Non usate il bio come foglia di fico, please!
Questo mio intervento inaugura la nuova rubrica “Off the Green”, che mi sono ritagliato per poter fare qualche passo indietro, sottrarmi alla deformazione professionale e guardare, con vantaggio prospettico, gli eventi, le idee e i fatti che, anche indirettamente, potranno avere delle ripercussioni sull’evoluzione della green economy nazionale. Come suggerisce il termine, di origine golfistica – ma anche giornalistica (off the records sono le dichiarazioni a microfono spento, non ufficiali) – cercherò di “colpire la palla” fuori dal comodo tappetino in cui, troppo spesso, ce la cantiamo e ce la fischiamo da soli, tra operatori del settore, per offrire riflessioni – talvolta odiose e urticanti, altre volte semplicemente “fuori tema”- che, mi auguro, potranno contribuire, nel loro piccolo, a sradicare un modo di pensare vecchio, piatto e ormai inadeguato.
LEI: “Amore, ho comprato la verdura dal contadino, al mercato bio!”.
LUI: “Brava tesoro, ma sei sicura che sia veramente bio?“.
LEI: “Ma figurati, certo, era il mercatino della biodomenica! Bio: benessere garantito – animale, umano, ambientale, c’era scritto. E poi erano tutti contadini che vendevano direttamente…”.
Ho inventato questo dialogo, tra marito e moglie, perché credo che possa essere andato in scena in alcune case, di diverse città italiane, domenica 7 ottobre. Sicuramente a Torino, la mia città, dove io stesso ho visitato gli stand di Coldiretti, di fronte al palazzo comunale. Ma l’ambientazione potrebbe essere uno dei tanti mercatini rionali, in un giorno qualsiasi dell’anno. Le mie velleità di commediografo, infatti, nascondano forse poco talento teatrale, ma – temo – molta verità.
Il biologico, man mano che cresce nei consumi (+8,9% di spesa media annua e 1,5 miliardi di fatturato solo in Italia, secondo il comunicato Aiab, Coldiretti e Legambiente), rischia di diventare una comoda foglia di fico per chi bio non è. Voglio essere esplicito, perché questo concetto, seppur banale, non è evidente a tutti i consumatori, anzi lo è a pochissimi, a mio avviso: non tutta l’agricoltura “del contadino” è BIOLOGICA! E nemmeno tutta l’agricoltura “equa e solidale” (che, come dice il nome, è equa nei prezzi e solidale con le comunità di lavoratori, ma non per questo necessariamente, biologica). C’è un’agricoltura – quella “tradizionale” o, senza altri appellativi, l’agricoltura, come oggi è ancora praticata in maniera dominante – che è tutt’altro che bio e ha un impatto ambientale devastante, a causa del massiccio e prolungato ricorso a fertilizzanti, concimi e antiparassitari di sintesi (“chimici”), che impoveriscono il terreno e inquinano le falde acquifere. Non stiamo parlando solo delle grandi aziende agricole. Spesso anche il contadino dall’aria bucolica, con la zappetta in spalla e il cappello di paglia, è un temibile inquinatore delle risorse naturali – per profitto, ignoranza o entrambe le ragioni. Ne abbiamo parlato a lungo al Workshop IMAGE di quest’anno.
“Se il benessere è uno stato soggettivo – scrivono nel comunicato stampa gli organizzatori della recente Biodomenica – il biologico è invece oggettivamente un metodo produttivo virtuoso, che garantisce ormai da venti anni di regolamentazione europea, un cibo di qualità con attenzione verso il terreno, l’acqua, la biodiversità, il clima, gli animali, l’agricoltore e, alla fine della filiera, il cittadino”. Il bio, tra le altre cose, è esattamente questo. Ma allora perché, nel mercatino che ho visitato io, meno del 10% degli espositori erano produttori bio certificati? Le due “foglie di fico” con cui ho parlato, sapientemente (o casualmente?) posizionate ai due estremi del blocco espositivo, come specchietti per le allodole, non erano molto contenti di ricoprire questa funzione. Non potevano esserlo, perché un contadino che fa biologico suda, investe e rischia più degli altri e crea anche un beneficio ambientale alla collettività. Perché confonderli con tutti “gli altri”, persone nobilissime, magari, ma seguaci di un altro modello produttivo, di cui ormai sono evidenti i limiti? Non lo meritano loro e non lo meritiamo noi, come consumatori e cittadini – già fin troppo disgustati da tante furberie della (mala)politica, per poter accettare anche questo.
Ai farmer’s market di “Campagna Amica” va riconosciuto un grande merito: quello di aver iniziato a tagliare la filiera, riavvicinando il consumatore al produttore. Tra i produttori ci possono essere poi contadini seri e meno seri, furbi o meno, ce ne possono essere che hanno investito sulla riduzione di altri aspetti ambientali (es. gli imballaggi), invece che sulla certificazione biologica. Va tutto bene, ma, per favore, non facciamo passare il messaggio – truffaldino – che tutta l’agricoltura è bio e che comprare dal contadino – in quanto tale – è sempre garanzia di benessere ambientale, umano e animale.
Andrea Gandiglio*
*Direttore editoriale Greenews.info