Fiscalità ambientale e nuova politica energetica: le ricette Ue per uscire dalla crisi
La green economy ci salverà dalla crisi. Quel modello che propone misure economiche, legislative e tecnologiche in grado di ridurre il consumo d’energia e di risorse naturali promuovendo un modello di sviluppo sostenibile attraverso l’aumento dell’efficienza energetica e la riduzione dell’inquinamento servendosi prevalentemente di risorse rinnovabili è sempre più sulla bocca dei governanti, perché non solo fa bene all’ambiente ma stimola la crescita. Nel periodo 2002-2009 gli investimenti totali in fonti rinnovabili hanno avuto un tasso di crescita annuo del 33%, contrariamente alla recessione vissuto a livello globale. Mentre il tasso di crescita annuo dell’ecoturismo è del 20%. A questo è associata l’attuazione di politiche di assunzione di personale determinando la nascita di nuove professionalità definite appunto “verdi”.
Il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) sostiene che il 2% del PIL mondiale annuo, da investire fino al 2050 nei dieci settori chiave dell’economia, basterebbe per uscire dalla crisi economica e ambientale e avviare la transizione verso un’economia “verde”. L’Unione europea non è da meno, e non è un caso che il Consiglio straordinario dei Capi di Stato e di Governo del 22 maggio 2013 sia stato dedicato, oltre che all’evasione fiscale, alla politica energetica. Si è discusso di completamento del mercato interno entro il 2014, sia dal punto di vista delle infrastrutture fisiche che della legislazione ad esse dedicate.
Per quanto riguarda le prime, particolare attenzione alla diffusione su larga scala delle reti e dei contatori intelligenti ed alla loro interconnessione, al fine di migliorare l’efficienza energetica. Sul fronte normativo, invece, il Consiglio chiede un’efficace e coerente implementazione del Terzo Pacchetto Energia, della Direttiva sulla promozione delle fonti rinnovabili del Regolamento sulla sicurezza degli approvvigionamenti di gas. Via libera, poi, alla promozione di investimenti. In merito al loro finanziamento il Consiglio Europeo dichiara che “il buon funzionamento del mercato della CO2 dovrebbe essere il principale strumento per il finanziamento degli investimenti per un’energia sicura e accessibile” e chiede alla Commissione di presentare una proposta per il nuovo quadro clima e energia 2030 prima di marzo 2014, tenendo conto anche degli obiettivi della Conferenza sul Clima nel 2015, cioè il raggiungimento di un accordo globale sul clima.
Inoltre, il Consiglio invita a considerare metodi di finanziamento innovativi, inclusa l’efficienza energetica e una diversificazione delle fonti più sistematica, continuando a sostenere le fonti energetiche rinnovabili, assicurando l’efficacia dei costi, la piena integrazione nel mercato e la stabilità della rete e tenendo presente l’esperienza di alcuni Stati membri che hanno investito in modo sostanziale nelle fonti rinnovabili. Allo scopo di facilitare gli investimenti in questo campo le azioni prioritarie saranno l’implementazione del Regolamento sulle Infrastrutture Energetiche Prioritarie (TEN-E), l’adozione in autunno della lista di progetti di comune interesse (PCI) e della Direttiva sulla diffusione di infrastrutture per i carburanti alternativi. Centrale poi la revisione delle regole per gli aiuti di Stato e fondo strutturali allo scopo di puntare su interventi mirati a facilitare gli investimenti economici e tecnologici in energia e ambiente, eliminando gradualmente i sussidi per i combustibili fossili dannosi all’ambiente e puntando sull’ efficienza energetica e delle risorse.
Da Strasburgo, dove contemporaneamente il Parlamento Europeo era riunito in seduta plenaria, il presidente Martin Schulz ha dichiarato che ”l’Ue deve fare dell’energia un progetto comune e dimostrare inoltre creatività. Un esempio di approccio di soluzione innovativa è la produzione di energia elettrica su piccolissima scala. Se non si riuscirà a trovare un approccio comunitario, incomberà la minaccia di rinazionalizzazione, e quindi di frammentazione, della politica energetica e climatica”.
Non a caso gli eurodeputati si sono schierati a favore di target obbligatori per le rinnovabili. Nel 2030, si potrebbe arrivare fino al 40, 45% di rinnovabili nel mix energetico europeo. Con questo voto il Parlamento invita la Commissione a proporre per le energie rinnovabili un obiettivo vincolante e chiaro perché solo così si contribuirà allo sviluppo di un’economia verde e al raggiungimento di una maggiore sicurezza energetica, favorendo, inoltre, la creazione di nuovi posti di lavoro verdi e il ritorno degli investitori.
Parallelamente, dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) arrivano due studi sulla cosiddetta “riforma fiscale ambientale” (ETR). Come risanare i bilanci degli Stati membri, creare posti di lavoro ed incentivare la crescita economica? Questa è la domanda che si pone l’EEA. La risposta è la seguente: spostando il carico fiscale, per esempio dal lavoro alla produzione e al consumo di quei beni e servizi che sono dannosi per l’ambiente, come l’uso insostenibile delle risorse e l’inquinamento, nonché la rimozione dei sussidi ai combustibili fossili. Attraverso le tasse ambientali, in primo luogo, si intende rendere più costosi alcuni beni o attività; in secondo luogo le entrate extra così ottenute sarebbero poi ridistribuite, direttamente o indirettamente, in ambito economico. Il terzo effetto dovrebbe essere quello di favorire l’occupazione e l’eco-innovazione; il quarto dovrebbe essere rappresentato dai benefici ambientali, come la riduzione dell’inquinamento, derivanti dall’efficace applicazione della riforma. Un ulteriore conseguenza positiva sarebbe quella di modificare il comportamento dei consumatori, orientando i loro acquisti verso prodotti meno tassati e quindi meno inquinanti.
L’Agenzia arriva a questa conclusione dopo avere esaminato i possibili effetti di una tassazione “green” in quattro paesi in cui la crisi economica si è fatta particolarmente sentire: Portogallo, Spagna, Irlanda, Spagna ed Italia. Nel rapporto vengono anche prese in esame le esperienze della ETR in tutta Europa. L’analisi delle politiche realizzate, per esempio, in Germania e nei Paesi Bassi ha dimostrato che la riforma fiscale e altri strumenti di politica ambientale hanno effetti ampiamente positivi sull’aumento dell’innovazione. I risultati migliori sono stati ottenuti in Germania, dove la tassazione ambientale ha creato circa duecentocinquanta mila posti di lavoro.
Aumentare l’occupazione, migliorando l’ambiente e la salute delle persone, questo, in sintesi, l’effetto della ETR, visto che, sempre secondo l’EEA, le tasse ambientali favoriscono un più rapido conseguimento degli obiettivi green imposti dall’Unione Europea, implementando, allo stesso tempo, i ricavi degli Stati membri.
Beatrice Credi