Comunicazione ambientale. Un osservatorio per studiarla
Dal convegno organizzato ieri, dall’Istituto IEFE Bocconi, sulla comunicazione e informazione ambientale traspare un panorama variegato. In un’Europa in cui il 75% dei cittadini si dichiara disposto ad acquistare prodotti ambientali, anche se questo comporta un (piccolo) sovrapprezzo – indagine Eurobarometro 2009, il tema della comunicazione ambientale assume un’importanza cruciale per orientare le scelte dei consumatori. Se a questo aggiungiamo la necessità, per le istituzioni pubbliche, di informare i cittadini sulle politiche, le azioni e le campagne pubbliche, possiamo comprendere quanto ampio sia lo spettro compreso nell’espressione “comunicazione e informazione ambientale”.
Per monitorare lo stato della comunicazione ambientale in Italia, lo IEFE Bocconi ha creato l’Osservatorio Comunicazione e Informazione Ambientale (CIA), patrocinato dalla Rappresentanza a Milano della Commissione Europea e dal Ministero dell’Ambiente, con la partecipazione di Assocomunicazione. L’Osservatorio rinasce dalle ceneri dell’Osservatorio sull’Informazione e Partecipazione Ambientale, con il proposito di monitorare sia il settore pubblico che quello privato. “Lo scopo – dichiara Edoardo Croci, coordinatore dell’Osservatorio CIA – è di dare un contributo al miglioramento delle policies” in materia di accesso alle informazioni e di corretta comunicazione ambientale dei privati e “divulgare buone pratiche di comunicazione ambientale, anche attraverso la collaborazione con la Commissione Europea e il Ministero dell’Ambiente”.
E’lo stesso Croci a introdurre il framework normativo delle istituzioni pubbliche, spiegando come l’accesso alle informazioni di carattere ambientale sia regolato dalla Convenzione di Ahrus, siglata nel 1998 dagli Stati aderenti all’UNECE (United Nation Economic Commission for Europe). Questa Convenzione garantisce ai cittadini alcuni diritti fondamentali relativi alle tematiche ambientali, tra cui la possibilità di richiedere l’accesso alle informazioni (senza dover necessariamente fornire una motivazione alla richiesta) e di poter partecipare ai processi decisionali e all’elaborazione di piani e programmi in materia ambientale.
Il quadro è completato da Carlo Corazza, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea e autore del libro EcoEuropa. L”Unione Europea, speiga Corazza, ha la necessità di mostrarsi ai cittadini come una “casa di vetro”. La trasparenza degli atti e le campagne informative sono infatti un aspetto chiave nelle politiche europee. La Commissione Europea informa sull’ambiente principalmente attraverso il sito ufficiale e i rapporti dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, ma anche tramite eventi e conferenze pubbliche. Ed è inoltre tenuta a rispondere, entro 30 giorni - sotto l’occhio vigile dell’Ombudsman – alle richieste di informazioni di associazioni o singoli individui che ne facciano richiesta.
A Tania Molteni e Sabrina Melandri, dello IEFE Bocconi, il compito invece di parlare di un tema al quale Milano è particolarmente sensibile: la comunicazione ambientale dei grandi eventi. La gestione dei flussi di persone, gli aspetti legati alla mobilità, l’impatto delle strutture destinate a rimanere sul territorio anche dopo la fine dell’evento, le risorse naturali utilizzate, sono tutte problematiche di sostenibilità ambientale nell’organizzazione di grandi eventi che si ripercuotono nella comunicazione. Che, con l’arrivo dell’Expo 2015, Milano è obbligata a tenere in considerazione. Così come il coinvolgimento degli stakeholder, che sarà discusso l’11 novembre prossimo durante il primo Forum della Valutazione Strategica Ambientale.
Se per le Pubbliche Amministrazioni l’aspetto prevalente, nella comunicazione ambientale, è l’accesso alle informazioni e la modalità di diffusione, per i privati i punti salienti sono altri: le aziende comunicano le proprie performance ambientali per usufruire di un vantaggio competitivo e associare l’immagine aziendale a valori positivi. Da uno studio dell’Università Sant’Anna di Pisa è risultato che il 10% dei messaggi pubblicitari in Italia ha una connotazione ambientale. Di questi, sarebbe interessante approfondire quanti siano claim reali, e quanti semplici greenwashing.
A questo proposito interviene Diego Masi, Presidente di Assocomunicazione, che ricorda come in Italia, seppur i canali di comunicazione stiano cambiando, la TV sia il principale mezzo su cui le aziende continuano a investire: dei circa 10 miliardi spesi ogni anno in attività di comunicazione, oltre il 50% va alla TV, il 26% alla stampa e solo il 10% al web. Ma, al di là del mezzo, ciò che conta è l‘integrità del messaggio pubblicitario, illustrata da Masi citando il caso Dove, in cui una famosa pubblicità della campagna Dove Onslaught è stata ripresa e trasformata da Greenpeace in una denuncia verso l’azienda stessa per l’utilizzo dell’olio di palma (battaglia che Greenpeace ha vinto, dimostrando la forza dell’informazione).
Riemerge così, in tutta chiarezza, il tema della diffidenza del cittadino, già riscontrata nell’indagine dell’Eurobarometro: il 47% degli intervistati dichiara di non aver fiducia nei rapporti ambientali delle imprese, mentre solo il 6% dichiara di averne piena fiducia. Un dato su cui le aziende farebbero bene a riflettere.
Veronica Caciagli