La terza rivoluzione industriale (che Obama ha mancato) secondo Jeremy Rifkin
L’era della seconda rivoluzione industriale, fatta di combustibili fossili, enormi quantità di emissioni e grandi centrali elettriche è al tramonto. La nuova era dovrà basarsi sulle energie rinnovabili, le auto elettriche e modelli di gestione a rete, simili a Internet. Jeremy Rifkin, economista statunitense celebre per i suoi studi sulla sostenibilità ambientale e sociale, non si stanca di ripeterlo. È da poco uscito il suo nuovo libro “La Terza rivoluzione industriale”, in cui predica l’avvento di un nuovo ordine economico, e dà consigli su come far sì che queste previsioni diventino realtà. Parla a Roma, in Campidoglio (in una grande sala gremita di giovani), in piedi, passeggiando in stile colloquiale, e conquista subito la scena. «Prego le telecamere di allontanarsi, altrimenti sarò costretto ad andarmene», dice più volte, rivelando un carattere determinato e poco incline a compromessi.
Che l’era del petrolio sia al tramonto, spiega aprendo la lectio magistralis, si capisce in particolare da due avvenimenti fondamentali. Il primo è il crollo dell’economia, tre anni fa: «A luglio 2008, il prezzo del petrolio è schizzato a 147 dollari al barile e di conseguenza sono saliti i prezzi di tutti gli altri beni. Quello è stato il terremoto, mentre lo scoppio della bolla di due mesi dopo è stata solo una scossa di assestamento», spiega. La seconda data memorabile è il 18 dicembre 2009, quando si è chiusa la Conferenza di Copenaghen sul Clima quasi con un nulla di fatto, facendo nascere ipotesi anche drammatiche: «Se entro la fine del secolo la temperatura aumenterà di 3 gradi centigradi, torneremo al Pleistocene. Rischiamo di assistere all’estinzione del 70% della biodiversità di questo pianeta entro il 2100», sottolinea.
Se le prospettive sono preoccupanti, molti Paesi hanno già iniziato a intraprendere la strada della sostenibilità ambientale. E la soluzione, dice l’economista, inizia proprio dalle energie verdi e dalla loro fusione con internet: «Il petrolio è un’energia vecchia, esaurita. La rivoluzione di internet si basa su una rete distribuita e collaborativa, che sta iniziando a fondersi con le nuove energie». Da qui nasceranno «le condizioni per la Terza rivoluzione industriale».
Condizioni che possono essere declinate attraverso i suoi famosi «cinque pilastri». Il primo riguarda l’uso delle energie rinnovabili: «Si tratta di energie distribuite, che si trovano in ogni giardino, completamente diverse dal petrolio e dai combustibili fossili, che invece sono energie di élite, gestite in modo verticistico». Il secondo passo riguarda poi la conversione degli edifici in piccole centrali elettriche, proprio attraverso le rinnovabili, «intervento che creerà migliaia di posti di lavoro», a cui devono aggiungersi lo stoccaggio di energia verde con l’idrogeno, la creazione di una rete energetica di nodi interconnessi, simile a Internet, e l’utilizzo di veicoli elettrici. Tutte misure che «devono essere collegate. E’ proprio qui che ha sbagliato Obama: ha investito molto, ma ha sviluppato queste componenti in maniera isolata». Sui cinque pilastri «si basa il futuro e se non investiamo adesso, diventerà sempre più difficile».
Nel 2010, Rifkin ha elaborato il Masterplan per lo Sviluppo Sostenibile di Roma Capitale. «Sono molto rinfrancato da ciò che il sindaco ha fatto in questa città, ma bisogna muoversi con più aggressività», ha commentato. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno illustra le diverse misure messe in atto da Roma Capitale per l’attuazione del piano di Rifkin. «Questa settimana è stato presentato il Paes, il Piano d’azione per l’energia sostenibile in Europa ed è già stata approvata la modifica del Regolamento edilizio, che sta trasformando la città». È prevista inoltre, ha spiegato Alemanno, l’installazione di led per l’illuminazione pubblica e «l’Assessore all’Ambiente Visconti sta sollecitando le case automobilistiche perché mettano a disposizione i veicoli elettrici per istituzioni e cittadini. La domanda c’è, ma manca il prodotto».
La strada da fare, soprattutto in Italia, è ancora lunga. Roma prova a essere sostenibile, ma continua a essere bloccata dal traffico delle auto private e i pannelli fotovoltaici sui tetti sono pochissimi. Ma Rifkin pensa che anche il nostro paese, con le sue difficoltà economiche e le tante contraddizioni, ce la possa fare: in Italia, «ci sono troppi ostacoli all’interno del sistema politico e di quello industriale», ma «il vostro Paese – dice rivolgendosi alla platea – insieme alla Germania può guidare questo nuovo movimento, per due motivi: avete le Regioni, che sono molto potenti, e il movimento delle piccole e medie imprese più creativo del mondo».
Veronica Ulivieri