I record del biologico, un settore chiave per la ripresa italiana
Il 59% degli Italiani mangia o usa prodotti biologici. Dai padiglioni del Sana, la fiera del biologico e naturale (dal 6 al 9 settembre, a Bologna, la 26° edizione), si capisce che questo comparto – unico settore dell’industria nostrana che abbia retto alla crisi - promette ancora crescita. I dati dell’Osservatorio Sana, a cura di Nomisma, e quelli elaborati da Sinab e Ismea rilevano, da tre anni a questa parte, l’aumento costante dei consumi di alimenti e prodotti biologici certificati. Tanto da registrare un +17,3% nei primi cinque mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’aumento della domanda ha trainato anche il numero degli operatori (52.383 nel 2013, +5,4% in un anno) e la superficie agricola coltivata con metodo bio (+12,8%), oggi pari a oltre un milionetrecentomila ettari. “Un vero record” per Francesco Giardina, del Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Bio. ”Più del 10% della superficie coltivata nazionale è dedicata al biologico. E l’Italia è prima in Europa per numero di operatori impiegati nel settore“. Vanno per la maggiore olivo e vite bio, che occupano quasi 176mila ettari il primo e 68mila ettari l’altra. A seguire, frutta in guscio e ortaggi.
Se il Belpaese cresce, in superfici coltivate, più del resto del continente, – dove la Germania mantiene il primato per consumi e produzione – è però vero che riescono a reggere il mercato “solo le aziende medio-grandi, con i piccoli produttori che vengono espulsi dal sistema del bio, o che producono bio ma rinunciano a certificarlo” avverte il responsabile Sinab.
Importanti nel comparto sono anche le aziende che oltre a produrre si occupano di preparazione e distribuzione dei prodotti: “E’ la parte della filiera che cresce di più – sottolinea Giardina. – L’agroindustria legata al biologico registra una crescita del 21%”. E se Sicilia, Calabria e Puglia sono in testa per estensione delle superfici agricole e per operatori dedicati al biologico, buona parte delle imprese legate alla trasformazione e distribuzione si trova invece in Emilia-Romagna. Questa regione si conferma leader nel nord Italia, con 3.771 imprese di produzione e trasformazione bio (+ 1,4% in un anno).
Secondo quanto illustrato dall’assessore regionale all’agricoltura, Tiberio Rabboni, il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) che si sta concludendo ha destinato il 30% di tutte le risorse disponibili alle produzioni biologiche, che interessano l’8% del territorio agricolo emiliano e il 4% delle sue imprese. La Regione ha quindi puntato molto sul bio. “Una priorità – confermano da Viale Aldo Moro – dettata dalla volontà di ridurre gli impatti dell’agricoltura sull’ambiente e promuovere modelli di produzione più sostenibili”. E’ grazie a questa strategia, per esempio, che sono cresciuti anche gli allevamenti biologici: più di un’azienda agricola biologica su 5 alleva almeno una specie animale con il metodo biologico. Tra le 624 imprese zootecniche bio regionali, le 15 imprese avicole detengono il primato nazionale della produzione di uova biologiche, grazie a circa 500 mila galline ovaiole.
Ma non è tutto. Spiega Rabboni che “con il nuovo PER 2014- 2020, finanzieremo le reti di impresa bio, gli investimenti e i progetti di filiera dell’agroalimentare biologico. Gli aiuti diretti a superficie passeranno da 12 a 15 milioni all’anno per una cifra complessiva superiore ai 100 milioni di euro. Ma soprattutto incentiveremo le iniziative commerciali e la promozione dei prodotti, l’abbattimento dei costi di certificazione, e i gruppi per la vendita diretta. Fondamentale – ha aggiunto Rabboni – sarà anche l’esito del confronto sul nuovo Regolamento europeo del biologico, che dovrà entrare in vigore nel 2017”.
A una proposta di testo su cui far convergere gli altri Paesi membri l’Italia sta già lavorando, forte del suo semestre di presidenza dell’Unione Europea. Lo rende noto Andrea Olivero, viceministro alle Politiche agricole, alimentari e forestali.“Lo sviluppo del settore biologico, in Italia come in Europa, ha reso necessario questo nuovo regolamento. E l’Italia ha sollevato la questione delle superfici come elemento da prendere in considerazione per ottenere finanziamenti”. Negli ultimi dieci anni la superficie dei terreni agricoli dedicati a coltivazioni biologiche è aumentata ogni anno di mezzo milione di ettari, e oggi il Vecchio Continente conta oltre 186mila aziende agricole biologiche. Nel nostro Paese, attraverso i Piani di Sviluppo Rurale delle regioni, hanno beneficiato di fondi circa 26mila aziende. “Quello che era nato dalla passione di pochi, è oggi una delle esperienze di punta dell’agroalimentare italiano – sostiene Olivero – Il biologico è diventato un elemento qualificante per i produttori. E proprio perchè si connota per la qualità, si regge sulla fiducia dei consumatori. Una fiducia da sostenere attraverso l’aumento dei controlli, il contrasto alle frodi alimentari, ma anche con la semplificazione burocratica, con misure come la “certificazione di gruppo” che agevolerebbe i piccoli produttori”. Il differenziale tra volumi di produzione e di vendita di beni biologici – si produce più di quanto si venda – si spiega in parte per i costi della certificazione, che inducono le piccole aziende ad abbandonare la certificazione pur producendo in modo biologico, ed in parte per un effetto distorsivo dei finanziamenti dei PSR – talune aziende infatti adottano modalità di coltivazione bio soltanto per accedere ai fondi, senza poi immettere sul mercato quei prodotti come biologici. I dati presentati dall’Osservatorio Sana si riferiscono infatti alla produzione potenziale, stimata a partire dalle superfici e dalle rese delle coltivazioni.
Resta che il biologico procura “vantaggi per l’ambiente, per i risultati produttivi e reddituali delle imprese, per l’alta densità di manodopera richiesta – elenca Olivero. - Il biologico è strategico per la ripresa del Paese e va perciò sostenuto dalle istituzioni”. In tale ottica, la Camera ha di recente approvato una legge sull’”agricoltura sociale” che attende ora di proseguire l’iter parlamentare. Anche se non è chiaro cosa si intenda esattamente per “sociale” e quale sia la connessione con il metodo biologico. Una connessione concettuale sembra arrivare in soccorso dalle parole di Duccio Campagnoli: “il biologico – spiega l’amministratore delegato di BolognaFiere - valorizza la biodiversità e la cura dei territori, richiamando alla necessità di uno scambio virtuoso con l’ambiente”. In questo solco s’inserisce la piattaforma web di Coop Adriatica “S-Cambia cibo”, sviluppata per favorire un “food sharing” gratuito attraverso la condivisione in rete di avanzi alimentari ancora buoni. L’app geolocalizza il “frigorifero” segnalato ed evita così gli sprechi.
Cristina Gentile