Rifiuti radioattivi: la direttiva che responsabilizza l’Unione Europea
Dopo l’incidente di Fukushima l’azione dell’Unione Europea per rendere sempre più sicuro il territorio dell’Europa da disastri legati al nucleare, continua a ritmi serrati. Il Consiglio Europeo ha adottato infatti, lo scorso 19 luglio, la direttiva relativa alla gestione dei combustibili utilizzati negli impianti nucleari e dei rifiuti radioattivi.
Il Commissario alla Direzione Generale Energia, Günther Oettinger, ha dichiarato che l’adozione della direttiva “rappresenta un importante passo per la sicurezza dai rischi legati al nucleare nell’Unione Europea”, aggiungendo che “dopo anni di inattività e inazione, l’UE si appresta ad affrontare per la prima volta i problemi relativi alla gestione e allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi”. Questa direttiva inoltre, fa dell’UE “la regione al mondo maggiormente avanzata in campo di gestione dei rifiuti tossici e radioattivi”. Dalla dichiarazione del commissario Oettinger si evince l’importanza della direttiva stessa, che era stata già proposta nel novembre 2010 dalla Commissione Europea.
Per quanto riguarda gli aspetti puramente giuridici, la direttiva entrerà in vigore dal ventesimo giorno rispetto alla sua pubblicazione sul Giornale Ufficiale; gli stati membri avranno, dunque, due anni di tempo per trasformare la direttiva UE in legge nazionale. Da settembre 2011, poi, i singoli Paesi europei avranno tempo fino al 2015 per presentare i loro primi programmi nazionali in cui dovranno indicare quando, dove e in che modo gestiranno i depositi di stoccaggio finalizzati ad assicurare alti standard di salvaguardia. Nello specifico, questi programmi dovranno includere un piano caratterizzato da un calendario con le scadenza per la costruzione degli impianti, così come una descrizione delle attività necessarie per l’implementazione dei dispositivi di stoccaggio, e una previsione dei costi e del piano finanziario. Tutti i programmi saranno analizzati dalla Commissione Europea, che indicherà, a sua volta, eventuali modifiche, se necessarie.
In relazione ai contenuti, è necessario, prima di tutto, stabilire che tutti gli stati membri dell’UE producono rifiuti radioattivi, i quali sono generati non solo dalla produzione di energia elettrica da fonte nucleare, ma da una serie di attività quali la produzione industriale e agricola, quella ospitaliera nonché dalla ricerca.
La direttiva copre tutti i settori riguardanti la gestione dei rifiuti radioattivi, con la costruzione di centri di stoccaggio definitivo, provenienti da attività civili, e assicura che gli stati membri provvedano, in ambito nazionale, a garantire un elevato livello di salvaguardia e protezione dei lavoratori e dei cittadini in generale, contro i danni provenienti dalle radiazioni ionizzanti. Gli standard a cui ci si riferisce sono quelli stabiliti dall’Agenzia Internazionale sull’Energia Atomica (AIEA). A questo fine, gli stati membri dovranno stabilire e mantenere un framework nazionale che garantisca un programma in grado non solamente di gestire i rifiuti, ma anche di controllare e ispezionare, di rafforzare le azioni punitive come la sospensione delle attività, di ripartire le responsabilità, di informare l’opinione pubblica e di stanziare i finanziamenti. Per contro, ogni Paese EU potrà stabilire un’autorità normativa che assicuri comunque la propria indipendenza e responsabilità. Tutte le informazioni dovranno comunque essere disponibili e consultabili dai cittadini e dai lavoratori del settore, i quali avranno anche l’opportunità di partecipare ai processi decisionali.
L’esportazione dei rifiuti in Paesi terzi sarà strettamente legata ad alcune condizioni: i Paesi fuori dall’UE dovranno avere dei depositi di stoccaggio operativi, nel momento in cui i rifiuti verranno trasferiti. I depositi per i rifiuti altamente radioattivi dovranno essere depositi geologici molto profondi. Ma allo stato attuale dei fatti, questo tipo di depositi non esiste in alcuna parte del mondo, né ci sono dei progetti per una costruzione in Paesi terzi dall’Europa, tanto che la progettazione e la costruzione di un deposito di stoccaggio a norma prevede, oggi, un lasso di tempo minimo di quarant’anni. Ad ogni modo, nonostante la Commissione abbia, di fatto, bandito completamente la possibilità di esportare rifiuti radioattivi fuori dal territorio europeo e il Parlamento abbia votato a favore di questa scelta (durante la sessione plenaria dello scorso 23 giugno), la decisione finale spetta solamente al Consiglio.
Donatella Scatamacchia