Finanza per le persone e l’ambiente. Andrea Baranes (Banca Etica) anticipa i temi dell’incontro con Serge Latouche
Il 26 gennaio, Banca Etica ospiterà nella sede centrale di Padova il teorico della decrescita, Serge Latouche per la presentazione del suo ultimo libro e per un confronto con esponenti del Parlamento e del Governo italiani sulle nuove regole da dare alle banche e alla finanza perché tornino a operare nell’interesse delle persone e della sostenibilità. Interverranno Pier Paolo Baretta, Francesco Bicciato, Vanessa Camani, Anna Fasano, Giulio Marcon e Andrea Baranes, presidente della Fondazione culturale di Banca Etica, di cui pubblichiamo qui di seguito un lucidissimo e drammatico commento che anticipa alcuni dei contenuti dell’incontro.
Negli ultimi trent’anni il PIL mondiale in termini reali è raddoppiato, mentre si è moltiplicato per nove il valore degli attivi finanziari.
Negli USA nel dopoguerra la dimensione della finanza era pari a circa il 15% del PIL. Nel 1975 era ancora il 17%. Alla fine degli anni ’80 si era arrivati al 35%, dieci anni dopo al 150%. Nel 2006 aveva superato il 350% del PIL statunitense.
Una crescita ipertrofica – tanto in dimensione quanto in complessità – che non si è tradotta in un miglioramento dei servizi offerti, anzi. La finanza genera continue crisi e instabilità, mette in atto una serie impressionante di truffe e crimini che regolarmente coinvolgono le maggiori banche del pianeta. Al culmine del paradosso la finanza non riesce nemmeno ad assolvere al proprio principale compito, ovvero quello di fare da tramite tra chi ha dei risparmi e chi ha necessità di capitali. Da un lato un incredibile eccesso di liquidità, dall’altro un altrettanto grande mole di bisogni e necessità che non trovano finanziamenti. Con buona pace della “allocazione ottimale delle risorse” e dei “mercati efficienti”, idee che guidano le decisioni di politica economica da almeno un trentennio.
Strumenti come le opzioni binarie o la stragrande maggioranza dei derivati sono pure scommesse speculative che assorbono una gigantesca liquidità, mentre interi settori della società e dell’economia sono completamente esclusi dall’accesso al credito. E’ possibile scommettere sui prezzi del cibo mentre i piccoli contadini che quel cibo lo coltivano non hanno accesso ai servizi finanziari di base. Domanda e offerta di denaro non si incontrano, in un macroscopico quanto clamoroso fallimento del sistema finanziario.
La cosiddetta finanziarizzazione è il principale motore che spinge nella direzione di una distruzione dell’ambiente, dei diritti e dell’insieme della società. L’unico obiettivo è il massimo profitto nel minor tempo possibile. Le imprese sono passate dalla stakeholders value – ovvero creare valore per tutti i portatori di interesse – alla shareholders value, in cui l’unico interesse è quello degli azionisti. Non contenta di calpestare ambiente e diritti, oggi la finanza sta cannibalizzando lo stesso sistema economico di cui dovrebbe essere al servizio.
Secondo Il Sole 24 Ore: “Tra il 2005 e il 2015 le imprese dell’indice S&P hanno speso oltre 4.000 miliardi di dollari in buyback, oltre ai 2.500 pagati in dividendi, e nel 2015 questo trasferimento di ricchezza dalle aziende e le loro comunità agli investitori e soprattutto agli speculatori è arrivato a toccare il 115% dei profitti al netto delle tasse”. Il buyback è l’acquisto di azioni da parte dell’impresa stessa, spesso con l’obiettivo di diminuire quelle in circolazione per far salire artificialmente il prezzo dell’azione, i dividendi degli azionisti e i bonus dei manager. Se tali operazioni superano gli investimenti e persino gli utili significa che le imprese non innovano più, non investono più in ricerca e si indebitano unicamente per tentare di saziare l’appetito del Moloch finanziario.
In questo scenario il tema della decrescita - che si è già affermato nel dibattito accademico – merita senz’altro una riflessione anche nel settore finanziario. Una vigorosa cura dimagrante è tanto urgente quanto necessaria, ma più in generale bisogna ripensare l’intero sistema dalle radici. E’ possibile che la finanza pretenda di piegare l’insieme della società e delle regole ai propri diktat? La finanza è un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi o è un mezzo al servizio dell’economia e dell’insieme della società, e come tale deve mettersi in ascolto di bisogni e necessità per poi adattarsi e cercare delle risposte?
Una delle caratteristiche centrali della finanza etica è proprio quella di ragionare sull’impatto che si ha sul pianeta e i suoi abitanti, valutando le ricadute non economiche dell’agire economico per mettersi al servizio del bene comune.
E’ in questo quadro che il Gruppo Banca Etica ha deciso di organizzare un momento di riflessione sul tema della decrescita ospitando il prossimo 26 gennaio presso la sua sede di Padova Serge Latouche, il maggiore esperto e divulgatore del tema, che si confronterà con esponenti del Governo e del Parlamento italiani. Perché, al di là delle convinzioni personali, è necessario ragionare sul significato di decrescita in rapporto al sistema finanziario, e perché da questa riflessione possono provenire spunti e idee per essere meglio in grado di rispondere ai bisogni e alle sfide del prossimo futuro. Per continuare a “domandarsi facendo” e a capire insieme come creare una finanza che sia parte della soluzione e non uno se non il principale problema.
Andrea Baranes*
* Presidente Fondazione Culturale Responsabilità Etica