Cinquanta sfumature di verde. Ma neanche un partito
Il verde (nella tonalità smerlado, 17-5641, per la precisione) sarà il colore dell’anno 2013. Lo ha decretato, pochi giorni fa, il Pantone Color Institute del New Jersey.
Nell’articolo “Gli italiani sono più verdi di una volta“, pubblicato il 13 dicembre scorso su Focus.it si evidenzia invece come, secondo una ricerca Ipsos per Conai, gli Italiani sarebbero oggi più attenti all’ecologia di quanto lo fossero 15 anni fa (deo gratias). “Il primo dato – scrive Sabina Berra - è che l’attenzione per l’ambiente, visto come un bene comune da tutelare, è recente: risale a circa 5 anni fa“. Ma, precisa l’articolo, “il tema non appassiona gli italiani (più preoccupati della crisi economica)”, anche se, conclude l’autrice, “minore preoccupazione non significa scarsa attenzione”. “Tutti gli intervistati – si legge infatti – sono convinti che sia l’occasione per sentirsi parte di ‘una rivoluzione delle piccole cose’ dove ognuno è invitato a fare la propria parte. Anche se sono consapevoli che il vero cambiamento culturale deve ancora arrivare e ci sarà soltanto se aiutato da leggi piuttosto dure”.
Ma – dure o non dure – chi le proporrà e voterà in Parlamento quelle leggi? Come infatti ha rilevato Aldo Cazzullo, in un lucido editoriale dal titolo “La scomparsa degli ecologisti“, sulla prima pagina del Corriere della Sera di ieri, “In attesa del dimezzamento dei parlamentari e della sparizione degli inquisiti, c’è già una categoria esclusa o quasi dal Parlamento: gli ambientalisti”. Già perché, diversamente dalla Germania – dove i Verdi sono da venticinque anni il terzo partito del Paese, governano il land del Baden-Württemberg e, sec0ndo alcune previsioni, potrebbero addirittura arrivare, in coalizione, al governo del Paese – e diversamente dalla Francia, dove viaggiano da tempo intorno al 16% e sono già oggi al governo insieme al presidente Hollande, i Verdi italiani non sono nemmeno più in Parlamento e difficilmente ci torneranno a febbraio, di questo passo. Il “cambio” pagato dal presidente Angelo Bonelli non sembra infatti particolarmente vantaggioso: la perdita di un “pezzo da 90″ come Monica Frassoni (formalmente fuori dal partito italiano già dal 2009, ma recentemente rieletta co-presidente dei Verdi Europei, con il 96% dei consensi) – che si presenterà alle elezioni italiane come indipendente nelle liste di SEL – per un’alleanza “arancione” con la pur nobile lista dell’ex magistrato Antonio Ingroia.
E pensare che meno di due anni fa avevamo plaudito alle dichiarazioni di Angelo Bonelli che, scrivendo una lettera a La Stampa in vista della Costituente Ecologista, era riuscito a convincere anche Mario Calabresi: ”Non lascio quasi mai spazio a lettere di politici in questa rubrica – scriveva il direttore del quotidiano torinese – faccio un’eccezione perché Bonelli, che ha preso la guida di un partito che era sulla via del dissolvimento, ci spiega perfettamente quale è stata la «malattia» che ha impedito al movimento ecologista italiano di affermarsi e di crescere come è accaduto in altri Paesi europei. Il problema è stato quello di ideologizzare un tema – quello dell’ambiente e della salute – che nel resto del mondo ha declinazioni universali”. Esattamente. “I Verdi in Germania - scriveva Bonelli stesso nella lettera del 2011 – sono diventati una forza politica popolare, in grado di attrarre consensi sia nei bacini conservatori che in quelli di sinistra” e di contro “I Verdi Italiani, negli ultimi 15 anni, hanno avuto una caratterizzazione fortemente ideologizzata, collocata nel perimetro della sinistra radicale. Questo è stato un grande errore politico perché la proposta ecologista riguarda tutti i cittadini e non solo una parte. La collocazione politica dei Verdi nella sinistra radicale ha impedito la crescita di consenso”.
“Sulle note di Ma il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano – scriveva ancora la nostra Veronica Ulivieri, pochi giorni dopo la lettera di Bonelli - è cominciata una fase di traghettamento dei Verdi italiani verso una nuova era, un modo diverso (si augurano in molti) di fare politica“. E già allora un sondaggio effettuato da Ipr marketing diceva che «il progetto è in sintonia con le esigenze degli italiani», incoraggiando l’ottimismo degli ambientalisti con l’ormai ricorrente classifica, secondo la quale «nell’immaginario collettivo, le problematiche relative all’ambiente sono al terzo posto, dopo economia e lavoro e prima della questione sicurezza».
Passano 19 mesi e il “solito Noto” (inteso come Antonio, direttore di Ipr Marketing), incaricato del sondaggio dall’API di Francesco Rutelli, ci dice oggi, nuovamente, che per il 72% degli italiani la green economy è “volano di crescita“. O meglio: “L’80% degli intervistati ritiene che l’ambiente in tempo di crisi sia non un vincolo ma un’opportunità per sviluppare un sistema nuovo, più attento a evitare sprechi. Il 73% condivide l’idea che la crisi economica comporti una svolta ‘green’ a favore di produzioni verdi, riorganizzazione dei trasporti e edilizia, impiego di fonti energetiche rinnovabili. Il 72% pensa che la ‘green economy’ favorirà in futuro la creazione di nuovi posti di lavoro”. Wow, mi verrebbe da dire! Poi però leggo anche che, passati i 19 mesi, il “solito Angelo” (inteso Bonelli, presidente dei Verdi), invece di concentrarsi sui temi della green economy e “allargare il tiro” (per pescare nel bacino degli elettori trasversali), ricasca nel vecchio errore e si allea con il “giustizialista” (che lo sia o meno poco conta, perché tale è percepito da un’ampia parte di elettorato) Ingroia, mandando al diavolo tutti i bei discorsi del 2011.
E leggo ancora che anche gli altri partiti non sembrano offrire maggiori speranze “verde smeraldo” per le prossime elezioni 2013: “il Pd – ricorda Cazzullo nel suo editoriale – rinuncia a nomi storici, come Roberto Della Seta” (il quale ha dichiarato: «Non siamo insostituibili. Il punto è che non siamo stati sostituiti») e Francesco Ferrante, tenendosi in lista solo Ermete Realacci. «Nelle varie agende l’ambiente latita» scrive ancora Cazzullo e, intanto, “l’agenda verde” presentata ieri dal non-candidato Ministro dimissionario Corrado Clini, come lascito al futuro governo (Monti?), passa praticamente inosservata dai grandi media. Solo Beppe Grillo non ci sta e sul blog affida a Claudio Messora la replica a Cazzullo, al quale viene ricordato (molto modestamente) che “il MoVimento 5 Stelle, oggi, è il punto di riferimento per le politiche ambientali in Italia“. Sarà vero, ma da ambientalista “europeo” che non ama molto il folclore grillino e le profezie casaleggine, non riesco, francamente, a gioirne più di tanto. E mi chiedo ancora una volta: quando riusciranno i Verdi italiani a concentrarsi, in campagna elettorale, sui temi della green economy e a diventare un moderno partito europeo, per il quale i termini destra, sinistra e centro non abbiano più senso, ma solo la condivisione di una sfida comune, per l’ambiente, i cittadini e l’economia?
Andrea Gandiglio