The Fruit Hunters inaugura CinemAmbiente 2013
Questa è la sua sedicesima edizione. Il Festival CinemAmbiente – inaugurato ieri sera e in programma fino al 5 giugno – è ormai diventato un appuntamento importante a livello nazionale e non solo, come hanno ricordato ieri sera nella sala 1 del cinema Massimo Gaetano Capizzi, direttore del Festival, e Enzo Lavolta, assessore all’Innovazione e Ambiente del Comune di Torino. “Torino ha visto una trasformazione fisica che ha accompagnato anche una trasformazione culturale – sottolinea Lavolta – voglio ringraziare CinemAmbiente perché ha impreziosito la città con il suo contributo in questi anni”. Nonostante i timori di non riuscire a mantenere la manifestazione per via della difficile situazione generale, Roberto Ronco, assessore Ambiente della Provincia di Torino, ha dichiarato che “essere presente qui stasera mi rallegra perché, nella selezione delle attività che abbiamo deciso di continuare a sostenere, c’è CinemAmbiente, che ci aiuta a riflettere su tematiche vitali”.
La serata inaugurale ha visto due eventi speciali. Dopo il breve discorso di apertura di Ugo Nespolo, presidente del Museo Nazionale del Cinema, è stato proiettato il corto Casa Oz: Anteprima, un breve documentario per la regia di Alessandro Avataneo che racconta l’attività di questa associazione torinese al servizio delle famiglie di bambini malati. Una carrellata intensa su alcune delle persone che abitano o frequentano la Casa, da cui emerge una quotidianità fatta non solo di difficoltà e malattia, ma anche di collaborazione, condivisione e di legami familiari allargati.
A seguire, l’altro evento speciale della serata, ovvero la presentazione in anteprima italiana del film The Fruit Hunters, di Yung Chang, presente in sala insieme a due dei protagonisti Bill Pullman e Isabella Dalla Ragione. Il documentario è stato ispirato dal libro The Fruit Hunters: A Story of Nature, Adventure, Commerce and Obsession scritto da Adam Leith Gollner, amico del regista. Lo spettatore segue il viaggio di Yung Chang nel mondo dei cacciatori di frutta, ovvero quegli appassionati di frutti rari e perduti disposti a viaggiare in tutto il mondo pur di recuperarli e tentare di conservarne la produzione. Un inno alla biodiversità che spiega attraverso la passione delle persone intervistate quanto e perché sia importante mantenere una tale varietà di frutti e sapori. Impariamo così a conoscere il mango bianco di Bali o il raro kura-kura durian del Borneo, scopriamo che esistono dei fichi italiani ormai quasi scomparsi ma rintracciabili nei dipinti del Rinascimento, osserviamo i banchi del Mango Festival di Miami in Florida organizzato dalla Rare Fruit Council International, capiamo quali sono le regole del commercio delle banane in Honduras, incontriamo persino Bill Pullman, volto noto del cinema che ci sorprende con il suo sogno di realizzare un frutteto nella collina di Hollywood.
Yung Chang riesce a trasmettere lo stesso entusiasmo dei cacciatori grazie all’uso di una fotografia eccellente e con riprese talmente innamorate dei frutti da farci quasi sentire profumi e sapori. “Durante la lettura del libro ciò che mi ha interessato ancora di più delle informazioni sui frutti sono state le persone – dice Yung Chang – scoprire le loro vita, come si sono legate a questa passione. Nel mio documentario ho voluto raccontare proprio questo aspetto, posso affermare che per me è stato un percorso di formazione importante”.
Garbo, umorismo e un punto di vista a volte inaspettato rendono la pellicola gradevole e leggera, pur senza privarla di contenuto. Come ha affermato Isabella Dalla Ragione – altra protagonista insieme a Pullman, archeologa arborea che indaga i dipinti rinascimentali in cerca di indizi per poter ritrovare i frutti perduti – “questo film dimostra come l’amore e la cultura della terra parlino un unico linguaggio. Io, per esempio, ho lavorato in Vietnam e, nonostante le barriere linguistiche, mi sono intesa perfettamente con i contadini. Il nostro era un codice condiviso”. Bill Pullmann, che nel film compare nella sua veste più privata, insieme ai suoi amici, nell’orto di casa, ha creduto in questo documentario perché condivide l’importanza di costruire un mondo sano per le generazioni future. “Sono contento di presentare il film proprio qui a Torino perché, con questo Festival e non solo, ha dimostrato di saper andare oltre la propria natura di città industriale e di seguire una visione ambientalista, di saper riscoprire le necessità della Terra”.
Daniela Falchero