Cambiamenti climatici: parte oggi a Marrakech la COP22, per dare gambe all’Accordo di Parigi
Con l’entrata in vigore, il 4 novembre, del nuovo Accordo globale sul Clima registrato alla COp21 di Parigi (#ParisAgreement) è stato segnato un momento storico della lotta per regolare le emissioni di gas ad effetto serra, individuate ormai con certezza, dalla scienza, come maggiori responsabili dell’aumento della temperatura del Pianeta e dei conseguenti danni all’ambiente e alla salute dell’uomo.
L’Accordo di Parigi rappresenta la nuova “piattaforma internazionale” per affrontare i cambiamenti climatici, alla cui negoziazione hanno partecipato circa 200 paesi attraverso l’ADP (Ad Hoc Durban Platform), ovvero il gruppo negoziale a cui fu affidato il compito di preparare l’Accordo nell’ambito della 21°Conferenza delle Parti (da qui l’acronimo COP) della Convenzione Quadro per la lotta contro i cambiamenti climatici, tenutasi nella capitale francese a dicembre 2015.
Nel 1997 fu adottato il Protocollo di Kyoto (ratificato solo nel 2005), primo passo verso la definizione di target di riduzione vincolanti, che fissava per i Paesi industrializzati l’obiettivo di ridurre almeno del 5% le emissioni complessive di gas serra rispetto ai valori del 1990, per il periodo dal 2008 al 2012. Gli Stati Membri dell’Unione Europea, in quell’occasione, attuarono gli impegni congiuntamente, come consentito dall’art. 4 del Protocollo. Nel dicembre 2012, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha, le Parti del Protocollo di Kyoto decisero poi di adottare il cosiddetto “Emendamento di Doha” che istituiva un secondo periodo di impegno, dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2020, con un obiettivo di riduzione delle emissioni per le Parti elencate nell’annesso I della Convezione UNFCCC.
Questi, in estrema sintesi, gli step che hanno portato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a firmare ufficialmente, il 22 Aprile 2016 – durante la Giornata Mondiale della Terra - l’Accordo di Parigi emerso, dopo lunghe e complesse negoziazioni, alla fine della COP21. Un accordo entrato “velocemente” in vigore, 30 giorni dopo l’adesione di almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni, come previsto dal Trattato.
L’Italia – che dovrà partecipare alla prima capitalizzazione del “Green Climate Fund” (con 50 milioni di euro per ogni anno, dal 2016 al 2018)- ha ratificato l’Accordo di Parigi sul filo del rasoio, il 19 ottobre alla Camera e il 27 ottobre al Senato (poco prima dell’entrata in vigore ufficiale), con il disegno di legge “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015” – giusto in tempo per potersi sedere tra i protagonisti attivi alla nuova Conferenza delle Parti annuale che apre oggi a Marrakech.
La COP22 si terrà nella città marocchina dal 7 al 18 novembre e avrà il delicato compito di stabilire i dettagli di implementazione di quanto deciso nell’Accordo di Parigi. Durante la Conferenza di Marrakech si prevede, tra le altre cose, di decidere sull’Istituzione del Comitato di Parigi sulla Capacity Building (PCCB); affrontare la review del Meccanismo Internazionale di Varsavia (WIM) sulla perdita e il danno; iniziare a costruire le modalità per riconoscere gli sforzi di adattamento nell’ambito del Global Stocktake e su come le valutazioni dell’IPCC debbano sostenere questo decisivo processo di confronto sugli sforzi messi in campo; avviare il processo per definire le informazioni da comunicare sulla finanza del clima. Tutti tecnicismi molto complessi e apparentemente avulsi dalla realtà quotidiana, ma che determineranno il successo o meno dell’applicazione concreta dell’Accordo di Parigi.
Francesca Sirico*
* Coordinatrice del gruppo di discussione Ambiente & Diritto