Tecniche antiche per dare lunga vita ai vigneti
Per frenare il deperimento precoce dei vigneti italiani e tutelare la biodiversità, agronomi e vivaisti tornano a guardare al passato, in particolare all’antico approccio della potatura soffice.
E’ quanto emerso dal convegno sul deperimento dei vigneti italiani, tenutosi nei giorni scorsi a Erbusco (Bs), che ha coinvolto più di 170 partecipanti tra produttori, enologi, ed agronomi. Il presidente delle cantine Bellavista, Vittorio Moretti, ha sottolineato l’estrema importanza di un tema che ai più potrà sembrare bizzarro, ma che è “sentito da tutto il territorio per i gravi danni che provoca; un tema attuale da affrontare con spirito di collaborazione e in tempi veloci”. Il mal dell’esca, sostiene infatti Laura Mugnai, Professore Associato di Patologia Vegetale alla Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, “é un problema di natura mondiale. Questa patologia porta a una mortalità annua delle vigne di circa il 2%, con un conseguente decremento della qualità del prodotto poiché anche i grappoli che sembrano sani, ma provengono da una pianta malata, hanno caratteristiche qualitative inferiori a quelli normali. Purtroppo queste sono malattie che si stanno presentando ultimamente anche in vigneti molto giovani. Ma la ricerca sta dando, in tema, risultati incoraggianti”.
Al centro dell’incontro in Franciacorta, l’esperienza di Marco Simonit, agronomo friulano - titolare, insieme a Pierpaolo Sirch, dei Preparatori d’Uva - che da oltre 20 anni ha recuperato l’antico approccio alla potatura soffice, fatto di piccoli interventi mirati, pianta per pianta “senza l’ansia di uno sfruttamento immediato, ma con la lungimiranza di preservare la salute e lo sviluppo equilibrato e lento della vigna”, come si legge nel sito internet dei “Preparatori”.
Il metodo consiste nel potare, sempre sul legno giovane, con un approccio lento e mirato. Il primo immediato vantaggio consiste nel prevenire le malattie del legno – che come una pandemia stanno compromettendo i vigneti – applicando alla vite i criteri della medicina preventiva, che le consentono di crescere e invecchiare bene riducendo anche i costi di gestione. Viene inoltre recuperata una filosofia di gestione del vigneto, in parte abbandonata, che dava valore alle viti vecchie accrescendo la qualità delle rese. E viene infine recuperato un antico mestiere che si sta perdendo, quello del potatore, sostituito oggi da manodopera spesso occasionale e improvvisata, costituita da persone prive di un’esperienza specifica, o da processi meccanizzati che assecondano le esigenze della produzione intensiva.
Un ritorno al passato, quello dei “Preaparatori d’Uva”, auspicato anche, nel convegno di Erbusco, da Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura all’Università di Milano, che ha ricordato come “Il mal dell’esca e i disseccamenti sono malattie antiche, ma si sono manifestate in modo virulento negli ultimi anni. Gli intensi tagli di potatura, per dare alla vite una forma da allevamento di dimensioni ridotte, spesso non riescono a cicatrizzare. E molti disseccamenti hanno questa origine e provocano una notevole riduzione di efficacia nel trasporto delle linfa compromettendo la durata del vigneto. Perciò la vite esige una tecnica di potatura che tenga conto di queste caratteristiche anatomiche e strutturali“.
In Bellavista, sottolinea il direttore e enologo Mattia Vezzola, “abbiamo realizzato negli anni un percorso che ha richiesto un investimento importante e abbiamo riscoperto un approccio alla potatura antico e specifico, tale da consentire alle piante di crescere e invecchiare bene più di 40 anni“, il doppio della normale durata.