ETS: tutte le compagnie aeree dovranno rispettare lo schema di emissioni
Una buona notizia di fine anno: la Corte Europea ha deciso che l’inclusione delle compagnie aeree extra-europee nello schema di riduzione delle emissioni europeo EU ETS (European Emission Trading Scheme) è legittima e non viola le regole del commercio internazionale, né del trasporto aereo. Finalmente, dunque, tutto il settore aereo entra, a pieno titolo, nella regolamentazione sul taglio delle emissioni di CO2, un passo importante per un settore responsabile di una larga fetta dei gas serra imputabili ai trasporti. Basti pensare che un passeggero di un viaggio aereo di andata e ritorno a New York è responsabile di oltre 2,5 tonnellate di emissioni di CO2, corrispondente mediamente all’ammontare di carbonio assorbito da tre alberi nel loro intero ciclo di vita.
La notizia giunge a ridosso dell’applicazione dello schema europeo per il settore aviazione, che entrerà in vigore il 1 gennaio 2012: tutti i voli aerei che coinvolgano aeroporti europei dovranno quindi essere inclusi nella direttiva, indipendentemente dalla nazionalità del vettore.
L’EU ETS è lo schema in base al quale le aziende di alcuni settori con forti emissioni di CO2 hanno un limite di quote di emissione annuale da rispettare. Se riescono a stare sotto questo limite, avranno quote da rivendere come crediti di CO2 (chiamati EUA, European Allowances); se superano la quantità di quote assegnate, dovranno acquistarne da aziende più virtuose.
La diatriba era nata su iniziativa di alcune compagnie aeree statunitensi, che avevano deciso di contestare il recepimento della direttiva in Gran Bretagna, la quale si era rivolta alla Corte Europea. Secondo le compagnie aeree le norme sarebbero “in aperta violazione” della sovranità nazionale e dell’accordo Open Skies, violando quindi principi giuridici internazionali. I giudici della Corte rispondono invece che “l’applicazione dell’EU ETS all’aviazione non infrange né i principi del diritto internazionale, né l’accordo Open Skies”. La direttiva, osservano i giudici, non intende essere applicata agli aereomobili che volano sopra il territorio europeo, ma solo a quelli che scelgono di operare una rotta commerciale arrivando o partendo da un aeroporto situato in Europa. Non ci sono quindi prospettive di appello per le aziende, in quanto la Corte è l’organo più alto nel giudizio a livello europeo: alle aziende non resta che adeguarsi.
L’industria del settore ora teme che questa decisione possa aprire il passo a guerre commerciali con Stati Uniti e Cina: una legge del Senato statunitense potrebbe impedire alle compagnie di prendere parte a sistemi di mercato delle quote di CO2, mentre la Cina ha paradossalmente minacciato azioni legali proprio in base al Protocollo di Kyoto, che impone misure di riduzione delle emissioni differenziate tra Paesi industrializzati ed emergenti.
Connie Hedegaard, Commissario Europeo al Clima da poco rientrata dalla Conferenza di Durban, dove è stata una dei protagonisti, commenta comunque con entusiasmo la notizia: “Sono ovviamente molto soddisfatta di vedere che la Corte ha concluso con chiarezza che la direttiva europea è completamente compatibile con la legge internazionale. Alcune compagnie aeree americane hanno deciso di sfidare la nostra legislazione in un tribunale. Così adesso noi ci aspettiamo che rispettino la legge europea.”
Anche Annie Petsonk, dell’International Council at the Environmental Defense Fund, chiede alle aziende del settore aviazione statunitensi di smettere di ostacolare i progressi legislativi e cominciare a lavorare sul rispetto della normativa sulle emissioni: “Gli americani hanno inventato l’aereo, adesso è il tempo di creare dei cieli amici del clima. La leadership europea sfida le compagnie aeree americane a prendersi carico di viaggi aerei puliti e realizzarli.”
Le compagnie aeree lamentano che la realizzazione delle direttiva costerà fino a 10 miliardi di Euro fino al 2020, con un aumento del costo del biglietto fino a 3 euro per i viaggi intercontinentali – il che, francamente, non sembra un costo insostenibile per un passeggero disposto a spendere qualche centinaio di euro. In realtà, per altro, le aziende riceveranno una parte delle quote in modo totalmente gratuito, calmierando così il costo complessivo dell’applicazione dello schema. A questo riguardo la Hedegaard, ribaltando la prospettiva ha sottolineato: “Con dei valori di riferimento le compagnie aree hanno ora la certezza del numero di quote che riceveranno gratuitamente ogni anno fino al 2020, quote che a prezzo di mercato rappresentano un valore di circa 20 miliardi di euro nel decennio. Con i ricavi potenziali le compagnie aree potrebbero procedere alla modernizzazione delle flotte, all’efficientamento dei consumi di carburante e all’utilizzo di combustibili non fossili per l’aviazione.”
Veronica Caciagli