La controffensiva ETS: cancellati i crediti di emissione di dubbio valore
Il 21 gennaio l’Europa ha compiuto un grande passo avanti per assicurare la credibilità dei meccanismi di flessibilità dell’Emission Trading System europeo: dal 1 maggio 2013 le aziende incluse nella direttiva ETS non potranno più utilizzare i crediti derivanti da progetti di riduzione di gas serra che distruggono trifluorometano (HFC-23) e protossido d’azoto (N2O).
Nell’attuale sistema ETS, infatti, le aziende con obblighi di riduzione delle emissioni che non riescono a raggiungere i limiti stabiliti, hanno oggi la facoltà di coprire parte del loro debito finanziando progetti di riduzione delle emissioni di gas serra all’estero, denominati Joint Implementation (quelli localizzati in Paesi industrializzati) e Clean Development Mechanism (quelli localizzati in Paesi emergenti). Tra i gas serra che possono ottenere questi incentivi, ci sono appunto l’HFC-23 e l’N2O.
L’HFC-23 è un gas serra molto potente, derivato dalla produzione di condizionatori e frigoriferi, con un global warming potential (effetto sui cambiamenti climatici) pari a 11.700 volte la CO2: questo vuol dire che per ogni tonnellata di HFC 23 abbattuta, vengono riconosciuti 11.700 crediti di CO2, per un controvalore di circa 120-175.000 Euro.
HFC-23 è un sottoprodotto di un gas, l’HCFC-22, che è doppiamente dannoso, in quanto contribuisce sia all’effetto serra, che al buco dell’ozono: per questo l’HFCF-22 è stato già proibito dal Protocollo di Montreal, il trattato per la protezione della fascia di ozono. Anche l’N2O è un gas serra molto dannoso, con un global warming potential di 310 volte la CO2 ed è generato dalle industrie che producono nylon.
Il finanziamento dei progetti riguardanti la distruzione dei gas HFC-23 e N2O provoca tuttavia degli incentivi distorti rispetto agli scopi del Protocollo di Kyoto: le aziende sono infatti incentivate a continuare a produrre o perfino aumentare la produzione di questi gas, per poi ridurli per ottenere i crediti di CO2; l’effetto si ripercuote anche sugli HCFC-22. Inoltre, il meccanismo attualmente in vigore permette a un piccolo gruppo di progetti localizzati per l’80% in Cina di ottenere un numero elevatissimo di crediti a basso costo, provocando uno spostamento di risorse da quelli che dovrebbero essere i progetti finanziati tramite il Clean Development Mechanism: progetti di energia rinnovabile ed efficienza energetica, che aiutino lo sviluppo sostenibile del territorio.
Connie Hedegaard, Commissario Europeo per il Clima e promotrice dei cambiamenti apportati all’ETS si è detta molto soddisfatta per l’adozione del nuovo regolamento a soli 5 mesi dalla sua proposta iniziale, che prevedeva, in realtà, la restrizione dei crediti già dal 1 gennaio 2013. Alcuni Paesi, tra cui Italia, Germania, Gran Bretagna e Polonia, hanno spinto per posticiparla al maggio 2013.
Secondo le analisi effettuate da un gruppo di esperti la posticipazione della data permetterà quindi alle aziende europee di utilizzare 30-50 milioni di crediti in più, corrispondenti a 30-40 milioni di tonnellate di CO2. Un risultato che non era auspicabile se si tiene conto che i crediti da progetti HFC-23 e N2O hanno assorbito finora oltre il 90% delle risorse finanziarie delle aziende italiane destinate a finanziare progetti di Clean Development Mechanism. La palla passa dunque al Parlamento Europeo, che ha tre mesi per commentare la proposta, dopodiché verrà formalmente adottata dalla Commissione Europea.
Secondo la Hedegaard – che ha definito alcuni di questi crediti “di dubbio valore” e contro gli interessi dell’Europa – si tratta comunque di un’importante operazione di pulizia del mercato da crediti di basso valore ambientale, con ampie ripercussioni nel mercato internazionale del carbonio che dovrà essere ”basato su una maggiore qualità e distribuzione dei crediti.”
Veronica Caciagli