Il tempio dell’automobilismo si apre alla mobilità sostenibile. Ecorace 2010, da Monza a Ispra
Nell’immaginario collettivo Monza è sinonimo di velocità e di auto da corsa. Quelle che dal 1922 si inseguono a (sempre più) folle velocità sulla pista dell’Autodromo Nazionale.
A chi lavora all’interno di questo tempio dell’automobilismo una descrizione così riduttiva è però sempre stata stretta e Aria Nuova, la manifestazione chiusasi ieri, è un evento che, dal 2008, prova a spiegare al grande pubblico come la mobilità sostenibile del futuro passi necessariamente attraverso i test e la ricerca tecnologica che si svolgono qui e nel vicino Joint Research Centre dell’Unione Europea, a Ispra, partner dell’edizione 2010 insieme alla Regione Lombardia, al Ministero dell’Ambiente e alla FIA Alternative Energies Cup, la gara che, con la campagna Make Cars Green, rappresenta l’impegno della Federazione Internazionale verso un utilizzo ecologicamente responsabile dell’automobile.
Un segnale importante per sensibilizzare un pubblico che, rapito dall’emozione della velocità e della competizione, fa talvolta fatica a ricordare l’urgenza, per la salute umana e del pianeta, delle questioni ambientali. Da qui l’idea degli organizzatori di coinvolgere i media partner dell’evento (tra i quali Greenews.info) in Ecorace, la “gara” tenutasi venerdì 28, dove il premio più grande per i giornalisti partecipanti è stata l’illuminante visita al blindatissimo JRC di Ispra.
Il tragitto che separa Monza da Ispra (coperto con auto a GPL, metano e ibride) si può leggere infatti simbolicamente, come metafora del cammino che l’Autodromo, grazie all’impegno del Direttore Tecnico, Giorgio Beghella-Bartoli, e del Monza Research Institute - un’associazione di imprese nazionali ed estere, impegnate nella ricerca sui nuovi carburanti, la riduzione dell’inquinamento e la sicurezza stradale – sta portando avanti nel segno di un costante avanzamento tecnologico.
Ad attendere la stampa, ad Ispra, due ingegneri italiani, Alessandro Marotta e Urbano Manfredi, capo progetto e responsabile tecnico di VELA (Vehicle Emissions Laboratory) all’interno dell’ unità Trasporti e Qualità dell’Aria dell’Institute for Environment and Sustainability (IES), l’istituto che, tra i 7 del Joint Research Centre (il Centro Comune di Ricerca, che spazia dalla sede italiana a quelle di Belgio, Germania, Paesi Bassi e Spagna), si occupa di fornire il supporto scientifico e tecnologico all’elaborazione delle politiche europee in materia ambientale. Come recita il claim: “Robust Science for Policy Making“.
Per intenderci, lo IES è l’istituto dove vengono elaborati e testati gli standard di omolgazione Euro sul consumo delle auto e dei grandi mezzi di trasporto road (camion, bus ecc.) e non-road (macchine agricole, pale meccaniche, escavatori), in un’ottica di contiuna riduzione delle emissioni inquinanti. Mentre però le automobili a carburante tradizionale, prossime all’Euro 6, sono vicine al massimo risultato tecnologicamente raggiungibile al momento, la normativa, ci fa notare Marotta, è rimasta indietro nel regolamentare i mezzi pesanti non-road. “E’ un limite al quale va posto rimedio e al quale stiamo lavorando”, continua Manfredi. “Basti pensare che, durante i lavori di costruzione dell’alta velocità Torino-Milano, la concentrazione di macchine movimento terra era tale da far registrare, in quel tratto, aumenti di inquinamento significativi“. Un iter già visto, a suo tempo, per motorini e scooter, normati nelle emissioni solo in un secondo momento, quando ci si accorse che un vecchio motorino poteva anche impattare sull’ambiente dieci volte di più che un’auto Euro 3.
Ma tornando all’automobile, qual è il futuro che dobbiamo attenderci per la mobilità sostenibile? “Il futuro, sul quale stanno investendo le case produttrici”, spiega Manfredi, “è nelle ibride plug-in e nell’elettrico. L’idrogeno, ad oggi, ha dei costi di sviluppo insostenibili. Una Panda con motore a celle verrebbe a costare 500 mila euro!”. Il mix elettrico-ibrido pare dunque essere la strada più immediatamente percorribile. Se si pensa infatti che l’80% della mobilità quotidiana avviene entro i 60 km., la scarsa autonomia delle auto elettriche non sembra costituire un grande limite per muoversi in città, mentre i motori ibridi potrebbero consentire l’estensione a percorsi più lunghi, in attesa che venga sviluppata un’adeguata infrastruttura di ricarica.
Andrea Gandiglio