Jing e Jining: la giornalista, il neoministro e la grande sfida per l’ambiente in Cina
Lo scorso venerdì una mia collega è arrivata in ufficio con un annuncio: “Ho scoperto che l’aria in Cina è inquinatissima“. Anche lei come milioni di cinesi ha guardato oline Under the Dome, il documentario di Chai Jing, un’ex giornalista della tv di stato. Dopo che Jing ha scoperto che la figlia che aspettava era malata di tumore ha iniziato a documentarsi sulla situazione ambientale cinese. E ora la sua denuncia sta creando scandalo ed è già stata cancellata da alcuni siti web.
E così anche i cinesi della classe media, con un basso livello di istruzione come la mia collega, hanno scoperto che quella che copre il cielo non è nebbia, che l’acqua dei fiumi è velenosa per ragioni precise e che se non si farà qualcosa subito le conseguenze potrebbero essere fatali.
Non è colpa della censura, o della paura del governo. Queste cose si sanno, gli studi sono accessibili e l’aria e l’acqua vengono respirate e bevute da tutti. In alcune province ci sono già state proteste popolari che hanno bloccato progetti industriali inquinanti. Ma milioni e milioni di cinesi non sono abituati a cercare, non leggono i giornali e nelle serie tv su cui passano ore di certe cose non si è mai parlato.
Ora grazie all’ex giornalista si è squarciato il velo. E una fetta di Cina è un po’ più consapevole di cosa rischia. Un problema in più per Chen Jining, il nuovo ministro dell’ambiente nominato da pochi giorni, ex direttore della Tsinghua University e presentato dai media come un grande esperto di questioni ambientali ma con esperienza di governo quasi nulla. Jining non dovrà solo gestire un’emergenza che, date le dimensioni del paese, si può dire planetaria. Ma dovrà anche convincere e rassicurare la mia collega e la gente come lei, nuovi potenziali arrabbiati.
Dopotutto non deve essere facile la vita del ministro dell’ambiente cinese. Deve combattere l’inquinamento dell’aria ma la Cina rimane il primo paese per emissioni di C02 e lo rimarrà ancora per molto tempo “a meno che – come si legge in un recente rapporto della Agenzia energetica internazionale (IEA) – la crescita economica non sia molto al di sotto delle aspettative”.
Il nuovo ministro dovrà anche assecondare e soddisfare la crescente voglia di cibo biologico e “sano”, ancora miniscula nei numeri ma decisa e avvertibile soprattutto nelle grandi città. Non può scordare però che la maggioranza dei terreni non edificati in Cina è incoltivabile perché irrimediabilmente contaminata dagli scarichi industriali.
Jining e il governo dovranno anche impostare un modello economico che limiti gli sprechi e la produzione di rifiuti. Ma c’è un popolo affamato di consumi, di gadget e di prodotti sempre nuovi. Una massa di persone che può accettare di non prendere parte alla vita politica ma che non vuole rinunciare al benessere del superfluo appena conquistato.
Possiamo forse immaginare il nuovo ministro in mezzo al suo paradosso. Diviso fra le richieste dell’economia, della crescita e del consumo e il nuovo corso dettato dal premier Li Keqiang durante l’ultima sessione annuale del parlamento, con l’annuncio di maggiori sforzi e controlli per limitare l’inquinamento e la minaccia di punizioni severe per chi inquina e per i funzionari di partito che falliscono nell’applicare le norme.
Nella sua posizione il ministro per l’ambiente ha un potere enorme e nello stesso momento potrebbe combinare davvero troppo poco. Milioni di cinesi lo osservano.
Matteo Acmè