Vinitaly 2015: disseminazione e crescita del biologico
Ritorna la quiete a Verona dopo la 49° edizione di Vinitaly. Oltre 150 mila visitatori e operatori professionali provenienti da 140 paesi si sono ritrovati nella città veneta, per quattro giorni densi di avvenimenti dedicati al business, alla cultura e alle pratiche agronomiche del settore vitivinicolo.
Nell’anno di Expo, Vinitaly ha posto l’accento sull’importanza della sostenibilità anche nelle pratiche vitivinicole. A partire dalle settanta cantine con oltre 500 etichette certificate biologiche nel secondo anno di vita di Vinitalybio, padiglione specializzato organizzato in collaborazione con Federbio. Ma oltre ai presenti dell’area esplicitamente “bio” sono ancora più numerose le cantine certificate biologiche “sparse” tra i padiglioni territoriali, i vignaioli indipendenti della FIVI e quelli artigianali dell’area VIVIT. Il biologico, dunque, dilaga e si dissemina, anche fuori dai “confini”. Molti vignaioli infatti si riconoscono e identificano più nella regionalità della produzione o nella dimensione artigianale dell’azienda, piuttosto che nelle modalità agricole utilizzate, che rappresentano indubbiamente un valore aggiunto dal punto di vista ambientale, ma non necessariamente un sinonimo di qualità.
A dirla tutta, non tutti i calici sono realmente “green” (c’è anche, tra le corsie, chi cerca di essere percepito come tale pur non essendolo nei fatti), ma qualche segnale incoraggiante per la riduzione dell’impatto ambientale viene anche da aziende non certificate biologiche ma che hanno attivato pratiche di “sostenibilità ambientale”, come Berlucchi – tra i grandi – che proprio in occasione di Vinitaly 2015 ha sottoscritto il progetto del Ministero dell’Ambiente VIVA, che dal 2011 promuove la “sostenibilità” della vitivinicoltura, aggregando a una nutrita lista di case vinicole a vario titolo definite virtuose.
Vinitaly 2015 è stata anche un’importante occasione di riflessione e confronto sulle normative europee della certificazione biologica. Giacomo Mocciaro del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha presentato, in occasione del convegno organizzato da Federio e AIAB, la proposta di revisione del regolamento sulla produzione del vino biologico in discussione a Bruxelles, che prevede modifiche riguardo l’eliminazione o il mantenimento di pratiche enologiche caratterizzanti nella produzione di vini in Italia. “In un momento di crescita del vino biologico, che ha visto un incremento del 67,8%, è importante che le regole siano chiare e facilmente applicabili dalle aziende del comparto” dichiara Paolo Carnemolla, Presidente di Federbio.
A fare un po’ di sana chiarezza ed educazione lessicale sui termini biologico, biodinamico, naturale e artigianale – termini spesso abusati e usati impropriamente – si è impegnata la Vinitaly International Academy. Durante “The good, the bad and the ugly of artisanal wines“, un panel di esperti internazionale ha puntualizzato cosa si intenda nei 4 casi: il primo termine (biologico) è frutto di una normativa europea recepita nell’ordinamento italiano, che disciplina, con valore legale e vincolante, cosa può e non può fare chi intende fregiarsi del “bollino bio” della certificazione; il secondo (biodinamico) è un metodo di produzione che si rifà alle tecniche agronomiche e filosofiche di Rudolf Steiner e, ad oggi, è certificato unicamente da un ente privato di nome Demeter; il terzo (naturale) è pura filosofia che, secondo il “wine thinker” Robert Joseph, non significa assolutamente nulla di concreto (il più grande applauso della degustazione l’ha suscitato la sua slide “Un grappolo d’uva ha la stessa voglia di diventare vino di quanta una mucca ne abbia di diventare una bistecca“!); mentre l’ultimo termine (artigianale) si riferisce alle dimensioni e alle modalità produttive ben spiegate da Costantino Charrère. Il messaggio finale è comunque semplice e univoco da parte di tutti i relatori: per garantire un prodotto di qualità il vino deve essere fatto bene. Le direttive europee sono strumenti fondamentali per certificare i processi e le materie prime, ma non possono garantire la qualità.
A Vinitaly 2015 si è anche parlato di biodiversità del terreno e del suo ruolo nella qualità dei vini e nella sostenibilità ambientale durante il XVII convegno de L’Informatore Agrario “Dalla biodiversità del suolo alla qualità dei vini, strategie e pratiche agronomiche per un futuro sostenibile”. La biodiversità gioca un ruolo importante per migliorare la fertilità del suolo e tecniche agronomiche virtuose che la valorizzino, sono sempre più essenziali e trasversali ai diversi sistemi agricoli adottati, dal convenzionale al biologico, come sottolineato da Leonardo Valenti, dell’Università di Milano.
Il futuro della vitivinicoltura sembra dunque puntare sull’”ecosostenibilità” più in generale con la riduzione, ad esempio, del consumo energetico, l’uso di fonti di energia rinnovabile (pannelli solari e impianti geotermici in primis) e di depuratori delle acque utilizzate nei processi di vinificazione, che permettano l’eliminazione di zuccheri, alcol e residui organici dai reflui, così da poter essere riutilizzati anche per l’irrigazione. Grande attenzione anche al riciclo di vetro e sughero e all’utilizzo di prodotti naturali per potenziare le capacità di autodifesa delle viti e degli ulivi, riducendo la dipendenza dai fitofarmaci. Di tutto questo si è parlato a Enolitech, fiera nella fiera, dedicata alle novità tecnologiche per la filiera del vino e dell’olio, svoltasi in contemporanea a Vinitaly e Sol&Agrifood, salone dedicato all’alimentare “di qualità”, che ha visto un grande interesse, in particolare, per l’olio e la birra.
La sostenibilità a Vinitaly 2015 si declina poi in altre forme, anche logistiche e organizzative. Nei ristoranti piatti e posate sono compostabili, negli stands si vedono spesso sedute ricavate dal riutilizzo d’imballaggi e pallets, e l’Officina delle Idee di Torino ha un accordo con l’ente Fiera di Verona per recuperare e riciclare i pannelli e i banner pubblicitari in PVC e farne borse e altri gadgets.
Chiusa questa importante vetrina, si guarda al futuro con inaspettato ottimismo: “la storia del nostro vino rappresenta al meglio la capacità dell’Italia di uscire dalla crisi e vincere nuove sfide”, afferma il ministro Maurizio Martina, e con un brindisi finale il mondo del vino saluta e invita a Vinexpo a giugno, dove il tema ambientale e l’identità territoriale giocheranno, nuovamente, un ruolo centrale.
Valeria Senigaglia