Uta Zorzi Mühlmann: l’acrobata del paesaggio
Giovedì 1 dicembre, nella Sala dello Zodiaco del seicentesco Castello del Valentino, a Torino, si è tenuto il secondo di una serie di “Incontri con il Paesaggio“, organizzati con il patrocinio di Uniscape, il network delle università europee a sostengo della Convenzione per il Paesaggio, per promuovere l’innovativo Corso di Laurea interateneo in Progettazione delle Aree Verdi e del Paesaggio, che coinvolge le università di Torino, Milano e Genova. All’incontro è intervenuta come relatrice Uta Zorzi Mühlmann, architetto del paesaggio e Vice presidente di AIAPP – Lazio, moderata da Marco Devecchi, professore associato della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino e Coordinatore del Corso di Laurea interateneo.
Si è parlato di paesaggio quotidiano, ovvero di quello che ”riguarda ciò che ci circonda, i paesaggi che vediamo, attraversiamo e sperimentiamo tutti i giorni: cortili condominiali, piazze di quartiere, terrazze urbane, giardini privati, parchi pubblici e il cosiddetto arredo verde, declinazione eufemistica ad indicare qualche pianta semi-deperita in contenitori sottodimensionati esposti alle intemperie in luoghi ostili”, ha precisato la Mühlmann, introducendo una serie di suoi progetti, meglio definibili come Land Art. “Per strappare alla banalità questi paesaggi consueti, senza particolari qualità o eccellenze, di dimensioni variabili tra il piccolissimo e il mediamente grande, inseriti in contesti eterogenei, sovente squallidi, occorrono acrobazie di vario livello“.
Tra i primi lavori della paesaggista, risalenti all’inizio degli anni ’90, quello che più di tutti riassume il suo pensiero di architetto è un allestimento temporaneo dal titolo “L’Acclimatazione”, realizzato per il Festival International des Jardins a Chaumont sur Loire in Francia, un giardino connotato da rose rosse e colori vivaci nella stessa tonalità. Non dunque il solito paesaggio “verde”, ma un insolito giardino dove ci si sente disorientati. Un senso di smarrimento, in mezzo all’Eden ricreato, a cui contribuiscono tubolari in acciaio inox, che, come canne, captano il vento e riemettono dolci suoni. “Acclimatarsi – spiega Uta - significa considerare l’insieme delle trasformazioni necessarie per adattare un organismo vivente ad un clima diverso da quello della propria specie”.
Ma Uta Zorzi Mühlmann è anche la creatrice del progetto per la Grande Muraglia Cinese, realizzato nel 2002 a Shanhaiguan con la collaborazione dello scultore Luigi Berardi: un’installazione di 100 arpe eolie, strumento ligneo con le corde tese che, alla vibrazione del vento, producono suoni incredibili. Nel tentativo di effettuare un’affascinante lettura del paesaggio circostante non solo visiva, ma anche in termini sonori. “Essere paesaggista - racconta l’autrice - significa avere, forse, una grande esperienza di vita, avere una grande predisposizione a viaggiare e a condividere la vita di persone diverse da te. E soprattutto possedere una buona sensibilità – un po’ come avere le antenne”.
I paesaggisti, nella sua descrizione, ricordano un po’gli acrobati che, con salti spericolati, tentano il tutto per tutto pur di consegnare a destinazione il neonato, il progetto di cui sono portatori. “Acrobazie semplici, come nel caso dei piccoli spazi conclusi per esposizioni temporanee, dove la sfida sta nel comunicare un’idea creativa con un linguaggio comprensibile a un pubblico che non parla la nostra lingua. Passeggiate sulla fune, spesso senza rete, per le committenze private, dribblando i dubbi, i desideri e i limiti del committente. Tripli salti mortali all’indietro per portare un progetto di spazio pubblico alla realizzazione in tempi non biblici, passando attraverso vincoli di varia natura: politica, burocratica, normativa, economica e risolvendo gli imprevisti all’ordine del giorno, senza completamente snaturarlo”.
I parchi pubblici, dove la grande estensione e la burocrazia costituiscono le maggiori difficoltà, sono dunque la vera sfida da vincere. Anche se alla fine tutto è paesaggio, al di là di dimensioni e complessità di lettura differenti. Per questo, riflette la paesaggista, meglio talvolta progettare luoghi piccoli e curati da inserire, magari, in un intervento più ampio. L’approccio corretto dell’architetto, di fronte alle acrobazie da compiere, più che impositivo, deve comunque restare propositivo e dotato della giusta sensibilità. ”Ma bisogna, all’occorrenza, anche saper essere un po’ rompiscatole!”.
Valentina Burgassi