Salone del Gusto 2016: una sana invasione di chiocciole per la città
L’edizione 2016 di Terra Madre Salone del Gusto segna una svolta importante per i due eventi più famosi di Slow Food, nel 30° anno di vita dell’associazione. Intanto diventano una cosa sola, anche nel nome (con focus su Terra Madre, la grande comunità del cibo mondiale). Ma soprattutto escono dalle pareti un po’asfittiche del polo fieristico del Lingotto per diffondersi – con accesso gratuito per tutti – nei luoghi più belli e simbolici della città di Torino: dal Parco del Valentino a Piazza Castello, dai Murazzi del Po al Borgo Medievale.
Una sfida logistica e organizzativa titanica, come ammettono i promotori dell’idea, ma che potrebbe trasformare l’evento biennale in una sorta di “olimpiade” enogastronomica diffusa, che coinvolge tutta la città, valorizzando l’esistente, senza manie di gigantismo e inutili investimenti milionari sulle strutture. In effetti camminando per le vie del centro di Torino alla vigilia dell’apertura si percepisce un’atmosfera che mutatis mutandis ricorda l’eccitazione collettiva del 2006, un momento storico in cui gli abitanti del capoluogo sabaudo presero coscienza (forse per la prima volta) della bellezza della propria città e si sentirono, almeno per quei pochi giorni, una collettività, che fece innamorare gli stranieri.
Con l’apertura di oggi, fino a lunedì 26 settembre, l’evento non si svolgerà infatti solo nei luoghi ufficiali, ma vede una miriade di iniziative private e autogestite praticamente in ogni bar, galateria, vineria, ristorante, galleria d’arte, negozio ecc. Un salone off che, per continuare con i paragoni, ricorda la formula piacevolmente “invasiva” del Salone del Mobile di Milano. E che – annuncia il neo assessore al Commercio, Alberto Sacco, in conferenza stampa – nel 2018 potrebbe allargarsi e coinvolgere anche le periferie.
Le chiocciole di Slow Food da alcuni giorni presidiano già ogni angolo del centro cittadino: una nota di colore che si staglia sulle tonalità tenui dei palazzi storici, creando un contrasto – ma anche una continuità – tra antico e contemporaneo e lanciando un messaggio di rinascita, come spiega a Repubblica uno dei sei artisti del collettivo biellese che le ha realizzate: “Quando passa la chiocciola lascia una scia che viene usata come medicazione, per curare le ferite. E’ un simbolo, se vogliamo, di rigenerazione. Dove passa la chiocciola lascia una scia e quella scia rappresenta per noi un miglioramento. Tutte le nostra installazioni inoltre sono fatte in plastica rigenerata. Una volta che le opere si sono, per così dire, usurate le riutilizziamo per farne delle altre. E così via”.
I temi di riflessione ecologica non mancano in questa edizione, che ha come sottotitolo e filo conduttore “Voler bene alla terra” (e anche alla Terra). Alla biodiversità vengono dedicati il percorso di sensibilizzazione nello stand principale di Slow Food in Piazza Castello e una mostra fotografica nel cortile del Castello del Valentino. Via Po, grazie alla collaborazione tra l’associazione dei commercianti e l’Università di Scienze Gastronomiche, diventa invece teatro delle immagini di Douglas Gayeton, The Lexicon of Sustainability.
Molte anche le conferenze, tra le quali: “La rivoluzione dell’orto“, un inno all’orto urbano come strumento di educazione alla bellezza e lotta contro il degrado delle periferie, con l’americana Alice Waters, vicepresidente di Slow Food International; “L’agroecologia può sfamare il mondo?“, con Miguel Altieri, Yacouba Sawadogo e Anouradha Mittal, fondatrice dell’Oakland Institute, sulla preferibilità (e fattibilità) di un modello agricolo alternativo a quello industriale; “Il nostro cibo quotidiano: veleno o medicina“, un incontro sul ruolo di carboidrati raffinati, additivi chimici e residui di pesticidi nella nostra alimentazione, curato dal medico Franco Berrino; e, il 26 settembre, alle 14,00, il dibattito conclusivo “Un nuovo mondo è possibile, anzi necessario“, tra Serge Latouche e Stefano Zamagni.
Andrea Gandiglio
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