Flor ’12, il profumo del verde conquista la città
Torino città grigia? Dimenticatela. Il capoluogo piemontese aspira, ormai da anni, a cambiare colore, grazie al verde dei suoi 18 milioni di metri quadrati di parchi pubblici e privati, ma anche attraverso la riscoperta del piacere per il giardino. I saperi antichi e la tradizione dei giardinieri reali si uniscono quindi all’innovazione e alle nuove tecniche di coltivazione, generando una passione che può diventare travolgente. Per tre giorni, Flor’12, la mostra-mercato di piante e fiori organizzata nell’ambito di Fioi-TO – conclusasi ieri a Torino con una partecipazione di più di 70mila persone – è stata tutto un brulicare di giovani, famiglie e anziani incuriositi da questa esplosione improvvisa di rose, orchidee, piante aromatiche, cactus. E quasi tutti, spesso con pochi euro, si sono portati a casa un pezzetto di verde, e magari anche un po’ di consapevolezza in più sull’importanza delle piante. “E’ importante che si capisca che le piante ci danno da mangiare, del cibo sano. Spesso la gente, comprando il cibo al supermercato, non si chiede quali sono tutti i passaggi che ci sono stati prima, chi ha coltivato quegli ortaggi e come sono arrivati nel loro carrello”, spiega l’esperta di orti e giardini Mimma Pallavicini, tra gli organizzatori dell’evento.
I torinesi hanno voglia di verde in casa, sul balcone, in cortile. Piante ornamentali, per vivere meglio il terrazzo o abbellire l’appartamento, ma anche da mangiare. E quindi meglio se fatte crescere da un vivaista attento alle tecniche di coltivazione, con zero pesticidi e concimi chimici. Una delle ultime tendenze sta proprio nell’edible landscaping: l’utilizzo per fini estetici – nei giardini pubblici o privati, ma anche nei vasi sul balcone – di piante da mangiare. Coltivate sempre più spesso, tendenza nella tendenza, da vivaisti che dicono no alla chimica e sono molto attenti alla conservazione della biodiversità.
Tra i precursori ci sono i Fratelli Gramaglia, proprietari di un vivaio a Collegno, alle porte di Torino. “Per noi che coltiviamo piante aromatiche da anni, il bando della chimica non è una scelta, ma una necessità”, chiarisce subito Paolo, che invita le persone ferme davanti ai vasetti di timo e basilico a toccare e annusare le foglioline. Nell’azienda ci sono collezioni di 3.000 piante aromatiche, 700 tipi di peperoncino, 50 di basilico, 100 di menta. A cui si aggiungono le piante officinali, quelle tintorie per colorare i tessuti naturalmente, e quelle velenose, come la digitale. Tutte coltivate con accorgimenti sostenibili: “Abbiamo ridotto al minimo l’uso della torba, che è sì naturale, ma non rinnovabile. Ne usiamo solo una piccola parte unendola alla sabbia e al compost. Inoltre stiamo anche sperimentando i vasi in plastica biodegradabile e l’uso di zuccheri per irritare e allontanare gli insetti”.
Chiara Baroni è la proprietaria del vivaio “Il grande castagno” a Cinzano, specializzato in piccoli frutti. “Le mie piante sono tutte concimate con sostanze organiche o con minerali. Non uso diserbanti, né concimi chimici. Basta guardarle per accorgersene: non sono tutte identiche come quelle prodotte in vivai con un’impostazione industriale”. Tra le tante piante particolari di Chiara c’è per esempio “il Goumi del Giappone, che in autunno fa delle belle bacche arancioni ricche di vitamina C”, oppure “l’Amelanchier canadensis, con bacche simili al mirtillo”. E poi frutti antichi come il gelso, il melo cotogno, il nespolo europeo, il corniolo, il prugnolo. E frutti di bosco rari, come il ribes rosa e il lampone giallo, o l’hymaliano Gojiberry: “Fa delle bacche rosse ricchissime di vitamine. È detto anche il frutto della giovinezza: ne bastano 30 grammi al giorno per rallentare l’invecchiamento”.
Nel suo vivaio Albaspina di Rondissone, sempre in provincia di Torino, Diana Pace ha iniziato addirittura a farsi il concime da sola. “Non potendo usare lo stallatico degli allevamenti tradizionali, perché contiene alte concentrazioni degli ormoni e degli antibiotici dati agli animali, ho iniziato a usare solo prodotti vegetali. Il concime che faccio ha come ingrediente principale il sottoproddotto della lavorazione dei semi di ricino”. Quando parla, Diana lo fa sempre mettendosi dal punto di vista del mondo vegetale. Non dice “combattere i pidocchi”, ma “rafforzare le difese immunitarie delle piante”. Obiettivo per cui usa macerati e decotti. Tutte sono “piante rustiche, di facile manutenzione, e meglio resistenti al freddo”, come “la rosa glauca o la rosa rugosa, eleganti e molto più resistenti delle rose moderne”. Ai suoi clienti, consiglia sempre di diversificare il giardino: “Più un ambiente è ricco, più trova un equilibrio da sé: per gli afidi non servono veleni, bastano le coccinelle”.
Veronica Ulivieri