Una città malata di inurbamento
Milano è malata, ma fa gola a tutti. E’questo, in estrema sintesi, il messaggio emerso dal IV Convegno Nazionale di Rinenergy, dal titolo “Prospettive sostenibili del territorio metropolitano”, ospitato ieri nel palazzo della Regione Lombardia.
Ad ammalarsi, a causa dell’aria malsana della città, sono però anche 73 persone ogni giorno, che vengono ricoverate negli ospedali locali per problemi di natura respiratoria. Un dato che l’unico relatore straniero in sala, Hans Jorg Schwander, direttore della Innovation Academy di Friburgo, non esita a definire “criminale”. Schwander, che si occupa da anni di sviluppo sostenibile, è ospite del convegno per parlare di come la città tedesca, sede della sua associazione, sia divenuta uno dei principali casi di studio in Europa per l’esito di una pianificazione urbana virtuosa e meticolosa, orientata alle energie rinnovabili e alla mobilità sostenibile - un’esperienza che sembra lontana anni luce dalla realtà italiana. Centinaia di chilometri di tram e mezzi pubblici in perfetto orario, quartieri modello a misura d’uomo e una continua volontà di migliorare e primeggiare in Germania, che spinge le istituzioni locali ad una sana competizione.
Ad ascoltare Schwander, tra l’imbarazzo e l’ammirazione, c’erano le autorità politiche comunali, provinciali e regionali della città che dovrà ospitare (forse) l’Expo Universale 2015, dal pretenzioso titolo Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita: Manfredi Palmeri, Presidente del Consiglio Comunale, Bruno Dapei, Presidente del Consiglio Provinciale, Alessandro Sancino, della Commissione provinciale Mobilità e Trasporti, Giosuè Frosio, Presidente della Commissione Ambiente della Regione Lombardia ed Enrico Marcora, consigliere regionale e membro della Commissione Territorio. Triste dirlo, ma dai loro interventi emerge, insopprimibile, la sensazione del “già sentito, ma mai realizzato”, che è diventata la principale ragione di sfiducia e disaffezione dei cittadini nei confronti della politica.
Palmeri è l’unico a convincere, se non altro, per la passione e onestà intellettuale del suo discorso. Parlando del progetto della Darsena e dell’Expo, sostiene infatti – in controtendenza con il pensiero dominante – come “Expo 2015 non debba pensare unicamente all’insediamento di nuove strutture futuribili. Basterebbe che Milano guardasse dentro la sua storia. Ad esempio, piuttosto che andare a costruire delle nuove vie d’acqua inutili, recuperiamo quelle esistenti, come i Navigli. L’Expo non deve pensare solamente a creare nuove costruzioni, ma a calarsi dentro la città esistente.”
Una posizione paradossalmente in sintonia con quella di Ettore Soffientini, architetto del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che si occupa appunto di progettazione territoriale e recupero delle aree dismesse, e di Paola Santeramo, Presidente Istvap, l’Istituto per la Tutela e la Valorizzazione dell’Agricoltura Periurbana, che condivide la battaglia per un’edificazione limitata nelle aree già urbanizzate, a tutela del – sempre più raro e prezioso – suolo agricolo milanese.
In realtà il problema non è solo politico, ma soprattutto di applicazione delle leggi che – ricorda Edoardo Croci, Direttore di Ricerca allo IEFE Bocconi – esistono (e anche buone) in Italia – e in Lombardia in particolare – ma vengono puntualmente disattese, spesso per ignoranza degli amministratori. Croci, ex Assessore all’Ambiente del Comune, è promotore, proprio in questi giorni, di cinque quesiti referendari per la qualità dell’ambiente e la mobilità sostenibile a Milano, con l’obiettivo di sensibilizzare, su questi temi, maggioranza e opposizione del capoluogo lombardo, ma soprattutto i cittadini, chiamati ad esprimersi su questioni ben precise e concrete, nei giorni tra il 15 e il 17 ottobre.
La mattinata si chiude con un ideale ritorno all’esempio tedesco di partenza. Marco Migliavacca, esperto di carburanti alternativi, dopo aver ricordato la pionieristica - ma sostanzialmente fallimentare – esperienza milanese sull’idrogeno (ancora in timida fase di sperimentazione), consegna ai presenti una domanda retorica su cui val la pena riflettere: “se avrete occasione di attraversare, anche solo da turisti, la Germania”, spiega Migliavacca, “avrete la netta sensazione che ci siano un piano e una programmazione condivisa a livello nazionale. Il piano tedesco, vista l’importanza del paese, è quello che ha portato l’Europa a formulare gli obiettivi del cosiddetto 20-20-20, che rimane in piedi perché la Germania lo vuole. Lì lo stanno applicando seriamente e si vede, nonostante il loro Conto Energia non sia mai stato conveniente quanto quello italiano. Ci sarà un motivo?”.
Andrea Gandiglio