Copenhagen sempre più vicina, ma sempre più lontana.
Il tiro alla fune continua a un mese da Copenhagen e le prospettive non sono particolarmente incoraggianti.
Era solo luglio quando Obama dichiarava di fronte al mondo intero che gli Stati Uniti erano pronti per “dare l’esempio”e guidare una nuova battaglia sul clima.
Oggi l’entusiasmo sembra non essere più lo stesso e il Senato americano esita nell’approvare il taglio delle emissioni proposto dalla Casa Bianca.
Voci di corridoio danno addirittura come incerta la presenza del neo-premio nobel nella capitale danese dati i pochi risultati attesi.
L’ondata di pessimismo fa indietreggiare anche il Presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso che considera il vertice di Copenhagen la giusta sede per il raggiungimento di un accordo quadro, ma nulla di più, almeno fino al prossimo anno.
Ancora fiduciosa risulta invece Angela Merkel. Il 3 Novembre scorso a Washington, il cancelliere tedesco ha ribadito che, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2°C, occorre che tutti i Paesi siano disponibili ad accettare obbligazioni vincolanti.
Della necessità di creare una struttura legalmente vincolante parla anche il WWF, che ha avanzato dieci richieste per l’accordo di Copenhagen. Riprendendo le proposte della negoziatrice boliviana Angelica Navarro, il documento sottolinea la necessità per i Paesi Sviluppati di ridurre le emissioni del 40% entro il 2020, contribuire economicamente al processo di adattamento dei Paesi in via di Sviluppo e favorire il trasferimento nord-sud di tecnologie. Inoltre, sempre secondo il WWF, occorrerebbe potenziare gli investimenti per le “alternative verdi” e fermare la deforestazione in Amazzonia.
I costi di un tale programma ammonterebbero a circa 400 miliardi di dollari, spesa alla quale pare che ben pochi paesi intendano contribuire.
Non resta che attendere i risultati dei Barcelona Climate Change Talks in chiusura domani nella città spagnola e sperare che a Copenhagen si possa andare oltre le generiche “dichiarazioni di intenti”.
Ilaria Burgassi