Sicurezza alimentare e sostenibilità. La nuova PAC secondo Barilla
Come è ormai noto ai nostri lettori, la PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, sarà in fase di revisione fino al termine del 2013, per entrare poi in vigore - il 1 gennaio 2014- nella nuova formula che uscirà dalle negoziazioni dei prossimi mesi. Le sfide che dovrà affrontare l’Europa su uno dei propri “pilastri” sono numerose e il contesto non appare certo dei migliori: crisi economica, incertezza del mercato globale, scarsità delle risorse, mancanza di cibo, cambiamento climatico.
Quali caratteristiche dovrà dunque avere la nuova PAC per essere all’altezza? Dopo la presentazione ufficiale del 12 ottobre scorso, se ne è discusso al Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione del workshop organizzato dal Barilla Centre for Food and Nutrition (BCFN), dal titolo “Il futuro del settore agricolo”. In occasione del workshop è stato presentato il paper del think tank italiano, che affronta il problema dei modelli di agricoltura sostenibile.
Secondo il BCFN la nuova PAC dovrebbe perseguire tre obiettivi fondamentali. In primo luogo, assicurare la produzione di cibo in Europa, per raggiungere una sicurezza alimentare europea di lungo periodo. Il secondo obiettivo dovrebbe essere quello di supportare le comunità di agricoltori, affinché possano fornire ai cittadini europei un’ampia varietà di alimenti di qualità prodotti secondo metodi sostenibili, e in accordo con gli obiettivi che l’UE ha adottato in materia di ambiente, salute, protezione degli animali e delle piante, e di risorse idriche. Infine, una notevole importanza dovrebbe essere posta nei confronti delle comunità rurali e del mantenimento della loro vitalità. Da questo punto di vista il settore agricolo deve essere considerato come un’attività economica importante che può creare posti di lavoro, nonché benefici socio-economici, ambientali e territoriali.
Tre obiettivi, quelli proposti dal BCFN, che corrispondono dunque alla rispettive sfide che la nuova PAC dovrà affrontare: la sicurezza alimentare, la tutela dell’ambiente e il contenimento dei cambiamenti climatici, e l’equilibrio territoriale. Ma la strada per il raggiungimento di un’agricoltura sostenibile pare molto difficile da percorrere “politicamente”. Lo stesso Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, e speaker nel corso del workshop, ha sottolineato più volte che “non può esistere un’agricoltura sostenibile senza sostenibilità economica. Il Parlamento Europeo – continua De Castro - seppur appoggiando l’idea di una nuova PAC sostenibile anche sul piano ambientale, si rende conto delle difficoltà di una sua attuazione concreta”. Molti infatti sarebbero – secondo gli europarlamentari italiani – gli ostacoli che gli agricoltori dovrebbero affrontare, a partire da quelli di ordine burocratico.
Il BCFN solleva anche la questione della competizione nell’utilizzo dei terreni agricoli europei tra due destinazioni d’uso diverse: quella per la produzione di cibo, da un lato, e quella per i target energetici, dall’altro. E’ necessario infatti che si trovi un bilanciamento nel sistema di incentivi/disincentivi a livello Comunitario, per l’utilizzo dei terreni agricoli destinati alla produzione di biocombustibili. La scarsità, quantitativa e qualitativa, delle terre europee coltivabili potrebbe costituire un problema. Nel corso del XX secolo, il settore agricolo ed alimentare sono stati, del resto, i primi responsabili di una serie di fenomeni, primo fra tutti, quello del deterioramento dei terreni agricoli arabili. Il risultato è che, oggi, il 40% delle terre sono degradate e povere. A questo fenomeno va aggiunta la graduale riduzione dell’estensione delle grandi foreste. Basti pensare che il 45% delle foreste temperate sono state convertite in terre per la coltivazione di cereali. Entrambi questi fenomeni, a loro volta, sono responsabili di circa il 30% delle emissioni globali di gas serra. Negli ultimi cinquanta anni, infatti, il settore agricolo è stato completamente dipendente dai combustibili fossili, sia per la produzione di fertilizzanti, che per l’irrigazione e la meccanizzazione, contribuendo all’aumento del cambiamento climatico e del prezzo del petrolio – e andando dunque ad incidere, in un circolo vizioso, sul prezzo dei prodotti alimentari.
Tutte queste “cattive pratiche” sono diventate consuetudini tra gran parte degli agricoltori e, in quanto tali, difficili da sradicare. Cosa propone il BCFN? Secondo il think tank un buon inizio sarebbe l’attivazione di un processo di reale trasferimento e condivisione delle conoscenze e delle migliori capacità, già presenti nel mondo agricolo ed alimentare, partendo dalle specificità territoriali.
Donatella Scatamacchia