modulandone il livello di protezione fra le Riserve Naturali e, appunto, le Zone di Salvaguardia, che rappresentano il tessuto connettivo di collegamento del fiume con le realtà circostanti, costituendo un vero e proprio corridoio territoriale ed ambientale, sul modello dei migliori esempi europei.
La trasformazione delle Zone di Salvaguardia, bocciate dalla Corte, in Aree Contigue – una categoria analoga contemplata dalla normativa nazionale - consentirebbe di salvare i progetti e le convenzioni in corso, senza sconvolgere e danneggiare il lavoro portato avanti dal Parco negli ultimi anni: dal progetto Corona Verde, al Contratto di Fiume del Torrente Sangone, ai progetti di valorizzazione e marketing territoriale avviati con il marchio turistico Po Confluenze Nord Ovest, alla riqualificazione dei laghi interessati dalle attività estrattive prevista, insieme all’Unione Industriale, dal protocollo Po dei Laghi, al rilancio e alla promozione turistica di opere come il Canale Cavour, punto di partenza di una possibile pista ciclabile tra Chivasso e Milano. Ma soprattutto consentirebbe di mantenere la validitià delle convenzioni con le cave, le società estrattive, che oggi sono – dopo i trasferimenti regionali – la principale forma di finanziamento degli enti di gestione delle aree protette.
“Se il governo si affiderà concretamente a noi per strategie pluriennali”, hanno affermato con orgoglio i dirigenti dei parchi nel sit-in di venerdì scorso a Roma, “le aree protette sapranno dimostrare, in maniera più efficace, l’enorme beneficio in termini di conservazione e sviluppo socio-economico sostenibile”. I Parchi non sono più, nella visione dei nuovi direttori – molto spesso manager qualificati e intraprendenti (e non ecologisti intransigenti e bombaroli) - delle aree da preservare incontaminate sotto una campana di vetro, ma delle eccezionali risorse turistiche ed economiche per il territorio. Per cortesia, lasciateli lavorare!
Andrea Gandiglio
Si veda anche, per completezza di informazione: “Manovra: Federparchi si complimenta con Prestigiacomo sui finanziamenti ai parchi“, Parks.it, 28 luglio 2010