Incentivi fotovoltaico: +10% ai cinesi d’Italia
Secondo la ricerca “Gli italiani ed il solare” dell’istituto IPR Marketing, presentata venerdì scorso durante la fiera Zero Emission Rome 2011, Il 92% degli italiani sarebbe favorevole al fotovoltaico, senza se e senza ma. I cittadini, dunque, sembrano sempre più inclini a questa fonte rinnovabile e la appoggiano incondizionatamente. Qualche “distinguo” permane invece tra gli operatori del settore, preoccupati da come possano evolvere gli scenari futuri, a seconda delle scelte politiche. Una novità in particolare, introdotta dal Quarto Conto Energia, li turba. Si tratta del bonus aggiuntivo del 10% concesso, rispetto alle tariffe incentivanti ordinarie, per quegli impianti che utilizzino moduli fotovoltaici e altri componenti “Made in UE”.
Di per sè l’intento del legislatore è positivo, ma qualche perplessità sull’applicazione del principio era emersa fin da subito. Così, ad esempio, si era espresso, già nel mese di luglio, Valerio Natalizia, presidente di ANIE-Gifi: “Evidenziamo –aveva detto Natalizia, in tempi non sospetti – la difficoltà legata al controllo della provenienza della materia prima per i moduli fotovoltaici extra UE e l’incertezza legata alla transitorietà, stabilita fino al 30 giugno 2012, delle disposizioni. Rileviamo inoltre l’impossibilità per i produttori EU di moduli ed inverter di produrre da subito i certificati di ispezione di fabbrica e le etichette sui prodotti conformi alle indicazioni del GSE.” “Al fine di dare il tempo a tutti i produttori EU di adeguarsi alle nuove regole e non bloccare il mercato, al MSE e al GSE – continuava Natalizia - abbiamo proposto la presentazione di una dichiarazione sostitutiva in attesa della certificazione richiesta e una deroga di qualche mese per la modifica sulle etichette dei prodotti. Per dare poi certezza alla filiera industriale e sbloccare gli investimenti abbiamo richiesto che le regole del regime definitivo siano rese note il prima possibile.”
Ciononstante, dopo la pubblicazione, da parte del GSE, delle procedure necessarie all’ottenimento dell’incentivo addizionale, è aumentata, tra gli operatori, la sensazione che permanesse poca chiarezza sulle norme, con la possibilità di storture e abusi contrari all’intendimento stesso della normativa, a vantaggio – per assurdo – di aziende extra UE, come quelle cinesi, che già praticano una politica dei prezzi molto aggressiva. Un pannello fotovoltaico, infatti, per poter essere “Made in UE” deve essere dichiarato tale da organismi di attestazione certificati ed indipendenti, tramite un certificato di ispezione di fabbrica rilasciato da un ente terzo notificato a livello europeo. Ovvero – poiché le norme per la verifica di conformità dei moduli sono emesse dalla IEC (International Electrotechnical Commission) e recepite in ambito nazionale – un ente che appartenga allo IECEE (IEC System of Conformity Assessment Schemes for Electrotechnical Equipment and Components).
Per poter considerare i pannelli realmente “Made in UE”, bisogna dunque che almeno la procedura di stringatura delle celle fotovoltaiche, l’assemblaggio, la laminazione e i test elettrici siano avvenuti in un Paese membro dell’Unione Europea. Per gli inverters (che trasformano la corrente da continua ad alternata, buona per essere immessa in rete) invece, si possono considerare fabbricati nell’ Unione Europea quelli che hanno avuto la progettazione, l’assemblaggio e i test di misura e collaudo all’interno di un sito produttivo situato in un Paese UE. Per le strutture, invece, e per altri componenti minori, si deve dimostrare la provenienza europea della fornitura presentando la documentazione necessaria all’ente di certificazione nell’ambito della “Factory Inspection“.
Ma in un mondo altamente globalizzato, queste norme sono veramente sufficienti a realizzare l’intento originale del Quarto Conto Energia, ovvero quello di proteggere e incentivare la filiera italiana (era questo il vero intento, anche se formalmente contrario al diritto comunitario) del fotovoltaico ? Sembrerebbe di no, visto che proprio durante Zero Emission Rome 2011 è stato ampiamente segnalato come aziende extraeuropee, presenti tra gli stessi espositori della Fiera di Roma, si vantassero di poter garantire pannelli “Made in UE”. Questo perché è chiaramente difficoltoso stabilire quali siano i giusti criteri di riconducibilità alla UE, del 60% del “costo di investimento sui componenti diversi da lavoro”.
Ecco perchè gli operatori, ulteriormente mazziati, chiedono ora regole certe per la riconducibilità al Made in UE. Alberto Giovanetti, segretario generale del Comitato Ifi, Industrie Fotovoltaiche Italiane, ricorda: “Abbiamo visto, in questi giorni, il lancio di moduli asiatici che affermano di poter accedere al maggior incentivo per il Made in Europe, ma la dichiarazione adottata, per altro smentita successivamente, non risponde ad alcuna regola definita dal legislatore. C’è una situazione di confusione inaccettabile, sulla quale chiediamo al GSE di mobilitarsi al più presto, per definire in modo chiaro le regole per la identificazione dei moduli prodotti extra UE ma con celle UE. Siamo disponibili a dare il nostro supporto anche per la redazione di queste norme, come abbiamo fatto per l’assemblaggio dei moduli prodotti in UE “. “Le imprese italiane stanno soffrendo - prosegue Giovanetti – e questo stato di confusione non fa altro che aumentare la sofferenza. Il cliente finale non ha chiarezza, viene anzi indotto in errore da dichiarazioni che poi, anche se smentite, provocano confusione”. A tutto vantaggio dei “cinesi d’Italia.”
Andrea Marchetti