Stati generali del riciclo: 9,3 mld di benefici per l’Italia
«Un esempio tangibile di come può realizzarsi la green economy». Alessandro Marangoni, ad della società di consulenza Althesys non ha dubbi: «Il riciclo è strategico per l’industria italiana». Il suo rapporto sull’argomento, presentato ieri mattina agli Stati generali del riciclo, organizzati dal Conai (Consorzio nazionale imballaggi), non lascia spazio a dubbi. I numeri sono tutti positivi e parlano di un aumento nel riciclaggio dei materiali rispetto al 2009 che va dall’8,2% in più per il vetro al 30% in più dell’acciaio. Con benefici importanti per il nostro Paese, quantificabili in 9,3 miliardi di euro. Una cifra enorme, pari al valore di una manovra Finanziaria, che si ottiene facendo un bilancio costi/benefici dell’attività del Consorzio dal 1999 al 2010. Benefici dovuti, tra le altre cose, a costi di smaltimento evitati, minori emissioni e indotto generato. «Sorprende la sorpresa causata da questi dati, visto che in Italia il riciclo è ormai una realtà consolidata», commenta Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente, senza usare mezzi termini.
Secondo il rapporto Althasys, nel 2010 si sono riciclate quasi 5,2 milioni di tonnellate di carta, 3 di legno, 1,6 di plastica, 1,9 di vetro, 21,5 di acciaio e 804.000 tonnellate di alluminio. Dati che riguardano tutti i tipi di rifiuti avviati al riciclo, e non solo gli imballaggi, che comunque costituiscono una componente importante. L’anno scorso, il peso delle cosiddette “materie prime seconde” è stato importantissimo: sul fabbisogno totale dell’industria, erano riciclati l’80% del vetro, il 75% dell’alluminio, il 60% dell’acciaio e del legno, il 56,5% della carta e il 22% della plastica. «Una ripresa dell’industria del riciclo, con i mercati delle materie prime seconde in forte salita», sintetizza il Conai, grazie al quale «nel 2010 è stato riciclato il 64,6% degli imballaggi immessi al consumo (+ 4,6% rispetto al 2009)».
E le materie prime seconde, quelle cioè con una seconda, terza, quarta vita grazie al riciclo, stanno generando giri di affari notevoli. «Si tratta ormai di commodities come le altre, vendute e comprate su mercati globalizzati», sottolinea il direttore generale di Conai Walter Facciotto. E l’Italia ha capito l’importanza dello scambio di questi materiali a livello internazionale: nel 2010, infatti, dice il rapporto, le esportazioni di carta da avviare al riciclo sono aumentate di oltre 1,1 milioni di tonnellate e quelle di plastica di 125.000 tonnellate, mentre la penisola ha diminuito le importazioni di altri materiali da riciclare (legno, vetro, acciaio e alluminio).
Il Conai è attivo da più di dieci anni nel settore: è nato nel 1997 per gestire e promuovere il riciclo, la raccolta, e il recupero dei rifiuti di imballaggio immessi sul mercato dalle imprese e consumati dai cittadini. E’ un consorzio privato, senza fini di lucro, costituito dalle imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi (oltre 1,4 milioni le aziende aderenti). Un’organizzazione che «ha rappresentato una svolta fondamentale a favore dell’ambiente, permettendo il passaggio da un sistema di gestione basato sulla discarica, a un sistema integrato di gestione basato sul recupero e sul riciclo dei rifiuti d’imballaggio».
Ma se molto è stato fatto, altrettanto c’è ancora da fare. «L’Italia consegna alle discariche 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (circa il 50%) e 23 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, che non vengono riciclati e spesso sono gestiti in modo illegale. Si tratta di una distruzione di valore che l’Italia non può più permettersi», sottolinea Daniele Fortini, presidente di Federambiente. E il nostro Paese non potrebbe neanche permettersi, sottolinea l’ex ministro Ronchi, di vedere «i rifiuti crescere più del Pil e dei consumi», accanto a «un’assenza di politiche di prevenzione efficaci, come richiede l’Unione europea». Bisogna poi portare tutte le Regioni a livelli di raccolta differenziata soddisfacenti, sottolineano diversi relatori.
Ancora aperta è la partita della qualità della differenziata: la forbice tra i rifiuti raccolti e quelli avviati al riciclo è ancora ampia, «a volte anche del 30% di scarto», sottolinea Ronchi. Servono, dice Fortini, «sistemi di calcolo della percentuale differenziata uguali per tutti», e «standard omogenei per misurare la qualità dei rifiuti raccolti», sottolinea Letizia Nepi, segretario di Fise Unire. Bisognerebbe «aumentare i benefici per i cittadini del luogo», insiste il presidente di Anci Filippo Bernocchi. Per Filippo Brandolini, presidente di Herambiente, azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti in Emilia Romagna, «c’è bisogno di più informazione dei cittadini», mentre Ronchi indica la via delle politiche di prevenzione, della raccolta domiciliare e delle sanzioni.
Veronica Ulivieri