L’eterno ritorno dei Galletti della “scienza”
Ecco la frase magica che salva sempre tutti i Ministri e le multinazionali dell’inquinamento: “dati scientifici che provino che le trivelle fanno male alla costa non ce ne sono“. Il mito del “dato scientifico” inoppugnabile torna, questa volta, sulla bocca di Gian Luca Galletti, il commercialista divenuto Ministro dell’Ambiente alla corte dell’onnipotente Matteo Renzi. E che, con grande senso dell’opportunità e piena consapevolezza del proprio mandato, ha dichiarato ieri che non sa ancora se andrà a votare al referendum del 17 aprile, e comunque se andrà voterà no, perché “col referendum si affronta il problema delle trivelle con l’ideologia, invece io dico di affrontarlo dal punto di vista scientifico”.
Caro Galletti, chiunque abbia studiato un po’di epistemologia, un po’di Popper e Kuhn o Feyerabend (mi rendo conto che la platea di politici e “classe dirigente” rientrante in questa categoria sia molto esigua), dovrebbe aver rinunciato da tempo alla pretesa di infallibilità della scienza. Ma lo ricordo solo come nota en passant, perché il problema è ben più triviale: troppo spesso si scopre infatti, a distanza di tempo, che i dati e gli studi “scientifici” che finiscono sui tavoli dei Ministri e dei decisori politici sono commissionati da scafati lobbisti e prodotti da “scienziati” compiacenti, finanziati – direttamente o indirettamente – proprio da quelle multinazionali che mai si affiderebbero alla ricerca scientifica se già non conoscessero l’esito di un responso a loro favorevole! I casi che potremmo citare sono infiniti, dai pesticidi all’amianto, dal tabacco al riscaldamento globale.
Ma c’è anche un altro escamotage, non meno pernicioso, che i lobbisti conoscono bene e che io chiamo il “trucco del cunctator” (il temporeggiatore, in omaggio a Quinto Fabio Massimo): per poter disporre di una base dati scientifica sufficientemente ampia ed “affidabile”, per provare le “correlazioni” causa-effetto ecc. servono decenni e ogni anno di mercato in più è manna economica e finanziaria per petrolieri, aziende agrofarmaceutiche e salvatori dell’umanità vari. L’OMS e il buon senso prescrivono che si dovrebbe, in questi casi, applicare il “principio di precauzione“, ma non tutti i governanti se ne ricordano.
Ora, entrando nel merito del referendum del 17 aprile (sul quale si stanno esercitando negli ultimi giorni – più o meno consapevolmente – i sabotaggi più fantasiosi), chiedo al ministro Galletti: veramente pensa che abbiamo bisogno di dati scientifici e occupazionali per decidere se ha senso mantenere le piattaforme petrolifere entro le 12 miglia dalle nostre coste? Qui non si tratta di numeri (anche in questo caso sui posti di lavoro si è detto tutto e il contrario di tutto), ma di scegliere un modello di sviluppo per il nostro Paese. Si dovrebbe umilmente riconoscere che la decisione stessa, in passato, di autorizzare quelle trivellazioni, è stata una decisione scellerata, compiuta senza alcuna visione strategica né rispetto per la vocazione turistica ed enogastronomica che potrebbe reggere una buona fetta dell’economia italiana. Oggi siamo ancora in tempo per bloccare questo scempio e cambiare rotta, ma va fatto subito. E che siano un Partito che si autoproclama “Democratico” e un Ministro dell’Ambiente a boicottare questa consultazione pubblica è semplicemente vergognoso.
Andrea Gandiglio