L’Europa festeggia all’ombra della PAC
«Abbiamo bisogno di un’agricoltura imperniata sul food, la cui dimensione sia direttamente collegata al territorio». Nella frase pronunciata ieri dal Ministro dell’Agricoltura Mario Catania all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha tenuto una lectio magistralis, ci sono alcuni dei punti caldi della trattativa sulla Politica Agricola Comunitaria. Che restano sullo sfondo, ma sempre vivi, anche oggi, che si celebra la Festa dell’Europa, per ricordare il discorso del Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, che nel 1950 enunciò gli ideali all’origine dell’Unione Europea.
In questa cornice, il tema dell’evoluzione, nei prossimi anni, della PAC, una delle politiche europee più longeve (pochi mesi fa ha compiuto 50 anni) e consistenti, visto che rappresenta ancora circa il 40% dei fondi del bilancio europeo, è quanto mai attuale.
Il confronto sui diversi aspetti del sostegno all’agricoltura e allo sviluppo rurale è in corso da mesi, ma finalmente, dopo vari dibattiti, adesso, come ha sottolineato qualche giorno fa lo stesso Catania, «cominciamo a fare sul serio». Sul tavolo, le questioni aperte sono diverse, a partire dalla definizione di “agricoltore attivo”, che nasconde dietro di sé un problema ben più rilevante: fare in modo che gli aiuti comunitari vadano effettivamente alle aziende agricole che producono cibo, piuttosto che a terreni improduttivi gestiti da società che fanno altro. La questione è stata sollevata il 17 aprile scorso dalla Corte dei Conti Europea che, analizzando i diversi aspetti critici della proposta del Commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos, ha sottolineato anche per il futuro «il rischio che i contributi europei possano andare a chi non esercita alcuna attività agricola». Rimprovero a cui Ciolos ha risposto avanzando la proposta di una lista nera di soggetti che, in futuro, non potranno ricevere gli aiuti europei. Tra di essi ci sarebbero aeroporti, circoli sportivi, campi da golf, società immobiliari e ferroviarie che, nonostante possiedano anche terreni agricoli, saranno esclusi dal nuovo sistema di finanziamento della Pac. Un’idea che non trova del tutto d’accordo l’Italia, anche se il ministro Catania sull’argomento si è espresso chiaramente: «Vogliamo una definizione buona, che consenta veramente agli Stati membri di fare la differenza tra chi vive di agricoltura e fa dell’agricoltura la propria attività professionale, e chi invece si trova a possedere dei terreni come elemento collaterale nella propria esistenza». Problema che si potrebbe almeno in parte superare, sottolinea il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro, attraverso una semplificazione delle procedure, visti i «rischi di complessità che comporterebbe applicare la definizione di agricoltore attivo proposta dall’Esecutivo Ue e la necessità di renderla più equilibrata nella sua dimensione e nelle modalità per applicarla».
Altra questione aperta, i criteri per la ripartizione dei fondi tra i Paesi europei, con un duello in corso tra gli stati con più superficie agricola, e quelli meno estesi, come l’Italia, ma con diverse produzioni di qualità: «Non è possibile fare una ripartizione degli stanziamenti soltanto sulla base delle superficie agricola degli Stati membri ma bisogna, al contrario, prendere in considerazione anche altri criteri a partire dal valore della produzione agricola dei singoli Paesi», ha spiegato il Ministro dell’Agricoltura, determinato ad andare avanti nonostante questa tesi abbia «ricevuto il sostegno di un gruppo di delegazioni relativamente limitato». Ossia Olanda, Belgio, Slovenia e in parte Danimarca.
Infine, si sta discutendo di come modulare il sostegno alle realtà locali e alla filiera corta, chiesto anche dal Comitato delle Regioni, che riunisce i rappresentanti degli enti locali dell’Unione Europea. Parlando a Bruxelles a fine aprile, Ciolos ha sottolineato l’importanza del “chilometro zero”: «Dobbiamo riconoscere che le filiere corte sono un aspetto della diversità agricola di cui finora non si è tenuto conto a sufficienza. Sono un elemento importante della nostra strategia globale che mira a ridare valore aggiunto agli agricoltori esortandoli a non puntare tutto sullo stesso cavallo (i pochi grandi gruppi della distribuzione agroalimentare)». L’intenzione dell’Europa non è però «creare nuovi ostacoli o mettere i grandi contro i piccoli o le filiere corte contro le filiere lunghe». Piuttosto, «ripensare i modi dell’approvvigionamento alimentare», in modo da «incoraggiare gli agricoltori a lanciarsi in questa attività».
Veronica Ulivieri