Greenpeace ai leader: adesso o mai più. E Berlusconi ci resta di ghiaccio.
E’ firmata Greenpeace la provocatoria iniziativa di posizionare ai Fori Imperiali di Roma – accanto agli antichi imperatori – una statua di ghiaccio raffigurante il Premier. Non si tratterebbe questa volta di un attacco, bensì di un tributo-monito a Silvio Berlusconi per la decisione di partecipare al vertice di Copenhagen, che inizierà il prossimo 7 dicembre – giorno in cui il mezzobusto dovrebbe essersi completamente sciolto.
“Andare a Copenhagen è sicuramente una decisione positiva – commenta Francesco Tedesco, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace – Tuttavia, oltre a partecipare alle ‘vetrine’ internazionali, occorrerebbe perseguire politiche coerenti qui in Italia, politiche che al momento non vediamo. Sul clima, Berlusconi rischia di essere dunque un leader che si scioglie“.
Il Presidente del Consiglio Italiano non è stato tuttavia l’unico a suscitare le attenzioni del movimento ambientalista. Da questa mattina, infatti, la facciata Sud della Hauptbahnhof di Berlino, quella di fronte alla cancelleria, é coperta da due poster di 28×18 metri: uno con l’immagine della Merkel, l’altro con l’appello “Frau Merkel: Salva il clima! Adesso o mai più. Protezione del clima adesso! Copenhagen 2009”. I poster, di 504 metri quadrati ciascuno, sono stati affissi da 12 ambientalisti con l’intento di ricordare alla Merkel che l’imminente summit sul clima non può permettersi di degenerare “in un festival della retorica politica” – scrive Greenpeace in un comunicato.
Ma non è tutto. Su iniziativa di Greenpeace e Tcktcktck.org, l’aeroporto di Copenhagen ospita decine di cartelloni pubblicitari raffiguranti i volti di Obama, Sarkozy, Brown, Merkel, Lula, Zapatero invecchiati di vent’anni. Accanto un amaro mea culpa: “Mi dispiace. Potevamo fermare gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici… non l’abbiamo fatto“.
Act now: change the Future. “Agisci ora: cambia il futuro”. Questo il claim per ricordare che il successo di Copenhagen potrà giungere solamente da un accordo equo, ambizioso e vincolante:
- un impegno da parte dei Paesi industrializzati a tagliare le emissioni del 40% al 2020 rispetto ai livelli del 1990
- un piano per fermare la distruzione delle foreste tropicali entro il 2020
- almeno 140 miliardi di dollari all’anno in risorse finanziarie pubbliche per contrastare i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo.
Ciò che viene spontaneo chiedersi è se, con tutto questo can-can di richieste e contro-richieste, non si corra il rischio dello stordimento confusionale, rimanendo invischiati nel consueto parlare, piuttosto che nell’agognato fare.
Andrea Gandiglio