Pierre Rahbi, l’intellettuale contadino che si sporca le mani
La storia di Pierre Rahbi, agricoltore algerino-francese che da decenni predica l’Agroecologia, potrebbe essere definita, in poche parole, come un ritorno alla natura. Ma detta così si rischia di banalizzare, si perde tutta la spiritualità del personaggio, la capacità di coltivare la terra con l’anima e sentirsi parte dell’ecosistema, piuttosto che dominarlo. Un “viaggiatore extra-ordinario” del pensiero che non poteva non incrociare la strada del Gruppo del Cerchio, l’associazione culturale organizzatrice del Festival Per Sentieri e Remiganti, quest’anno dedicato proprio all’idea di “Passare sulla terra con piede leggero”. Chi infatti meglio di Rahbi, che ha lasciato il lavoro in fabbrica per ritirarsi con la compagna (poi diventata sua moglie e madre di cinque figli) nella pietrosa regione dell’Ardèche a coltivare la terra, poteva parlare di questo concetto? Su di lui, impossibilitato e raggiungere Torino (pur avendo promesso che verrà il prossimo anno), è stato realizzato il documentario “Il mio corpo è la Terra”, presentato in anteprima sabato 26 maggio al Giardino d’Inverno di Piazzale Valdo Fusi.
Nato nel 1938 in Algeria, dopo la morte della madre il giovane Pierre viene affidato dal padre fabbro e poeta a una coppia di francesi, con i quali negli anni Sessanta si trasferisce in Francia. Qui lavora in fabbrica, ma capisce presto che quella vita non è fatta per lui: “Mi sono reso conto che sarei rimasto chiuso per tutta la vita in un sistema dove non avrei trovato il piacere e lo spazio per vivere”, racconta nell’intervista. È così che, insieme alla compagna, si trasferisce nell’Ardèche, e riporta la vita in un luogo arido e inospitale. Dal 1981 è impegnato con l’Onu in progetti contro la desertificazione dell’Africa, e fonda il Movimento Colibris, per spingere ciascuno a “faire sa part” , proprio come il colibrì che, secondo una leggenda africana, cercava di spegnere l’incendio nella foresta prendendo un po’ d’acqua nel suo becco minuscolo.
“E’ stata una giornalista francese a parlarci di lui per la prima volta: in Francia tutti lo conoscono. In Italia era stato pubblicato il suo Manifesto per la Terra e per l’Uomo, ci ha incuriosito e abbiamo deciso di andare a conoscerlo per capire se veramente era come sembrava”, racconta Luciana Ciliento del Gruppo del Cerchio, che ha conosciuto Rahbi e ha curato i sottotitoli del documentario.
“Abbiamo trovato un uomo semplice e coerente con le sue idee. La cosa che ci ha colpito di più è la sua capacità di essere un grande poeta, insieme alla sua praticità. Basta guardare le sue mani rotte dal lavoro”, spiega il regista Igor Piumetti, che ha diretto il documentario insieme a Carola Benedetto. “Mentre tutti parlano di decrescita felice, abbiamo trovato in Pierre Rahbi uno che si è sporcato le mani con le sue teorie, che sa di cosa parla”.
Rispetto dell’uomo e dell’ambiente, che, spiega Rahbi, non è da dominare. La sua Agroecologia è un modo di coltivare in accordo con la natura, che ridona vitalità alla terra. Come i campi del monastero del Gard, dove, su consiglio di Rahbi, le suore hanno ricominciato a coltivare con il metodo biologico. Nel documentario, madre Hypandia racconta dei lombrichi che sono tornati a popolare la terra, dell’orzo che con le sue radici lunghissime la attraversa e le ridona la vita. Sulla stessa linea d’onda è il racconto del Lama Lundroup di un monastero buddista della Savoia, diventato un centro ecologico con l’aiuto dello stesso Rahbi. Ospite speciale del cortometraggio è Vandana Shiva, l’economista e attivista indiana da anni in prima linea per un’economia più sostenibile e rispettosa dell’uomo e dell’ambiente. “Se ho male a una mano – racconta con la sua abituale intensità – faccio qualcosa per curare la mano, perché mi appartiene. Allo stesso modo, se ci sentiamo parte della Terra, il suo dolore diventa anche il nostro”.
Storie di vite e religioni diverse, esperienze lontane ma con tanti punti di contatto che si intersecano in un’interconnessione molto suggestiva tra umanità e natura. Perché il punto, spiega Rahbi avvolto in una sciarpa blu, è proprio “ritrovare l’armonia, la sinfonia con la natura. Per me l’ecologia è proprio questo. Oggi solo l’essere umano suona in disarmonia”.
Il documentario, per chi avesse perso l’anteprima, sarà proiettato anche il 3 giugno alle ore 10, nel cortile del Rettorato dell’Università di Torino, nell’ambito di Smart Actions. Poi, spiega Igor Piumetti, “la nostra intenzione è diffonderlo tramite i festival di cinema ambientale, in modo che abbia vita propria”. Il Festival Per Sentieri e Remiganti prosegue questa sera a Pecetto Torinese con un incontro con Stefano Piano, docente di Indologia e Sanscrito che parlerà della figura dell’imperatore Ashoka (III a. C.), guerriero sanguinario passato alla storia per la sua conversione alla gentilezza del buddhismo e nel “Giardino d’Inverno” di Piazzale Valdo Fusi, a Torino, nell’incontro con Elena Saragato, sociologa criminale, che si occupa di strategie per l’incremento della sicurezza della città e della rigenerazione urbana per la città di Londra.
Veronica Ulivieri