Ipcc: per salvarsi dalla catastrofe climatica serve una decarbonizzazione dell’economia
1 miliardo di tonnellate di CO2 equivalente all’anno in più: questa è la quantità di gas serra che immettiamo ogni anno in atmosfera. La terza parte del Rapporto IPCC inizia raccontandoci lo status del nostro Pianeta: il trend delle emissioni annuali è ancora in crescita e le politiche di riduzione delle emissioni adottate finora, seppur assolutamente necessarie, non sono state sufficienti a contrastare l’aumento dei consumi energetici prodotti tramite combustibili fossili. Il tasso di incremento annuale della CO2 è passato da +0,4 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente all’anno dal 1970 al 2000, a +1 miliardo all’anno tra il 2000 e il 2010. Le emissioni antropogeniche (ovvero prodotte dall’uomo) mondiali hanno quindi raggiunto il loro massimo storico nel 2010, risultando pari a 49 miliardi di tonnellate di CO2.
A livello globale, i più importanti driver dell’aumento nelle emissioni di CO2 continuano ad essere lo sviluppo economico e l’aumento della popolazione. In particolare, il disaccoppiamento tra PIL ed emissioni di CO2, verificato in alcuni casi su scala locale, non è ancora osservato a livello globale. Anzi, addirittura nell’ultima decade si è osservato un peggioramento, per colpa del carbone: l’aumento dell’utilizzo del carbone per produrre energia ha vanificato il trend di decarbonizzazione della produzione energetica globale.
Da queste basi, il lavoro del Working Group III dell’IPCC traccia alcuni scenari per il futuro, andando ad analizzare gli studi sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, in termini scientifici, tecnologici, ambientali, economici e sociali. Non si parla, quindi, solo di scienza del clima (argomento della prima parte del report IPCC) o degli impatti dei cambiamenti climatici (esaminati nella seconda parte del report, uscita a marzo), ma di come affrontare questa sfida planetaria. Mitigare i cambiamenti climatici significa infatti ridurre le emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra immesse in atmosfera, tramite efficienza energetica, energia rinnovabile, trasporti sostenibili e tutte le altre misura che contribuiscono all’obiettivo: tenere le fonti energetiche fossili (carbone, petrolio e gas) sottoterra.
A questo report hanno contribuito 235 autori e 38 editori di 57 Paesi, coadiuvati dal contributo di 180 esperti, con le revisioni provenienti da altri 800 esperti di tutto il mondo. Un lavoro di sette anni (lo scorso report, l’AR4, è uscito nel 2007), che ha permesso la revisione di quello che è stato pubblicato sulle riviste scientifiche sul tema dei cambiamenti climatici.
Senza sforzi addizionali di riduzione delle emissioni di gas serra oltre a quelli già in atto oggi, si prevede che la crescita nelle emissioni persista, portando a un incremento delle temperature medie globali tra 3.7 e 4.8° C rispetto ai livelli preindustriali entro il 2100. Questo in realtà è un valore medio di previsione, perché l’aumento di temperatura potrebbe essere compreso nell’intervallo tra 2.5°C e 7.8°C. Sono livelli di cambiamenti del clima che metterebbero a repentaglio in maniera profonda la società umana: si considerino ad esempio l’aumento del livello dei mari, la desertificazione, la perdita di larga parte delle specie viventi, il rischio dell’interruzione della Corrente del Golfo.
Se invece inizieremo immediatamente a ridurre le emissioni di gas serra a livello globale abbiamo ancora un’ultima speranza di riuscire a contenere l’incremento di temperatura entro i 2° gradi (livello che viene considerato politicamente accettabile): per seguire questa strada, il trend deve prevedere un taglio delle emissioni del 40-70% entro il 2050, per poi arrivare ad emissioni zero entro il 2100. Gran parte di questo abbattimento dovrà venire dalla completa decarbonizzazione della produzione di energia, con un -90% delle emissioni entro il periodo 2040-2070. Il gas potrà essere per alcuni decenni una fonte di energia ponte, perché meno inquinante di carbone e petrolio, ma comunque dovrà essere eliminato e il mondo dovrà essere alimentato con energia interamente rinnovabile.
Se aspettiamo ancora a procedere ad affrontare questa rivoluzione energetica, sarà troppo tardi: agendo dopo il 2030, raggiungere la stabilizzazione dell’incremento di temperatura entro i 2°, sarà, oltre che molto più costoso, molto improbabile e l’uomo dovrà affrontare una catastrofe naturale senza precedenti.
Veronica Caciagli