Let’s change?
Metti insieme quattro musicisti, una canzone e 11.000 persone. Portali a Ostenda (in Belgio) su una di quelle interminabili spiagge del Mare del nord. PLAY. La musica ha inizio e una distesa di persone inizia a muoversi al ritmo di “Magnificent”. A questo punto, non resta che svelare la band: per chi non l’avesse ancora capito, loro sono gli U2, il gruppo che ha fatto ballare intere generazioni e che, per passione e vocazione (accompagnate da un pizzico di spirito imprenditoriale) hanno portato sotto i riflettori i temi sociali più scottanti.
Bono Vox e compagni hanno cantato per Amnesty International e Greenpeace, per i bambini di Chernobyl e per l’Angiogenesis Foundation. Solo due giorni fa la mezz’ora di concerto gratuito a Berlino per il ventennale della caduta del Muro.
Questa volta, il grido “Let’s change climate change”, online sul sito Danceforthe climate.org, è rivolto ai capi di stato e di governo che, dal 7 al 18 dicembre a Copenaghen, cercheranno di raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni di gas serra.
I quattro rocker irlandesi conoscono bene il tema dal momento che, il 7 luglio scorso, sono stati descritti dall’Independent non esattamente come una band “a impatto zero”.
Nonostante l’anno scorso, a Tokio, Bono dicesse: “la mia preghiera è che si inizi a prendersi cura del nostro pianeta”, il Tour360 non è risultato esattamente in linea con i buoni propositi dichiarati. Le 20.117,60 tonnellate di CO2 emesse durante il tour dalla band sarebbero state equivalenti, stando al sito Carbonfootprint.com, a quelle prodotte da una navicella spaziale per muoversi dalla terra fino a Marte. Diciamo che gli U2 potrebbero rimediare piantando 20.118 alberi, oppure, rinunciando a qualche spostamento con il loro jet privato che, da solo, genera 64,42 tonnellate di anidride carbonica.
In attesa che Bono, The Edge, Larry Mullen Jr. e Adam Clayton inizino, come ogni buon cittadino, “a prendersi cura del nostro pianeta”, balliamoci su.
Ilaria Burgassi