110% e lode: il Superbonus dà la carica alle “comunità energetiche rinnovabili”
Si aprono nuove opportunità per le “comunità energetiche rinnovabili“. Dopo il Decreto Milleproroghe di inizio anno, che ha dato una definizione precisa a queste associazioni, è arrivata un’altra spinta legislativa (il più recente Decreto Rilancio) che prevede importanti incentivi fiscali per gli impianti realizzati da questi gruppi organizzati di persone o di imprese, organizzazioni che producono e condividono energia pulita e che possono rappresentare una via alternativa per la transizione energetica dell’Italia e un contributo al raggiungimento degli obiettivi sul clima.
Le comunità energetiche rinnovabili, secondo la recente definizione, sono associazioni di cittadini, attività commerciali o imprese che si uniscono per produrre e condividere energia elettrica da fonti pulite. In altre parole, singoli privati, negozi o aziende e uffici nello stesso stabile che decidono di unirsi per dotarsi di un impianto da fonte rinnovabile, con una potenza complessiva non superiore a 200 kW, e condividere l’energia prodotta o per il consumo immediato, utilizzando la linea di distribuzione elettrica esistente, o per stoccarla in sistemi di accumulo (e utilizzarla quando necessario).
Diffuse ormai da diversi anni in alcuni paesi del Nord Europa, come Danimarca e Germania, non sono una novità di quest’anno nemmeno per l’Italia, visto che ad oggi se ne contano già 32 da Nord a Sud, dalle valli alpine, fino alle campagne del Mezzogiorno, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente. Tuttavia, grazie alla conversione in legge del Decreto Milleproroghe, nei primi mesi del 2020 si è introdotto anche in Italia il concetto di comunità energetiche, contenuto nella Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE), dandone una definizione precisa e dunque il via libera alla loro formazione. Inoltre, la nuova legge ha attribuito una dignità giuridica alle comunità energetiche, stabilendo i diritti dei singoli partecipanti e le modalità di scambio e condivisione di energia.
Un’ulteriore scossa allo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili è arrivata, infine, dal Decreto Rilancio, il cui testo finale, approvato nel corso dell’estate, ha allargato la platea di soggetti beneficiari del Superbonus 110%, includendo anche le comunità energetiche rinnovabili.
Il Superbonus, in generale, è una agevolazione che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di installazione di impianti fotovoltaici (come intervento “trainato”), oltre che di interventi antisismici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
In particolare, le comunità energetiche rinnovabili possono usufruire della detrazione fiscale per impianti di potenza fino a 200 kW (senza fare riferimento specifico alla tecnologia rinnovabile da adottare, anche se il fotovoltaico sembra essere quella che si presti a sfruttare meglio i vantaggi del provvedimento) come segue: i primi 20 kW hanno accesso al Superbonus (quindi all’aliquota al 110%), mentre per la potenza restante si applica l‘aliquota ordinaria del 50%, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate. Il tutto, entro il limite di spesa complessivo di 96.000 euro. Una soglia che potrebbe non coprire l’intero costo dell’impianto da 200 kW, ma l’incentivo fiscale previsto rappresenta pur sempre un importante passo in avanti per agevolare lo sviluppo di energia pulita a chilometro zero. Senza escludere che, a breve, si possa arrivare a una adeguata remunerazione dell’investimento e dei relativi costi. Si attendono infatti ulteriori interventi legislativi in merito, tra cui quello da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, chiamato a stabilire un incentivo specifico a sostegno di queste configurazioni.
Una possibile ulteriore spinta alle comunità energetiche rinnovabili potrebbe inoltre giungere anche dal Recovery Plan che l’Italia è chiamata a presentare quest’autunno per ottenere quelle risorse finanziarie necessarie al rilancio del paese a seguito della crisi economica innescata dal Covid-19. Una possibile “seconda rivoluzione” della generazione da fonti rinnovabili, attraverso una partecipazione dal basso (una delle novità di questo modello), che potrebbe essere una risposta non solo per sostenere la ripresa economica ma anche per accelerare la transizione energetica del paese prevista dal Green Deal europeo. Anche nel 2019 si è infatti confermato, secondo il rapporto di Legambiente, una crescita dell’energia pulita positiva in Italia, ma ancora troppo lenta, che rende difficile il raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati al 2030.
Redazione Greenews.info