Mercato energetico europeo: gli esami non finiscono mai
Mentre l’inconsueta campagna elettorale italiana raggiungeva il culmine, con i più classici comizi finali, a Bruxelles, il 22 febbraio scorso, si svolgeva - nel disinteresse quasi totale dei media nazionali - la prima riunione del Consiglio Europeo, in tema energetico, la prima sotto il segno della presidenza irlandese.
All’ordine del giorno, gli effetti della produzione di biocombustibili sul cambiamento nell’utilizzo del territorio, il monitoraggio del processo di integrazione del mercato energetico interno e lo stato di negoziazioni relativo a un papabile regolamento che andrà a fissare standard uniformi di sicurezza nelle attività di esplorazione, prospezione e produzione di petrolio e gas naturale.
Entro luglio 2013 andrà al voto, al Parlamento Europeo, la bozza di direttiva presentata dalla Commissione nell’ottobre scorso. Alla base della proposta, l’intento di favorire l’incremento della produzione di energia da biocombustibili, senza trascurare, tuttavia, l’attenta valutazione, ab origine, dell’effettivo beneficio in termini di emissione di anidride carbonica. L’utilizzo dei terreni, strappati alle foreste, per fornire biocombustibili, infatti, potrebbe avere effetti inversi rispetto a quelli che si vorrebbero conseguire.
In materia, è il caso di fare solo un cenno alla nostra Strategia Energetica Nazionale, posta in consultazione dal Ministero dello Sviluppo Economico il 16 ottobre 2012 e mai più arrivata alla sua formulazione finale. L‘Italia confermava nella SEN l’impegno a garantire che entro il 2020, il 10% dei consumi nel settore trasporti sarebbe stato coperto dai biocombustibili, a un ritmo di circa 2,5 Mtep all’anno. Piena disponibilità anche per la revisione della direttiva prevista per il 2014, con cui decidere evoluzioni future del settore, nell’intento di potenziare sostegno e diffusione dei biocarburanti di seconda e terza generazione. Ma, ad oggi, la Strategia Energetica resta una bozza non riuscendo nemmeno a conseguire l’obiettivo (minimo) di lascito, di indirizzo (già) condiviso con stakeholder, per il nuovo Parlamento e il costituendo governo.
Sul tema del mercato interno europeo, invece, sotto esame lo stadio di integrazione del mercato energetico europeo, processo che, da calendario, dovrebbe concludersi entro il 2014. Al centro del dibattito, le questioni sollevate nella Comunicazione presentata al Consiglio dalla Commissione Europea lo scorso dicembre. Nonostante le riforme degli ultimi anni, rimane ancora molto da fare: altri mille miliardi di euro dovranno essere spesi per l’ammodernamento dei sistemi energetici esistenti. Ma agli obiettivi del 2050 non si arriverà, secondo l’analisi della Commissione, solo attuando riforme dall’alto: è necessaria la partecipazione dei consumatori finali che, nell’esercizio dei propri diritti e delle proprie facoltà, costituiranno una spinta dal basso alla concorrenzialità del mercato. Ciò anche a prescindere dal ricoprire o meno il ruolo di prosumer e dalle tecnicalità delle Smart Grid.
Se mantiene questo ritmo, alla data del 2014, l’UE potrebbe però mancare gli obiettivi: troppo lento il processo di adeguamento della normativa nazionale all’ordinamento comunitario in troppi Stati, mentre rimangono ancora, seppur più nascoste, tattiche nazionalistiche a protezione dell’interesse nazionale. Tuttavia sono diversi i risultati già conseguiti, specie in materia di concorrenza, integrazione dei mercati, sviluppo di borse e diversificazione delle forniture: in 20 Stati operano più di tre fornitori di energia elettrica principali, mentre sul fronte del gas naturale, tra il 2003 e il 2011 è decuplicato il numero delle piattaforme di negoziazione per lo scambio di gas, e il numero dei grandi esportatori di gas naturale in Europa è cresciuto da 14 nel 2000 a 23 nel 2010.
La lista dei desiderata è tuttavia ancora lunga: da ampliare ancora consapevolezza e potere dei consumatori e da sostenere investimenti tecnologici necessari per poter rendere le reti sempre più efficienti e aumentare il risparmio energetico, con chiaro riferimento al nuovo paradigma delle Smart Grid. Nel nuovo scenario la rete elettrica cambia completamente ruolo e funzioni, evolvendo gradualmente in rete intelligente o meglio “attiva”, dotata cioè di sottosistemi in grado di gestire e regolare più flussi elettrici, che viaggiano anche in modo discontinuo e bidirezionale e non più solamente dall’alto verso il basso, dalla produzione al consumo.
Siamo comunque arrivati all’ultima chiamata per quegli Stati che non hanno ancora recepito, in maniera corretta, le direttive del terzo pacchetto energetico. Dal settembre 2011 sono stati avviati dalla Commissione 19 procedimenti d’infrazione per mancata attuazione della direttiva 2009/72/CE, per il mercato elettrico, e altri 19 per mancato recepimento della direttiva 2009/73/CE, per il mercato del gas. Al 24 ottobre 2012 soltanto 12 procedimenti sono stati chiusi, mentre gli altri rimangono pendenti.
L’Italia, incredibile dictu – ma neanche troppo incredibile, visto il grande slancio con cui furono recepite le prime direttive di apertura dei mercati elettrici e gas – vanta una situazione stranamente in regola, visto che il Decreto legislativo n. 93/2011 di attuazione del “Terzo pacchetto” è entrato in vigore già dal 29 giugno 2011.
Manuela Mischitelli e Antonio Sileo*
*Ricercatori IEFE Bocconi