Diesel bandito dalle grandi città? Un futuro che potrebbe non essere troppo lontano
“L’85% dell’inquinamento atmosferico è provocato dai motori diesel. Diverse grandi città come Parigi, Madrid, Atene stanno predisponendo provvedimenti per bandire i diesel dalle città nei prossimi anni…”. Le recenti dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente della Città di Torino, Stefania Giannuzzi, sono “una bomba” pronunciate nella “città dell’auto”, perché, per la prima volta, non guardano alla categoria o all’età del veicolo, ma ipotizzano, in un futuro non troppo lontano, una tolleranza zero nei confronti di qualsiasi motore diesel, come sembrerebbe che stiano pensando di fare anche altre città europee.
L’Amministrazione di Madrid, per esempio, ha in progetto di suddividere la città in zone pedonali, accessibili soltanto ai residenti e ai mezzi a bassissime emissioni, destinati solo alla consegna merci. A Parigi, il sindaco Anne Hidalgo prepara la città al bando definitivo attraverso le restrizioni alla circolazione di autoveicoli immatricolati tra il 1 gennaio 1997 e il 31 dicembre 2000, la pedonalizzazione di una parte della Senna e la chiusura mensile degli Champs-Elysèes.
Secondo l’assessore del capoluogo piemontese c’è la ferma intenzione di “adottare delle limitazioni più restrittive alla circolazione veicolare urbana, che saranno in vigore sin da subito (in atto già dal 15 febbraio) mentre, dal prossimo mese di settembre, verranno messe in campo delle misure permanenti più rigorose nei confronti di veicoli privati e commerciali”.
Come prevedibile, le reazioni di fronte ad una presa di posizione tanto risoluta a favore della salute dei cittadini (come ha ribadito in un video la sindaca Chiara Appendino) non si sono fatte attendere: la CNA (Confederazione Nazionale Artigianato) di Torino, con una dichiarazione rilasciata al TgR Piemonte e riportata sul proprio sito ufficiale, ha chiesto un incontro con l’amministrazione della città, ritenendo le misure in agenda “eccessivamente penalizzanti per le attività commerciali”. “Preso atto che dopo cinque giorni di blocco dei veicoli Euro 3 diesel e tre giorni di contestuale blocco degli Euro 4 diesel i livelli di micropolveri (PM10) nell’aria monitorati dall’Arpa a Torino continuano a rimanere fuori norma, occorre ripensare completamente i provvedimenti cosiddetti antismog in modo da non penalizzare inutilmente l’attività economica di migliaia di imprese artigiane e commerciali” – si legge nella nota, che prosegue: “Al Comune chiediamo pertanto di convocare con urgenza il tavolo tecnico sulle misure antismog per concertare misure efficaci e sostenibili per il contrasto dell’inquinamento e predisporre, in vista dell’autunno, provvedimenti ragionati e non penalizzanti per le attività d’impresa”.
Fin qui la “normale” (per l’Italia) presa di posizione a tutela della categoria. Fa però sorridere vedere come, inevitabilmente, chiunque si senta colpito nei propri interessi privati, finisca sempre per invocare “dati scientifici chiari sulle cause che concorrono alla formazione dei quantitativi di PM10 monitorati dall’Arpa“, quando i dati scientifici e le rilevazioni abbondano ormai da decenni (la solita tecnica della dilazione ben evidenziata dal nostro direttore in occasione del referendum sulle trivelle). Ma soprattutto che la CNA intenda chiedere “un parere ufficiale dei principali costruttori di automobili rispetto ai livelli di inquinanti emessi dai veicoli diesel Euro 5 ed Euro 6”. Come chiedere al verduriere se la sua verdura è buona – soprattutto dopo gli scandali dieselgate.
Dalle case automobilistiche, al momento, non giungono infatti “dichiarazioni ufficiali” in nessun senso. Anche noi abbiamo provato a contattare gli uffici stampa di FCA, Audi e Volkswagen ma senza esito.
Di certo c’è che il diesel è sotto attacco da tempo e, soprattutto alla luce delle perdite economiche, la linea generale sembra quella di prepararsi ad investire in soluzioni alternative. Lo stesso Sergio Marchionne (non propriamente un fan della green economy) nel gennaio di quest’anno, durante il Salone dell’Auto di Detroit, ha dichiarato a Quattroruote: “Per via degli eventi degli ultimi anni, il diesel oggi si ritrova con una pessima e ingiusta reputazione. Il dato di fatto è che l’adeguamento dei motori al prossimo step delle norme europee sulle emissioni lo mette a rischio di fattibilità economica, con costi che andrebbero al di là di quelli degli ibridi elettrico-benzina. Basti un dato, adeguare l’80% dei nostri motori alle norme future comporta un investimento di mezzo miliardo di euro. È chiaro che a queste condizioni il futuro del diesel nel campo automobilistico è seriamente a rischio”. Una conferma indiretta che l’applicazione di misure di fiscalità ecologica (più inquini più paghi) faciliterebbero quella conversione verso una mobilità maggiormente sostenibile che in tanti chiediamo da anni.
Anche Volkswagen, protagonista del più noto dei Dieselgate, si allinea al pensiero dell’amministratore delegato di FCA: “Bisognerà chiedersi se, a un certo punto, sarà ancora il caso di investire tanto denaro nello sviluppo del diesel”, ha recentemente dichiarato Matthias Muller, CEO della casa automobilistica tedesca.
Andrea Ferrari Trecate