Approvato il decreto Ronchi: cambia la gestione delle risorse idriche
E’stato approvato ieri dalla Camera, in via definitiva, il decreto legge Ronchi che, tra gli altri provvedimenti, contiene la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, compresa la gestione delle risorse idriche.
La cosiddetta “privatizzazione dell’acqua” ha scatenato pesanti reazioni da parte delle associazioni ambientaliste e dei “verdi”, mentre già in aula, alla lettura delle votazioni, l’Italia dei Lavori ha voluto polemizzare sollevando cartelli con il monito: ”Giù le mani dall’acqua!”.
Il Ministro delle Politiche Comunitarie Andrea Ronchi ha prontamente replicato dicendosi amareggiato per la strumentalizzazione politica di un provvedimento che pone fine “all’immobilismo e ai monopoli”. “L’acqua” ha voluto chiarire il ministro “è un bene pubblico” e il decreto “non ne prevede la privatizzazione“. ”Si vogliono combattere i monopoli, le distorsioni, le inefficienze con l’obiettivo di garantire ai cittadini una qualità migliore e prezzi minori”.
Di diverso avviso Legambiente che, ricordando gli esempi negativi dei Paesi che hanno intrapreso la privatizzazione delle risorse idriche, ha commentato duramente: “con questa legge si disperde e si mercifica un patrimonio prezioso, bene comune, il cui utilizzo deve rispondere ad assoluti criteri di utilità pubblica“. Secondo il Presidente, Vittorio Cogliati Dezza “si sta scegliendo deliberatamente di penalizzare una gestione pubblica, che molte volte ha garantito il principio delle 3 E: efficienza, efficacia, economicità”.
Anche il presidente onorario del WWF Fulco Pratesi, alla vigilia della votazione, aveva lanciato un appello ai deputati della Lega, dubbiosi circa il provvedimento: “ci rivolgiamo a voi, impegnati nel voto al decreto Ronchi, per un estremo appello affinché venga stralciato l’articolo sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua, che spazza via qualsiasi possibilità di partecipazione e coinvolgimento delle comunità e delle amministrazioni locali nella gestione di un bene comune e un diritto fondamentale come l’acqua“. Ricordando che l’Italia non ha ancora applicato la Direttiva europea 2000/60, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, il WWF sostiene inoltre che la gestione delle risorse idriche dovrebbe avvenire a livello di bacino idrografico.
Ma cosa è contenuto in realtà nel decreto Ronchi convertito in legge? Bisogna innanzitutto distinguere tra “gestione” e “proprietà”. Il bene “acqua” conserva infatti natura pubblica mentre, come ricorda Il Sole 24 Ore , viene introdotta la possibilità di cedere a operatori privati la gestione degli acquedotti, delle fognature e della depurazione delle acque. L’affidamento del servizio dovrà avvenire attraverso una gara di pubblico appalto, in cui sarà, a questo punto, rilevante verificare i requisiti richiesti a livello di investimenti, manutenzione e qualità del servizio. Tutto si gioca dunque sul corretto indirizzo e controllo da parte dell’ente pubblico, unica garanzia che le capacità industriali di un operatore privato possano effettivamente essere messe a frutto per garantire una modernizzazione del sistema e un’auspicabile riduzione dei prezzi – come dovrebbe avvenire in regime di concorrenza di mercato. Ben diverso sarebbe se ci trovassimo di fronte all’ennesima privatizzazione di un monopolio.
Andrea Gandiglio
Sulle altre novità contenute nel decreto Ronchi, tra cui il rispetto obbligatorio dei requisiti minimi europei di eco-compatibilità per lampadine e elettrodomestici, vedi “Cosa c’è nel Decreto Ronchi“, IlSole24Ore.com, 18 novembre 2009
Sulla distinzione tra “proprietà” e “gestione” si veda l’intervento dell’On. Maurizio Gasparri, “Per l’acqua il confine tra gestione e proprietà“, IlSole24ore.com, 7 novmebre 2009
Sui casi di cattiva gestione delle risorse idriche in Italia, Fabrizio Lazzaretti, “L’acqua alla gola“, Report, 15 ottobre 2006
Sulle carenze della rete idrica nazionale, E-Gazette, “Il sistema idrico colabrodo ci costa 110 miliardi di euro“, 23 novembre 2009