Rio+20: negoziati in alto mare e illustri assenti
Cautamente pessimista. Spiazza il pubblico in sala, il Sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura che introduce i lavori della tavola rotonda romana dedicata a Rio+20, il vertice delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che si aprirà il 20 giugno a Rio de Janeiro. E si capisce anche che de Mistura ha un passato di attivista al WWF: per l’impostazione pragmatica che imprime al dibattito e perché non usa tanti giri di parole per spiegare che “questo cauto pessimismo serve proprio a combattere il rischio che quello di Rio si riduca a un summit celebrativo”. La ragione principale è che le “negoziazioni tra i paesi sono ancora in alto mare a causa della congiuntura economica che condiziona le priorità delle agende pubbliche nazionali e influisce sulle decisioni da prendere a livello globale”. Soprattutto se queste riguardano la crescita sì, ma anche la tutela dell’ambiente, a Nord e Sud del mondo.
Sviluppo sostenibile ed equità: l’occasione per discuterne è stata offerta dalla Coalizione Italiana Contro la Povertà, GCAP, ieri, nella Giornata Mondiale dell’ambiente, a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma. Ma il senso dell’incontro di ieri arriva da lontano ed è rintracciabile già nella formula di partecipazione esplicitata, 20 anni fa, al primo Vertice della Terra dell’Unced (United Nations Conference on Environment and Development), tenutosi sempre nella città brasiliana, nel 1992: “Business e industria, bambini e giovani, agricoltori, popolazioni indigene, amministrazioni locali, organizzazioni non-governative, comunità scientifica e tecnologica, donne, lavoratori e sindacati”. Allora venne sollecitata la partecipazione di tutti i settori della società perché lo “sviluppo sostenibile non può essere raggiunto dai soli governi ma necessita anche la presenza della società civile”. Ecco perché, sottolinea de Mistura, “occorre presentarsi al vertice di Rio con pochi messaggi, tre o quattro al massimo, che corrispondano ad altrettanti obiettivi operativi su cui puntare”.
E il sottosegretario fa la sua parte, sottoponendo all’attenzione di tutti tre punti fondamentali sui quali lavorare. Innanzi tutto, sarebbe necessaria una riforma della governance degli enti che, a livello internazionale, si occupano di ambiente e sviluppo sostenibile: troppi gli organismi dedicati, sostiene de Mistura, con il rischio di inefficienze e dispersioni. Ecco la proposta: “Trasformare l’Unep in un’agenzia specializzata, dando maggiori poteri al direttore esecutivo, è un’operazione – sostenuta dall’Europa – che incontrerebbe il favore degli Usa, da sempre allergici alla formazione di nuovi organismi”.
Il secondo messaggio da portare a Rio, riguarda il capitolo della “green economy”, e dunque della creazione “di una road map che vada nella direzione di scelte ecologicamente valide che possano essere anche un volano per la crescita economica”. Il terzo riguarda la sostenibilità, non solo nel contesto dello sviluppo sostenibile ma anche in quello più ampio della lotta alla povertà, un nodo che diventa tanto più problematico in quanto influenzato dalla crisi finanziaria: “I G77 – i paesi in via di sviluppo – temono di vedere dirottati dai paesi forti i già non ricchi finanziamenti allo sviluppo e queste resistenze saranno di forte ostacolo al percorso dei negoziati di Rio+20”.
Che il percorso di preparazione al summit delle Nazioni Unite sia accidentato, lo spiega molto chiaramente anche Paolo Soprano, dirigente del Ministero dell’Ambiente nominato Vice Presidente del Comitato che si occupa del processo di preparazione alla Conferenza Onu: “Il documento preparato per Rio conta circa 300 pagine e anche oggi che siamo in fase di revisione, vi sono numerosi emendamenti, anche contrapposti”. I temi più divisivi sono sempre gli stessi: riforma della governance, strumenti di implementazione, aiuti allo sviluppo, trasferimenti tecnologici: “Il problema è che, con la crisi economica, i principali paesi donatori si trovano nell’impossibilità di mettere sul tavolo un pacchetto sostanzioso di aiuti finanziari e questo rallenta di molto i negoziati con i paesi in via di sviluppo”, spiega Soprano.
Un altro elemento che rende il quadro ancora più articolato è che i “paesi emergenti – Brasile, Cina, Indonesia – sono anche quelli che, oggi, hanno le maggiori risorse, più rispetto a quelli di antica industrializzazione, e con tassi di crescita del Pil pari a circa l’8 per cento”: agli Stati del NIC, dunque, – le Nazioni di recente industrializzazione – conviene ancora alimentare la crescita secondo il vecchio modello di sfruttamento delle risorse, energivoro e insostenibile, quello che noi europei – per intenderci – abbiamo seguito nei “magnifici” anni ’50 e ’60.
Situazione difficile, quindi, quella di Rio+20, anche se il classico coniglio potrebbe spuntare proprio dal cilindro del Brasile, conclude Soprano: “Probabilmente, i padroni di casa del summit hanno qualche asso nella manica”. Ad esempio, alcune voci accreditano l’ipotesi secondo cui il governo brasiliano starebbe preparando un “documento di riserva che garantirà il risultato finale della conferenza e che veicolerà, almeno in parte, i contenuti del documento-fiume principale”.
Ma uno dei punti più problematici della questione “sviluppo sostenibile” è quello della “brown economy” e dei sussidi erogati ai combustibili fossili, nella misura di 60/70 miliardi di dollari annui. Un mercato da riorientare dunque, per permettere l’affermazione di fonti energetiche alternative ma che solleva anche nodi delicati: se i sussidi al gasolio fossero aboliti, l’intero settore degli auto-trasporti si fermerebbe, provocando a catena una serie di conseguenze temibili, tra cui l’aumento dei prezzi dei prodotti trasportati.
Su questo punto, è intervenuto l’esponente del Governo che siederà al tavolo di Rio+20, il Ministro dell’Ambiente. Corrado Clini ha sottolineato la necessità di una “convergenza su standard di qualità comuni alle imprese che operano su un mercato che ormai è globale: dalle lampadine alle auto, alle componenti edili”, tenendo conto che i famosi paesi emergenti, e dunque di recente industrializzazione, “possiedono impianti industriali più a norma rispetto ai nostri”. Paesi che, piuttosto, hanno, oggi, da fare i conti con un problema di “rappresentatività” della società civile e necessitano di figure che la interpretino, come Marina Silva, membro del Partito Verde Brasiliano.
Ecco perché, quella di Rio, sostiene Clini, “è un’occasione molto importante per l’Europa: perché si affronterà il tema di una diversa organizzazione delle informazioni e di una valutazione differente della crescita”. Non solo economica ma anche in chiave di sostenibilità. Rio sarà un momento, prosegue il responsabile del Dicastero all’Ambiente, “in cui il Vecchio Continente potrà consolidare partenariati con le economie emergenti”. Proprio in queste ore inoltre, conclude Clini, il Governo italiano “sta mettendo a punto un pacchetto per la crescita che punta a coniugare gli obiettivi di pareggio di bilancio con gli obiettivi di crescita”.
Resta però un’amara certezza: a Rio Barack Obama, Angela Merkel e David Cameron non ci saranno. E quelle sedie “vuote” peseranno non poco sulla possibilità di concludere un accordo che non sia di mera facciata.
Ilaria Donatio