Clima e energia al 2030: la sfida (a colpi di lettere) tra due opposti modelli di sviluppo
Sono giornate intense queste alla Commissione Europea: a Bruxelles si stanno prendendo decisioni fondamentali per il futuro prossimo in merito agli obiettivi su clima ed energia al 2030. Al momento il target europeo al 2020 è quello fissato nella cosiddetta “Direttiva 20-20-20“ (ridurre del 20%, entro il 2020, le emissioni di CO2, incrementare di un 20% le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica). Ma la discussione è ora aperta su come proseguire la decarbonizzazione del sistema economico ed energetico europeo, e in particolare su due punti: l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra e il target di energie rinnovabili al 2030.
Il 9 gennaio scorso le Commissioni Industria & Energia e Ambiente del Parlamento Europeo, in seduta congiunta, avevano approvato una risoluzione secondo la quale i nuovi obiettivi al 2030 dovrebbero essere duplici: una riduzione delle emissioni di gas serra del 40% e una quota di energia da fonti rinnovabili del 30%. Target ambiziosi, in linea con la Roadmap 2050 dell’Europa, che prevede una decarbonizzazione dell’economia europea fino al taglio delle emissioni dell’80% entro il 2050. I Ministri dell’Ambiente, tra cui anche il Ministro Orlando, hanno inviato, nelle settimane scorse, una lettera alla Commissione dichiarandosi favorevoli a sostenere questi nuovi obiettivi.
La battaglia europea adesso si gioca in casa. In Italia vede, da una parte, Confindustria, che in una lettera a Enrico Letta firmata dal Presidente Squinzi si dichiara contraria a obiettivi vincolanti tanto ambiziosi; dall’altra il Ministero dell’Ambiente, le associazioni ambientaliste e una parte delle aziende italiane, che vedono invece in questa rivoluzione “green” un’opportunità di crescita anche economica. Nella lettera di Squinzi al Presidente del Consiglio si legge: “Riteniamo che la presa di posizione contenuta nella lettera congiunta inviata da alcuni ministri europei dell’Ambiente, tra i quali quello italiano, alla Commissione Europea a sostegno di un ambizioso obiettivo vincolante di riduzioni di emissioni di gas serra del 40% a livello domestico, non possa rappresentare la posizione del governo italiano“. I nuovi obiettivi europei rischierebbero, secondo il leader di Confindustria, “di penalizzare ulteriormente le imprese italiane [...] a fronte della perdurante assenza di un accordo globale vincolante che stabilisca condizioni paritarie tra le industrie concorrenti a livello internazionale”.
Una posizione che suona piuttosto anacronistica, se si considera quanto sia ormai evidente che ridurre le emissioni di CO2 e altri gas serra costi meno che riparare i danni economici dei cambiamenti climatici (senza considerare i più tragici danni umani, come i recenti avvenimenti nelle Filippine e in Sardegna ci hanno ricordato). A Bruxelles si stanno dunque scontrando due visioni del sistema economico e industriale del futuro. Quello rappresentato dalla lobby degli industriali “passatisti” sembra ancorato a una certa visione dell’economia statica, senza innovazione, assistenzialista, non concorrenziale. E’ un’industria che gioca in difesa, cercando solo di tagliare le spese, anche quando ci sono chiari spazi per passare al contrattacco. Le rinnovabili, benché favorite dagli incentivi statali, hanno dato prova tangibile di poter creare ricchezza, nella migliore forma: ricchezza distribuita, soprattutto per il ceto medio, che conserva una propensione al consumo idonea a generare spesa e quindi altra ricchezza, una manna per uscire dalla crisi economica in corso.
La battaglia epistolare è proseguita con la risposta di alcune associazioni ambientaliste alle affermazioni di Confindustria. Una nuova missiva per il premier Letta, firmata anche dal Coordinamento FREE, l’associazione delle fonti energetiche e dell’efficienza energetica. E infine la European Alliance to Save Energy (EU-ASE, associazione europea di multinazionali con siti produttivi in tutti i 28 Stati Membri dell’UE, più di 150.000 impiegati e un fatturato aggregato di oltre €70 miliardi), che ha scritto al Presidente del Consiglio, per chiedere il supporto del Governo italiano a favore di “un ambizioso pacchetto EU per l’energia e il clima” per il 2030.
Domani, 22 gennaio, sapremo forse che direzione prenderà l’Europa. La Commissione continuerà il dibattito sull’aggiornamento degli obiettivi e presenterà le proposte per il nuovo pacchetto clima ed energia, che approderanno al Parlamento Europeo in febbraio.
Veronica Caciagli